“Desiderio di Roma”, in un libro un secolo di pellegrinaggi sui binari
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
Alle origini del cinema c’è un treno. Il 6 gennaio 1896, giorno dell’Epifania, in un café parigino una locomotiva sembra uscire dallo schermo e investire un pubblico stupefatto: è uno dei primi film dei Lumière, L’Arrivée d’un train en gare de La Ciotat. In quell’immagine dinamica – un treno che entra in stazione e sembra sfiorare la platea – treno e cinema si legano fin dall’inizio, unendo movimento reale e movimento dello sguardo in una rivelazione che fonda il moderno.
Da quella prima epifania visiva al rapporto tra rotaie e immaginario cattolico il passo è più breve di quanto sembri.
Giovedì 4 dicembre, all’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, il convegno “Pellegrinaggi cattolici e trasporto ferroviario tra media e cultura visuale” ha accompagnato la presentazione di Desiderio di Roma (il Mulino), volume curato da mons. Dario Edoardo Viganò, presidente della Fondazione MAC, e Gianluca della Maggiore, storico dei media. Il progetto – promosso dalla Fondazione MAC in sinergia con la Fondazione FS Italiane – ricompone, attraverso cinegiornali, documentari, fotografie e film amatoriali, una storia in cui la Chiesa incontra la modernità sui binari.
La modernità che entra (ed esce) dal Vaticano
La sequenza è nota eppure impressionante: nel 1932 una locomotiva varca il portone aperto nelle mura leonine; nel 1933 un Giubileo, quello della Redenzione, viene per la prima volta raccontato da radio e cinema; nel 1945, durante l’occupazione nazista, De Sica gira per la Santa Sede La porta del cielo; nel 1962 Giovanni XXIII sceglie il treno per visitare Loreto e Assisi; nel 1979 Giovanni Paolo II trasforma la “Giornata del ferroviere” in un rito in movimento, tra la stazione vaticana e l’officina di Roma Smistamento. Non semplice cronaca: è la traiettoria con cui il mezzo ferroviario e i media di massa riscrivono tempi, spazi e forme del pellegrinaggio.
Il treno come soglia rituale
Dario Viganò lo formula senza orpelli: “In questo contesto il treno non è solo un mezzo di trasporto, piuttosto è un luogo di soglia, una comunità provvisoria, di ritualità condivisa”. Il legame con le immagini è strutturale: “Il binomio treno cinema è imprescindibile. “Le immagini che abbiamo raccolto, che mettiamo a disposizione sulla Digital Library di Fondazione MAC, sono proprio le tracce di una storia che va interrogata, valorizzata e restituita”.
Un metodo: leggere il rito attraverso le immagini
Il libro adotta il caso di studio come metodo: ogni saggio parte da una fotografia o da una sequenza filmata e ne mostra la densità storiografica, mediologica, semiotica. La “conciliazione ferroviaria” del 1932-33 visualizza l’accordo tra Stato e Santa Sede, ma anche una modernità che entra e subito esce: la stazione vaticana rimarrà più segno che infrastruttura funzionale. All’opposto, i viaggi di Roncalli e l’elettrotreno ETR 252 - l'Arlecchino papale - del 1979 spostano il baricentro del rito: il viaggio stesso diventa scena, l’officina si fa navata, la comunità dei ferrovieri entra nell’iconografia della Chiesa contemporanea.
La prospettiva ferroviaria: il tempo del pellegrino
Lo sguardo di Fondazione FS aggiunge la dimensione esperienziale. Luigi Cantamessa, direttore generale della Fondazione FS Italiane, ricorda l’impatto elementare del mezzo sul ritmo del devoto: “Con il treno il tempo accelera, il pellegrino cammina”. Ma la velocità non cancella la soglia del viaggio: “I treni hanno gli scompartimenti: lì sono rosari che vengono sgranati, si arriva alla destinazione già con un bagaglio emotivo”. E soprattutto: “Non è solo un mezzo di trasporto, il treno per un pellegrino, ma è parte stessa di quel pellegrinaggio”. Lourdes diventa paradigma: “Il pellegrinaggio in treno a Lourdes sta tornando in auge, i treni bianchi riprendono questa essenza del muoversi lentamente, di avere del tempo" che certo il rapido viaggio in aereo non concede.
Un secolo cattolico raccontato dalle sue immagini
Il dialogo tra Chiesa e tecnologie, in queste pagine, non è apologia né rimpianto. È analisi di una coevoluzione: le reti ferroviarie comprimono le distanze e ridisegnano la geografia sacra; radio e cinegiornali amplificano la scena liturgica e ne contaminano i codici; il popolo dei pellegrini si riconfigura in masse organizzate, mentre i pontefici sperimentano nuove spazialità del rito – dalla basilica all’officina, dal sagrato alla carrozza. Gli interventi di Gabriele Romani, responsabile ricerca storica della Fondazione FS, di Andrea Pepe, docente alla Università Telematica Internazionale Uninettuno, di Federico Ruozzi, storico della Fondazione per le scienze religiose Giovanni XXIII e dell’Università di Modena-Reggio Emilia, e di Gabriele Ragonesi, ricercatore della Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, mostrano come il Novecento cattolico sia anche un secolo di immagini in viaggio: testimonianze materiali di un immaginario globale in cui treno e media non registrano soltanto, ma agiscono.
Una chiusa letteraria: il desiderio come orientamento
A chiudere il convegno, Cecilia Seppia, giornalista di Vatican News e moderatrice dell’evento, ha scelto una pagina dal romanzo L’Anno del Giubileo di Angelo Del Boca (1950), condensando nella formula più intensa la tensione verso Roma: “Da che parte è Roma? - chiese la mamma - Mio padre indicò un punto, poi si corresse". È un orientamento vago, ma indiscutibile: bussola affettiva, spirituale e, da oltre un secolo, anche ferroviaria.
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