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Nella tragedia del naufragio della Costa Concordia nel 2012, Giuseppe Girolamo lasciò il suo posto sulla scialuppa di salvataggio ad una mamma, Antonella Bologna e al suo bimbo Nella tragedia del naufragio della Costa Concordia nel 2012, Giuseppe Girolamo lasciò il suo posto sulla scialuppa di salvataggio ad una mamma, Antonella Bologna e al suo bimbo

L’angelo della Costa Concordia, il suo sacrificio per una mamma e il suo bimbo

Le vite perdute e le vite salvate del naufragio del 2012. La storia di Giuseppe Girolamo, anima buona. Il padre Giovanni: mi manca e prego per lui. Antonella, la superstite: ha dato la sua vita per noi, è il nostro angelo

Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano

Sono dieci anni dalla tragedia della Costa Concordia, e sono dieci anni che Giovanni Girolamo si chiede il perché: il perché suo figlio Giuseppe, giovane di 30 anni, di Alberobello, batterista ingaggiato a bordo della nave, abbia ceduto il suo posto sulla scialuppa di salvataggio ad una mamma e a suo figlio, pur sapendo che per lui non ci sarebbe più stata salvezza. Di due cose Giuseppe era consapevole, spiega Giovanni: “Che quella era l’ultima scialuppa e che lui non sapeva nuotare”, ma lui, Giuseppe, “in quel momento tragico ha ragionato col cuore, ha donato la sua vita per salvare due persone”.

Ascolta l'intervista con Giovanni Girolamo

Il coraggio del sacrificio

Da quel 13 gennaio del 2012, la vita di quest’uomo è cambiata, si interroga sul perché di questo gesto del figlio, pur avendola già data una spiegazione, perché in quel gesto lui ha riconosciuto Giuseppe: “Sì, l’ho riconosciuto, perché era un ragazzo introverso, ma buono di cuore, di animo, me lo ha dimostrato in varie occasioni della sua vita. Forse io quel coraggio non lo avrei avuto”. Giovanni immagina quella tragica notte, quelle oltre quattromila persone in preda al terrore nel tentativo di salvarsi, mentre Giuseppe, “è riuscito ad avere la forza di donare la sua vita. E chi dona la vita per salvarne un’altra? Solo gli angeli!”. Giuseppe da molti è stato definito eroe, pur in assenza di riconoscimenti ufficiali, ma a Giovanni non importa, perché “sono orgoglioso di mio figlio. Vorrei abbracciarlo, ma non posso – conclude con l’emozione che gli strozza le parole in gola – mi manca tantissimo e prego per lui sempre, tutti i giorni, prego per la sua anima buona”. 

Il drammatico impatto

Da quel 13 gennaio anche Antonella Bologna prega per Giuseppe, e per tutte le altre vittime della Costa Concordia. Era a bordo della nave, Antonella, con il marito Sergio e i due figli gemelli di tre anni e mezzo, Emanuele e Samuele. Da Palermo erano partiti a bordo della stessa nave del loro viaggio di nozze, la Costa Concordia, avevano deciso di ripetere la crociera, ora che avevano due bambini, poi il boato enorme. “Un rumore pazzesco, la nave sembrava una barchettina, avevo capito che avevamo preso uno scoglio, ma mio marito non ci credeva”. Antonella ricorda il terrore, il panico: “Ci dicevano che non era successo niente, che era solo un blackout, ma io l’avevo capito”. Al momento dell’impatto non si trovavano in camera ma in corridoio, perché Emanuele, “che significa ‘Dio è con noi’” precisa Antonella, aveva iniziato a piangere. Il pianto del bimbo in qualche modo li ha aiutati a salvarsi, se fossero rimasti in camera, tutto sarebbe crollato su di loro. “Quando dopo questo boato enorme ci hanno detto di entrare in cabina, tutto era sottosopra, i lettini, le scale, la televisione, se fossimo entrati un minuto prima ci sarebbe caduto tutto in testa. Quindi per me già quella è stata la prima grazia, un miracolo”.

Ascolta l'intervista con Antonella Bologna

 

L’incontro con ‘l’angelo’

Quando dopo oltre un’ora, “con la nave già storta, Schettino (Francesco Schettino, comandante della Costa Concordia ndr) e altri dell’equipaggio che erano già scesi, si sono degnati di dirci che potevamo andare verso le scialuppe, c’era il panico totale, a me, mio marito e i miei bambini non volevano farci salire”. Poi l’incontro con “il mio, il nostro angelo, io l’ho detto subito. Un ragazzo alto, magro, vestito di nero, con la barbetta, bellissimo”. È verso di lui che Antonella si dirige, pregandolo di farla salire con i bambini. “E lui mi dice ‘venga, venga’. Ha visto i bambini e ha subito ceduto il suo posto, perché non volevano farci salire”. Giuseppe è il suo angelo da 10 anni, “è il nostro angelo, ci ha salvato la vita e non c'è altra definizione migliore, perché donare la vita per gli altri è il dono più grande che un uomo possa fare”. “Ho il suo viso davanti agli occhi, non lo dimenticherò mai, per tutto il resto dei miei giorni. Molti mi chiedono come vivo oggi. Vivo con la consapevolezza che potevo non essere più qui, soprattutto che potevano non esserci più i miei figli. Ora sono cresciuti, io ringrazio Dio per il dono della vita e prego per tutte quelle persone che non ci sono più, in particolare per il nostro angelo”. 

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13 gennaio 2022, 08:00