Il cinema, un linguaggio che unisce carcere e città
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Un Toni Servillo smagliante, appena premiato con la Coppa Volpi come migliore interprete di un film, La grazia, che con l’istituzione carcere ha anche a che fare, e una Jane Campion meravigliosa, regista arrivata dall’altra parte del mondo, ma capace di parlare con il linguaggio universale delle immagini. Sono queste le due visite straordinarie che hanno ricevuto rispettivamente i detenuti della casa circondariale maschile di Santa Maria Maggiore e le ristrette della casa di reclusione femminile della Giudecca grazie al progetto Passi sospesi portato avanti da Balamos Teatro, realtà culturale da anni presente nelle due strutture: “Sono state due giornate eccezionali in cui gli artisti si sono intrattenuti molto più del tempo previsto con i ragazzi e li hanno salutati uno per uno”, racconta ai media vaticani il coordinatore di Balamos Teatro, il regista Michalis Traitsis.
Toni Servillo e il tempo
L’ultimo personaggio portato sul grande schermo dall’attore è un anziano Presidente della Repubblica attanagliato dal dubbio se concedere o meno la grazia a due persone colpevoli di un omicidio compiuto in circostanze che potrebbero rivelarsi attenuanti. Prima di incontrarlo, i detenuti che partecipano al corso di teatro attivo nella struttura hanno visto anche altri film in cui Servillo ha recitato da protagonista: “Gli hanno fatto molte domande – riferisce Traitsis – molto interessante è stata una conversazione sul valore del tempo che nella detenzione deve diventare una risorsa sia per pensare, sia per dedicarsi ad attività che aumentino la consapevolezza e l’autostima”.
Jane Campion e il rapporto uomo-donna
Uno scambio di prospettive soprattutto sulla condizione femminile in carcere e non e sul rapporto uomo-donna è stata, invece, al centro dell’incontro tra le detenute e la regista di Lezioni piano: “Le detenute si sono soffermate in maniera molto approfondita sui vari personaggi dei suoi film e sull’equilibrio tra maschile e femminile”, testimonia ancora il coordinatore di Balamos Teatro. Quest’anno a Venezia è stato presentato anche il nuovo lavoro di Leonardo Di Costanzo – già regista del film sul carcere Ariaferma – dal titolo Elisa, come il nome della protagonista, detenuta per aver ucciso la sorella: “È un film che si snoda tra le tematiche della colpa e del riscatto: la riflessione che questi due temi suscitano per chi è in carcere è la chiave del cambiamento – conclude Traitsis – l’importanza di queste riflessioni, come di tutti i nostri spettacoli è proprio il cambiamento e anche lo scambio di esperienze: portare il carcere in città ma anche la città in carcere”.
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