Cresce la fame nel mondo, utilizzata come arma di guerra
Stefano Leszczynski – Città del Vaticano
Il quadro globale delineato dal rapporto illustrato da Cesvi è allarmante: nel 2024 oltre 295 milioni di persone hanno sofferto di fame acuta, 13,7 milioni in più rispetto all’anno precedente. L’obiettivo “fame zero entro il 2030”, fissato dalle Nazioni Unite, appare ormai irraggiungibile: di questo passo, la scomparsa della fame nel mondo verrebbe raggiunta solo nel 2137, con più di un secolo di ritardo.
Le guerre alimentano la fame
“Sicuramente quello che ha esacerbato i livelli della fame sono state le guerre e i conflitti che nel solo 2024 anno hanno innescato ben 20 nuove crisi alimentari”. Intervistata dai media vaticani Valeria Emi, responsabile del settore advocacy di Cesvi, sottolinea che sono 140milioni le persone in condizioni di fame acuta come conseguenza della violenza armata. “Il dato più allarmante in assoluto – prosegue Emmi - è che in alcuni Paesi la carestia viene indotta direttamente dalle parti in conflitto e utilizzata come arma di guerra”.
I Paesi più colpiti
Secondo il Global hunger index, la fame resta grave o allarmante in 42 Paesi, di cui 7 in condizioni estreme (Haiti, Madagascar, Repubblica Democratica del Congo, Somalia, Sud Sudan, Burundi e Yemen) e altri 35 in situazione di grave insicurezza alimentare. Dal 2016 ad oggi i progressi sono stati minimi, con un peggioramento in almeno 27 Paesi.
Gaza e Sudan, casi emblematici
“Gaza è l'esempio più lampante di quell oche sta accadendo oggi. – prosegue Valeria Emmi - Ma potremmo citare anche il Sudan dove è stata dichiarata una carestia già l'anno scorso, in alcune zone del Darfur per esempio; a Gaza è la carestia è stata dichiarata nell'agosto 2025. E la questione più inquietante è che la fame viene deliberatamente inflitta attraverso gli assedi, i blocchi degli aiuti umanitari, la distruzione delle infrastrutture agricole e di quelle igienico sanitarie”.
Nonostante il cessate il fuoco nella Striscia, la distruzione delle infrastrutture agricole e idriche ha reso la sopravvivenza estremamente difficile. Negli ultimi due anni il Ministero della Salute locale ha documentato 461 decessi correlati alla malnutrizione, di cui 157 bambini (oltre 270 solo nel 2025). Attualmente nella Striscia oltre 320.000 bambini sotto i 5 anni risultano a rischio di malnutrizione acuta, mentre il prezzo della farina è aumentato del 3.400%. Il 98% dei terreni agricoli è distrutto o inaccessibile e la produzione alimentare locale è quasi azzerata.
Africa e Asia le aree più colpite
A livello regionale, la fame rimane “grave” in Africa subsahariana e in Asia meridionale. In Somalia, si registra la situazione peggiore al mondo. Anche Sudan e Sud Sudan affrontano carestie locali e milioni di sfollati a causa dei conflitti. In Asia meridionale, una persona su otto soffre di denutrizione. Afghanistan, Pakistan e Sri Lanka mostrano livelli di fame in aumento, mentre in Asia sud-orientale il Myanmar affronta una crisi alimentare aggravata dal terremoto del 2025 e da milioni di sfollati.
L'appello di Cesvi
Cesvi avverte che senza interventi immediati il rischio è quello di una “normalizzazione della fame”. «La ripresa sarà lunga e difficile – spiega Valeria Emmi –. Milioni di persone vivono in condizioni catastrofiche, senza sicurezza né accesso a beni essenziali. Serve un impegno internazionale duraturo per garantire ai civili protezione, aiuti e la possibilità di ricostruire un futuro dignitoso». Di qui l’appello del Cesvi che chiede di rafforzare gli aiuti umanitari, costruire sistemi alimentari resilienti e riconoscere il diritto al cibo come diritto umano fondamentale. A rendere tutto più difficile per chi tenta di contrastare il diffondersi della fame a livello globale è però il calo degli investimenti destinati alla cooperazione, mentre le spese militari hanno superato nel 2024 i 2.700 miliardi di dollari.
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