Mai così tante guerre nel mondo, il Report annuale della UAB
Stefano Leszczynski – Città del Vaticano
Il rapporto annuale sui conflitti, i diritti umani e le opportunità di pace redatto dal centro ricerche per una cultura della pace dell’Università autonoma di Barcellona rileva un aumento senza precedenti negli ultimi 12 anni delle guerre a livello globale. Il documento basato sui dati diffusi dalle principali agenzie e organizzazioni internazionali analizza lo stato globale dei conflitti armati, delle tensioni socio-politiche e delle iniziative di peacebuilding, evidenziando tendenze, rischi e opportunità di pace per il futuro. Nel 2024, il numero di conflitti armati è salito a 37, rispetto ai 36 del 2023. La maggior parte dei conflitti si concentra in Africa (17), seguita da Asia e Pacifico (10), Medio Oriente (6), Europa (2) e America (2). Due i contesti che sono degenerati da crisi socio politica a conflitto armato in ragione dell’alto numero di vittime e di scontri a fuoco: Haiti e Papua Occidentale, mentre la guerra del Sinai in Egitto ha cessato di essere considerata tale.
Violenze e morti in crescita
Il 57% dei conflitti armati è stato di alta intensità, con gravi perdite umane e impatti sulla sicurezza. Inoltre, il 60% dei conflitti ha registrato un aumento della violenza rispetto agli anni precedenti. Le cause principali includono il rifiuto del sistema politico, economico o sociale dello Stato (73%), questioni identitarie e richieste di autogoverno (59%) e il controllo di risorse e territori (46%).
Le donne nel mirino
Il rapporto evidenzia anche gravi impatti di genere nei conflitti. Nel 2024, il 79% dei conflitti ad alta intensità si è verificato in Paesi con bassi livelli di uguaglianza di genere. Inoltre, i casi di violenza sessuale legata ai conflitti sono aumentati del 50% nel 2023, con donne e ragazze che rappresentano il 95% delle vittime.
Tensioni socio-politiche
Le crisi socio-politiche sono aumentate, raggiungendo 116 casi nel 2024, con la maggior parte in Africa (38) e Asia e Pacifico (31). Il 38% di queste crisi è peggiorato rispetto al 2023, mentre solo il 21% ha visto una riduzione delle tensioni. Le cause principali includono opposizione alle politiche governative (77%), questioni identitarie (30%) e controllo di risorse e territori (35%).
La pace possibile
Nonostante il quadro critico, il rapporto identifica cinque opportunità di pace: i negoziati tra Repubblica democratica del Congo e Rwanda, la transizione politica in Bangladesh, il dialogo sull'autonomia di Bougainville, il processo di pace tra Turchia e PKK e le speranze per una nuova era post-Assad in Siria. Tuttavia, emergono anche quattro scenari di rischio: la guerra civile in Sudan, le tensioni tra India e Pakistan, il confronto tra Cina e Taiwan e la militarizzazione dell'Unione europea.
L’Europa a rischio
L’Unione europea e i suoi Stati membri hanno avviato un imponente piano di riarmo – nota il Rapporto – con un impegno finanziario che supera gli 800miliardi di euro in quattro anni. Il piano europeo sembra privilegiare il settore militare principale per fronteggiare le attuali tensioni geopolitiche, rispetto alle piste non militari per perseguire la propria sicurezza. Il Piano fa seguito all’aumento delle spese militari a livello globale e alle pressioni provenienti dalla Nato per un aumento dell’impegno finanziario da parte degli Stati membri. Non ultimo, il Rapporto mette in evidenza tra i fattori che spingono l’Europa al riarmo l’influenza che l’industria degli armamenti è capace di esercitare sul potere politico.
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