Libano, l’impegno di Acs per proteggere l’identità cristiana del Paese
Jean-Charles Putzolu – Beirut, Libano
Marielle, Charlotte e Fouad compongono il team di Aiuto alla Chiesa che soffre in Libano. Viaggiano in tutto il Paese per incontrare i vescovi e per studiare i progetti sviluppati dalle diocesi. La grave crisi economica del 2019 ha prosciugato i risparmi dei libanesi e quelli delle istituzioni ecclesiastiche e ancora oggi, ogni mese, scuole, parrocchie e diocesi riescono, quasi miracolosamente, a pagare gli stipendi dei propri dipendenti. "L'obiettivo è provvedere alle famiglie", spiega Padre Raymond Abdo, responsabile di diverse scuole e di un centro di ritiro spirituale a Qobayet, vicino al confine siriano, nell'estremo nord del Libano. Il frate carmelitano, già provinciale a Beirut, riesce a sviluppare le sue scuole grazie in particolare alla generosità dei fedeli e di numerose organizzazioni caritatevoli di Germania, Austria, Polonia e Francia.
Aiuto alla Chiesa che Soffre, con sede a Francoforte, raccoglie donazioni da 140 Paesi e le distribuisce a vari progetti in tutto il mondo. Il Libano è, tuttavia, nella lista dei paesi prioritari, data la precaria situazione finanziaria delle scuole cristiane e la necessità di rallentare, se non addirittura fermare, l'esodo dei cristiani dal Paese. Questa scelta è stata motivata dal deterioramento delle condizioni economiche, dall'instabilità politica, dalle tensioni intercomunitarie e dal conflitto tra Israele e le milizie di Hezbollah nel Libano meridionale e nella valle della Bekaa, le due roccaforti del "Partito di Dio". A Douriss, nella parte orientale, sono state registrate almeno 186 esplosioni durante gli scontri con Israele, tra settembre e novembre 2024. Un proiettile ha colpito un garage che ospitava armi di Hezbollah, causando danni significativi alle case vicine. Abdo, un soldato in pensione e padre di due figlie piccole, è stato sbalzato da un'estremità all'altra della sua casa dalla forza dell'esplosione, nonostante il garage si trovasse dall'altra parte della strada. Ha trovato una delle sue figlie sotto le macerie, terrorizzata e gravemente ferita. Ha trascorso cinque giorni in terapia intensiva e i costi del ricovero sono stati coperti da Aiuto alla Chiesa che Soffre. La giovane si è ripresa fisicamente dalle ferite, ma il trauma psicologico rimane profondo. Gli eventi del 25 settembre 2024 sono "indimenticabili", racconta Abdo, che aveva appena completato la ristrutturazione della casa, ha dovuto ricominciare tutto da capo e contrarre ulteriori debiti. Dall'altra parte del garage, Joseph, un ex agente di polizia, è rimasto illeso, ma anche la sua casa è stata danneggiata. Entrambi gli uomini sostengono di non essere mai stati a conoscenza del fatto che i locali fossero in realtà un deposito di armi, pur sapendo che il luogo era utilizzato da Hezbollah, avevano avuto assicurazioni che non ci fossero armi all'interno. Joseph e Abdo hanno solo visto camion entrare e uscire dal garage.
In queste situazioni eccezionali, Acs, come altre organizzazioni, esce dai suoi tradizionali ambiti di intervento e fornisce aiuti di emergenza. I tre membri dello staff della fondazione in Libano esaminano ogni caso prima di sottoporlo alla sede centrale di Francoforte. Nel Libano meridionale, l'organizzazione contribuisce a finanziare pacchi alimentari per le famiglie cristiane colpite dal conflitto, con la speranza di poter sviluppare progetti su larga scala una volta terminate le operazioni israeliane. Le organizzazioni caritatevoli parteciperanno anche alla ricostruzione delle case danneggiate, poiché i cristiani sono costretti a lasciare la casa e i loro figli la scuola. Per questo motivo, Acs sostiene le scuole private gestite dalla Chiesa cattolica e spesso collabora con un'altra organizzazione, L'Œuvre d'Orient. Acs può finanziare bonus per gli insegnanti, per garantire loro un reddito dignitoso, per sostenere le famiglie e poter contribuire alle tasse scolastiche dei bambini provenienti da contesti vulnerabili – una situazione aggravata dalla crisi – affinché i più piccoli possano continuare la loro istruzione. L'Œuvre d'Orient partecipa attivamente alla manutenzione e alla ristrutturazione degli edifici. Diverse organizzazioni caritatevoli si trovano molto spesso a collaborare sul campo e padre Raymond ne è entusiasta. Ha potuto beneficiare del sostegno di diversi benefattori per realizzare un progetto di ristrutturazione delle sue scuole. "Oggi i bambini vengono spesso da molto lontano. Alcuni prendono due scuolabus per arrivare sin qui, ma le loro famiglie vogliono mandarli alla scuola cattolica, perché per loro, è una garanzia di un'istruzione di qualità”.
Offrire motivi per coltivare la propria fede
A Menjez, un villaggio nel nord del Libano, le Suore Francescane Missionarie del Sacro Cuore, filippine, gestiscono una scuola e una clinica. Devono pagare ogni mese gli stipendi di 35 dipendenti, tra insegnanti e personale amministrativo e loro non si pagano alcuno stipendio: "Non abbiamo bisogno di soldi per noi stesse", spiega Suor Aurore. Gli aiuti che ricevono le religiose vengono utilizzati per gli stipendi del personale e per i farmaci della clinica. Ogni scuola che abbiamo visitato aveva tra i 500 e gli oltre 800 studenti. Sono essenziali per garantire la presenza cristiana nei villaggi remoti, tanto quanto le parrocchie. A El Houssan, il salesiano padre Mario, offre un'ampia varietà di attività per i bambini: campi estivi, giochi e corsi di catechismo. Il sacerdote, originario della Sardegna, ha 82 anni e ha trascorso buona parte della sua vita in Libano. Una scuola pubblica si trova nella proprietà dei Salesiani di Don Bosco. Tutt'intorno, la comunità ha piantato alberi, costruito una piccola grotta per pregare la Vergine Maria e anche un campo sportivo. Accolgono cristiani e musulmani tutti prendono parte alle attività. I Salesiani coltivano una "cultura dell'incontro". La convivenza pacifica, sostiene Padre Mario, inizia dalla scuola e dalla famiglia.
Segni di rinnovamento
Presso le Suore Maronite della Sacra Famiglia, anche loro coinvolte nella gestione di una scuola, negli ultimi due anni sono arrivate delle postulanti. "Siamo stati dieci anni senza novizie", racconta, felice della novità, la superiora. Suor Marie-Antoinette Saadé, che ha seguito da vicino anche la visita di Papa Leone XIV a Beirut, ospita il noviziato presso il convento di Aabrine. La formazione delle sei giovani, due delle quali provenienti dall'Australia, è resa possibile grazie al sostegno finanziario di Acs. Certo, "le nostre suore anziane ci stanno lasciando e il numero delle novizie non compensa", ma Suor Marie-Antoinette vede queste nuove candidate alla vita religiosa come un segno di rinnovamento.
Un rinnovamento che è palpabile anche tra le montagne della diocesi di Baalbek. Venti frati e tre sacerdoti hanno creato da zero il monastero di Beit Maroun. La maggior parte ha meno di 30 anni, giovani che, dopo la laurea, hanno scelto una vita diversa da quella che poteva attenderli in città. E ora mettono a frutto la loro formazione a beneficio della comunità. Uno di loro è architetto. Ha progettato la cappella, le celle dei monaci, il monastero e la chiesa, che i frati, trasformatisi in operai edili, stanno costruendo con le proprie mani. Dal taglio delle pietre all'innalzamento di muri, porte e finestre, fino alla decorazione finale, stanno lavorando, dice fra Christophorus, "per coloro che verranno dopo di noi”, perché "tutto ciò che sorge qui non ci appartiene". Il loro monastero sta attirando persone; negli ultimi due anni, ogni primo agosto, è stato organizzato un ritiro al quale, nel 2024, hanno partecipato 3.000 persone, salite quest'anno a 5.000. E quando si osservano le pessime condizioni del sentiero sassoso che conduce al loro monastero, ci si rende conto che coloro che sono venuti erano spinti da molto più che dalla mera curiosità. Vivono come San Maorun, in completa semplicità, e irradiano una gioia contagiosa. Tra loro ci sono due fratelli australiani e la chiesa australiana contribuisce in modo significativo al finanziamento del loro progetto. Aiuto alla Chiesa che Soffre fornisce loro una polizza assicurativa, molto utile visti i rischi che i "monaci-operai" corrono nel loro cantiere.
Dinamismo, speranza e dubbi
La Chiesa in Libano è viva. Ferita, cerca di guarire le sue ferite tra innumerevoli difficoltà in un contesto complesso, a volte sfavorevole alla presenza cristiana, in particolare nel sud e nella valle della Bekaa. Per i cristiani, tornare a essere la maggioranza in Libano è ancora una strada lunga e molto incerta. Il frate carmelitano Abdo osserva un tentativo di islamizzare il Paese in modo piuttosto radicale. A corroborare questa osservazione ci sono Joseph e Abdo, le cui case sono state danneggiate a Douriss dal bombardamento israeliano di un deposito di armi di Hezbollah in un quartiere tradizionalmente misto, i quali raccontano che il partito islamista ha finanziato interamente la ricostruzione delle case delle famiglie musulmane danneggiate dall'esplosione. Le famiglie cristiane colpite hanno ricevuto solo poche centinaia di dollari di risarcimento. Non vengono sfrattate, ma Hezbollah non le incoraggia a rimanere. Il vescovo di Baalbek-Deir El-Ahmar, monsignor Hanna Rahmé, rimane impegnato nel dialogo con i suoi vicini musulmani, perché "non abbiamo altra scelta che vivere insieme". Ammette, tuttavia, che l'attuale clima di tensione con Israele non favorisce questo. Per dimostrare la sua disponibilità ad aiutare, ha accolto famiglie musulmane nella diocesi durante i mesi di conflitto alla fine del 2024, ma ha esortato coloro che erano attivamente coinvolti nel "Partito di Dio" ad andarsene, per evitare che le famiglie musulmane diventassero bersaglio dei raid aerei israeliani. Quando abbiamo incontrato il vescovo Rahmé nella sua residenza, si sentiva il ronzio dei droni spia dell'esercito israeliano. "Sono tornati non appena il Papa ha lasciato il Libano", ha affermato il vescovo, e molti libanesi temono una rapida ripresa delle ostilità.
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