Giubileo dei migranti, 44 profughi dall’Etiopia grazie ai corridoi umanitari
Cecilia Seppia – Città del Vaticano
Sembra ogni volta una goccia nel mare, numeri piccoli, poco clamore e invece dal 2016, data di avvio dei corridoi umanitari da parte di Sant’Egidio con la collaborazione della Cei, della Federazione delle Chiese evangeliche italiane, e la Tavola valdese, oltre 8.600 persone, tra cui tanti bambini, hanno raggiunto l’Europa in sicurezza, più di 7200 quelli accolti in Italia sani e salvi che sono diventati testimoni di rinascita. Oggi è toccato a un gruppo di 44 profughi provenienti dall’Etiopia che a seguito della guerra civile in Sudan, è diventata, suo malgrado, terra di immigrazione.
L’accoglienza a Fiumicino
“Li aspettavamo all’aeroporto romano di Fiumicino commossi, con gli striscioni, i canti e la voglia di far festa – racconta Daniela Pompei responsabile dei servizi immigrazione della Comunità di Sant’Egidio – la prima cosa che abbiamo fatto è stato abbracciarci, anche se non ci conoscevamo”. Tra questi 44 rifugiati ci sono anche alcuni eritrei e 17 somali che hanno subito violenze brutali da parte delle milizie islamiste. Sui loro volti la gioia di una via di speranza appena tracciata, ma ancora di più, prosegue Pompei, “i segni delle sofferenze indicibili: volti scavati, provati, stanchi”. La maggior parte è gente adulta che nella propria patria aveva un lavoro, una professione, stava anche bene dal punto di vista economico e sociale. Molti erano medici e all’improvviso, dopo lo scoppio della guerra in Sudan tra il 2021 e il 2022 si sono ritrovati ad essere niente, “un rifugiato qualunque la cui sorte non interessa a nessuno”. Eppure hanno espresso gratitudine per chi ha aperto questo varco nel deserto, hanno manifestato preoccupazione per chi è rimasto e desiderio di aiutare, di diventare a loro volta strumenti di accoglienza. “Sono rimasta colpita da una ragazza di 17 anni, giunta a Roma con la famiglia, mi ha detto: voglio diventare un medico e poi tornare nel mio Paese per aiutare, mettermi a disposizione degli altri, salvare vite, perché in Sudan i medici non ci sono più, sono stati tutti uccisi”.
Un anticipo di Giubileo
Una notizia giubilare il loro arrivo in luogo sicuro lontano dai bombardamenti, alla vigilia del Giubileo dei Migranti che culminerà domenica prossima con la Messa celebrata da Papa Leone in Piazza San Pietro alle 10.30 ma che per Sant’Egidio è di fatto già iniziato e che ci ricorda che esistono vie legali e di accoglienza possibili. Un segnale di speranza che arriva mentre il mondo ricorda anche la tragedia di Lampedusa del 3 ottobre 2013 in cui persero la vita 368 migranti che erano a bordo di un’imbarcazione proveniente dalla Libia, Libia che resta ancora tristemente il luogo di partenza privilegiato per l’assenza di regole, controlli, di un governo stabile e la massiccia presenza di trafficanti di esseri umani, ma anche un luogo di morte.
Una speranza anche per la Libia
“Il Mediterraneo resta un cimitero e la Libia è ancora luogo di traffici, anche di torture e atti terribili nei confronti dei rifugiati - afferma Daniela Pompei - però anche qui c'è una via di speranza perché ci sono finalmente corridoi umanitari per questo Paese del Nord Africa. Infatti fra un mese attendiamo un altro volo con persone che provengono dalla Libia e questa mattina è stato molto bello anche perché accanto a noi che accoglievamo e accanto alle famiglie da cui queste persone andranno a vivere, c'erano i sudanesi giunti sei mesi fa dalla Libia che accoglievano con noi e che ci tenevano ad esserci. I corridoi umanitari realizzano questo vortice virtuoso: speranza e missione si legano e oggi come ogni volta che riusciamo a salvare qualcuno e a dargli nuove prospettive, sappiamo che è possibile vivere una vita dignitosa in cui c'è il rispetto dell'uomo innanzitutto”.
Accoglienza e integrazione
Da Fiumicino i profughi arriveranno nelle prossime ore per le destinazioni individuate dalla Comunità, attraverso famiglie, parrocchie e associazioni, in diverse regioni italiane: Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Lazio Campania, Basilicata e Sicilia. E’ la rete di accoglienza ormai sperimentata dei corridoi umanitari che favoriscono l’integrazione con l’apprendimento della lingua italiana e l’avviamento al lavoro, per gli adulti, e l’inserimento nel circuito scolastico per i minori. “I profughi arrivano sempre da contesti di guerra e fame. Sono accolti da persone, associazioni, parrocchie, gente di buona volontà, ovviamente noi come comunità di Sant'Egidio attraverso le nostre strutture, che aprono le loro case, che hanno voluto rispondere anche agli appelli di Papa Francesco e ora anche di Papa Leone XIV sul tema dell’accoglienza. Subito per loro inizia un percorso di integrazione. Questo è molto importante: iniziare subito! E così i bambini vengono iscritti a scuola, gli adulti vengono inseriti nei corsi di lingua e cultura italiana, si fanno tutti i documenti, la richiesta di asilo, si crea la sicurezza giuridica e poi piano piano si cominciano a inserire”.
I criteri per individuare profughi e rifugiati da salvare
Importante anche ricordare i criteri con cui Sant’Egidio e le organizzazioni che collaborano con la Comunità individuano le persone da far passare attraverso i corridoi umanitari: “E’ fondamentale analizzare il contesto da cui provengono, per questo riceviamo dei dossier sui Paesi di origine, poi abbiamo dei delegati, delle persone di Sant'Egidio, della Cei, della Caritas Italiana, della Federazione delle chiese evangeliche, che vanno in missione ad individuare, a fare colloqui con le persone che si trovano a vivere o sono rifugiati urbani, quindi nei grandi centri tipo Addis Abeba, o anche nei campi profughi. E poi c'è una collaborazione costante con gli organismi internazionali tipo l’Unhcr, che invia rapporti e segnalazioni, ma talvolta sono gli stessi rifugiati in Italia che segnalano e questa è una grande via anche per facilitare ricongiungimenti familiari che sarebbero altrimenti difficili”.
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