Gaza, le Ong nella Striscia chiedono azioni urgenti per la fine della guerra
Beatrice Guarrera - Città del Vaticano
"I governi devono agire ora per prevenire la distruzione della vita nella Striscia di Gaza e per porre fine alle brutalità e all’occupazione". L'accorato appello arriva da oltre 20 organizzazioni umanitarie attive a Gaza, all'indomani della dichiarazione della Commissione d’Inchiesta Internazionale Indipendente delle Nazioni Unite che ha concluso, per la prima volta, che a Gaza è in corso un genocidio. In vista dell'incontro a New York dei leader mondiali per l'80ª sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite - la cui discussione inizierà il 23 settembre - le ong chiedono "agli Stati membri di agire in conformità con il mandato affidato all’Onu 80 anni fa".
Rispetto del diritto internazionale
"Quello a cui stiamo assistendo a Gaza - spiegano le organizzazioni - non è solo una catastrofe umanitaria senza precedenti, ma ciò che la Commissione d’Inchiesta dell’Onu ha ora definito un genocidio. La Commissione si unisce a un numero crescente di Organizzazioni per i diritti umani e di leader a livello globale, compresi quelli all’interno dello Stato di Israele". "Tutte le parti - si afferma nel comunicato congiunto - devono rinunciare alla violenza, rispettare il diritto umanitario internazionale e perseguire la pace. Gli Stati devono utilizzare tutti gli strumenti politici, economici e legali a loro disposizione per intervenire. La retorica e le mezze misure non bastano. Questo drammatico momento richiede un’azione decisa e concreta". L’Onu ha, infatti, sancito il diritto internazionale come fondamento della pace e della sicurezza globale ed è compito degli Stati membri far rispettare gli obblighi legali stabiliti. "La storia giudicherà senza dubbio questo momento come una prova di umanità. E stiamo fallendo. Fallendo con il popolo di Gaza, fallendo con gli ostaggi, e fallendo con la nostra responsabilità etica collettiva".
I firmatari dell'appello
Tra i firmatari dell'appello ai leader politici oltre 20 organizzazioni umanitarie: Action For Humanity, American Friends Service Committee, Anera, Care International, DanChurchAid, Danish Refugee Council, Humanity & Inclusion - Handicap International, International Council of Voluntary Agencies (ICVA), Islamic Relief Worldwide, Executive Director of MedGlobal, Médecins du Monde France, Médecins du Monde Spain, Médecins Sans Frontières International, Mennonite Central Committee Canada, Mennonite Central Committee US, Norwegian Refugee Council, Oxfam, People in Need, Save the Children International, Terre des Hommes Italy, War Child Alliance. Si tratta di ong che sono state "testimoni diretti delle morti orribili e delle sofferenze del popolo di Gaza": "I nostri appelli sono stati ignorati e migliaia di vite sono ancora in pericolo. Adesso, dopo che il governo israeliano ha ordinato lo sfollamento in massa di Gaza City – casa di quasi un milione di persone –la tragedia di Gaza si avvierà in una fase ancora più devastante se non verranno prese misure concrete. La Striscia, infatti, è stata deliberatamente resa impossibile da abitare".
I numeri del massacro
"La disumanità della situazione a Gaza è inimmaginabile", hanno scritto le organizzazioni umanitarie, citando anche i numeri del massacro: 65.000 palestinesi uccisi, di cui oltre 20.000 bambini. Migliaia sono dispersi, sepolti sotto le macerie che hanno preso il posto delle strade animate di Gaza. Su una popolazione di 2,1 milioni, 9 persone su dieci sono state sfollate con la forza – la maggior parte più volte – in terreni sempre più piccoli tanto da non permettere la sopravvivenza umana. "Più di mezzo milione di persone - denunciano nel comunicato - sta morendo di fame. Da quando la carestia è stata dichiarata, sta continuando a diffondersi. Il mix di fame e privazione fisica si traduce nella morte quotidiana di individui. In tutta Gaza, intere città sono state rase al suolo, insieme alle infrastrutture pubbliche essenziali per la sopravvivenza, come ospedali e impianti di trattamento delle acque. I terreni agricoli sono stati sistematicamente devastati. Se i fatti e i numeri non dovessero bastare - chiosano le ong - ci sarebbero molteplici storie strazianti a testimonianza".
Famiglie consumate dalla fame
Da quando l’esercito israeliano ha intensificato l’assedio, sei mesi fa, bloccando cibo, carburante e medicine, "abbiamo visto bambini e famiglie consumate dalla fame mentre la carestia si espandeva. Abbiamo incontrato un numero incalcolabile di palestinesi che ha perso arti a causa dei bombardamenti israeliani. Abbiamo incontrato bambini così traumatizzati dai continui bombardamenti che non riescono più a dormire, a parlare ed altri che ci hanno detto che vorrebbero morire per raggiungere i loro genitori in paradiso. Abbiamo incontrato famiglie che mangiano cibo per animali per sopravvivere e cucinano foglie come pasto per i propri figli". Davanti a questa drammatica situazione, "i leader mondiali restano inermi", mentre chi cerca di difendere i diritti del popolo di Gaza e di sostenere l’assistenza umanitaria, viene ostacolato in ogni fase del suo operato, con la negazione dell'accesso alla Striscia e l'impossibilità di ricevere rifornimenri. "Fatale" è stata anche "la militarizzazione del sistema di aiuti. Migliaia di persone sono state attaccate da colpi d’arma da fuoco mentre cercavano di arrivare ai pochi siti dove il cibo viene distribuito sotto scorta armata". Dunque, si fa quanto mai urgente un'azione concreta da parte dei governanti perché cessino le violenze a Gaza.
"Senza possibilità di ritorno"
Con l'avvio dalla mezzanotte di ieri, martedì 16 settembre, della massiccia offensiva militare israeliana a Gaza city, le condizioni della popolazione civile si sono aggravate ancora una volta. Già dalle ore precedenti, infatti, era iniziato lo spostamento di migliaia di palestinesi in fuga verso il centro e il sud per fuggire agli attacchi e ai bombardamenti. "Le persone - ha spiegato Esperanza Santos, coordinatrice delle emergenze di Medici senza frontiere a Gaza - si stanno spostando non per loro scelta, ma perché l'esercito israeliano sta continuando a bombardare, ad avanzare quartiere dopo quartiere, e ad attaccare ogni singolo giorno, ogni singola notte. Non c'è nessun posto sicuro per loro. Si trasferiscono senza possibilità di ritorno". Dopo quasi due anni di guerra, violenze e sfollamenti continui, questa volta molti sentono che non rivedranno mai più le loro case e dunque cercano di portare con sé quanto più possibile dei loro averi. "Vedo camion pieni di mobili, pieni di oggetti. Ma si vedono anche persone che non hanno mezzi e così camminano con una piccola borsa, una tanica, una coperta, un materasso sulla testa, cercando di portare con sé solo lo stretto necessario", ha detto la cooperante. Alcuni di loro arriveranno fino ad Al-Mawasi o a Khan Yunis, senza sapere cosa troveranno, ma sapendo che non c'è spazio per tutti nell'area indicata loro dall'esercito israeliano. "La gente, ormai, è estremamente stanca di questa situazione. L'unico motivo per cui molte di queste persone si sono messe nuovamente in viaggio - ha affermato Santos - è per i figli. Forse non vedono un futuro per sé stessi, ma vogliono almeno provare a dare un futuro migliore ai propri figli”.
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