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Fotogrammi dal film "The voice of Hind Rajab" Fotogrammi dal film "The voice of Hind Rajab" 

“La voce di Hind Rajab”, il film sulla tragedia dei piccoli di Gaza

Vincitore del Leone d’argento Gran premio della Giuria alla 82ª Mostra di Venezia, la pellicola della regista tunisina Kaouther Ben Hania commuove e fa pensare alla disumanità della guerra. Un film che è racconto ma soprattutto denuncia e testimonianza di un orrore che sembra non conoscere fine

Gaetano Vallini - Città del Vaticano

“Definisci bambino”. Alla fine della proiezione del film La voce di Hind Rajab, che ricostruisce con crudo realismo le ultime ore di vita di una bimba palestinese di sei anni vittima dei soldati israeliani a Gaza, è questa sciagurata frase a tornare prepotentemente alla mente. A pronunciarla qualche giorno fa, rivolta all’allibito interlocutore per giustificare l’uccisione di minori nella Striscia, il rappresentante di un’associazione di amici di Israele durante un dibattito televisivo; e lo sdegno provato allora si trasforma in disgusto. È vero, tutto è iniziato con l’abominevole attacco dei terroristi di Hamas del 7 ottobre 2023. Un attacco disumano, di una barbarie raccapricciante, a cui però è seguita una reazione la cui sproporzione ormai è sotto gli occhi di tutti; una furia che non distingue più i terroristi dai civili e che ha già fatto decine di migliaia di vittime, anche bambini. Hind Rajab era una di loro.

La voce che strazia

Il film diretto dalla tunisina Kaouther Ben Hania, vincitore del Leone d’argento Gran premio della Giuria alla 82ª Mostra di Venezia dove è stata la pellicola più applaudita - è un documento terribile, da togliere il fiato. Perché la storia raccontata non solo è realmente accaduta, ma perché la voce che si sente chiedere disperatamente aiuto al telefono è proprio quella della piccola Hind, registrata dalla centrale della Mezzaluna rossa palestinese a Ramallah. È il 29 gennaio 2024. Gli operatori del centralino ricevono la chiamata di Liyan Hamada, una quindicenne di Gaza intrappolata con la cuginetta Hind Rajab in un’automobile colpita da un carro armato israeliano. Nel veicolo muoiono sul colpo gli zii e tre cugini di Hind. Quando anche Liyan viene uccisa dal fuoco continuato proveniente dal tank, a parlare è la piccola Hind. Per le successive tre ore gli operatori restano in contatto telefonico con lei, cercando di rassicurarla, mentre si attivano per inviare un’ambulanza attraverso la zona assediata dall'esercito israeliano per soccorrerla.

Dal film "La voce di Hind Rajab"
Dal film "La voce di Hind Rajab"

Lo spettatore è catapultato in questo allucinante scenario di guerra e assiste agghiacciato a quanto accade sullo schermo, dove in realtà compaiono solo gli operatori della centrale (unici attori protagonisti), che tentato di rispondere a quel disperato “Salvatemi!” pronunciato dalla piccola Hind, sola tra i corpi dei familiari uccisi. Nei loro occhi e nelle loro parole si colgono via via l’attesa, la speranza, l’impotenza e infine la frustrazione e la rabbia dinanzi all’orrore vissuto da quella bimba, che rischia essa stessa di rimanere vittima se non si interverrà in tempi brevi. Ma la burocrazia in tempo di guerra è allucinante. Ci vorranno 180 interminabili minuti per ottenere un lasciapassare per l’ambulanza che avrebbe impiegato solo otto minuti per raggiungerla.  Ma la salvezza per Hind non arriverà: giunta a pochi metri dall’auto, anche l’ambulanza viene colpita dal fuoco israeliano che uccide l’autista e il medico a bordo.

Un grido contro la guerra

La voce di Hind Rajab è un film angosciante, dolorosamente commovente. Un film necessario, perché la voce di Hind è il grido dell’umanità contro l’assurdità della guerra, di questa come di tutte le guerre. La regista non ha bisogno di ricorrere alcuna retorica antibellica o pacifista per denunciarne gli orrori, la disumanizzazione che spersonalizza il nemico e anestetizza le coscienze tanto da non far distinguere se la persona che ti sta davanti è realmente un pericolo, anche  se è un bambino. L’efficace espediente narrativo, il tratto documentaristico con un ritmo incalzante e un drammatico crescendo di pathos, restituisce al cinema tutto il suo potere evocativo, ma anche tutta la sua forza di denuncia. Qui, al di là della ricostruzione, peraltro fedele, dell’ambiente di lavoro degli operatori della Mezzaluna rossa, c’è solo la cruda, tragica realtà, con la sua urgenza di essere mostrata per ciò che è, per divenire potente testimonianza di quanto accade nella Striscia di Gaza e che gli esperti dell’Onu hanno definito un genocidio. Il cinema può aiutare a non dimenticare. Non è certo un caso, quindi, che per sostenerne il messaggio e la visibilità del film siano scesi in campo come produttori personaggi del calibro di Brad Pitt, Joaquin Phoenix, Alfonso Cuaron, Jonathan Glazer e Rooney Mara.

“Definisci bambino”. Ebbene, bambina era Hind, uccisa in un’auto crivellata da 355 proiettili. Bambini erano i piccoli trucidati da Hamas il 7 ottobre. Di bambini migliaia di corpi estratti esanimi dalle macerie degli edifici della Striscia polverizzati dai bombardamenti, i corpi avvolti da sudari bianchi, stretti tra le braccia di madri e padri che non hanno più lacrime. Bambini i due fratellini in fuga soli da Gaza City – il più grandino a piedi nudi, in lacrime, che porta in spalla il più piccolo – ripresi da un video che ha fatto il giro del mondo. Ecco cosa sono oggi i bambini di quella terra, al pari di quelli morti in Ucraina, nella Repubblica Democratica del Congo, in Sudan: vittime innocenti. Basterà come definizione?

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27 settembre 2025, 14:30