Madagascar, ancora proteste mentre i militari si schierano coni giovani
Federico Piana- Città del Vaticano
L’escalation delle proteste di piazza ,che da settimane stanno scuotendo il Madagascar ,è andata in scena proprio ieri ad Antananarivo. Uno degli incubi peggiori, temuto dagli osservatori internazionali e dalle cancellerie diplomatiche di mezzo mondo, è diventato realtà quando per le strade della capitale una parte sostanziosa dell’esercito governativo si è unito ai manifestanti che, per l’ennesima volta, stavano sfilando per chiedere le dimissioni del presidente Andry Rajoelina e per denunciare corruzione e malgoverno.
Reazione inaspettata
Quella che si è ammutinata, chiedendo ai propri soldati di non obbedire agli ordini di sparare sulla folla lacrimogeni, proiettili e bombe stordenti, non è un’unità di poco conto. Si tratta del famoso Capsat, il Corpo del personale e dei servizi amministrativi e tecnici dell'esercito, che nel 2009 fu protagonista indiscusso di un colpo di stato che portò al potere proprio l’attuale presidente. Ma è anche la compagine militare che attualmente detiene il controllo dei campi dove sono stoccate le armi. Lì nessuno può entrare senza il permesso dei vertici del Copsat.
Situazione in evoluzione
«In questo caso, però, non si può parlare di un vero e proprio golpe perché il resto dell’esercito, i gendarmi e la polizia, ancora non si sono ufficialmente schierati» riferisce ai media vaticani monsignor Rosario Saro Vella, vescovo di Moramanga, che insieme a tutta la Chiesa locale sta seguendo con apprensione gli sviluppi di una situazione che potrebbe ancor di più sfuggire di mano.
Fuga all'estero
Segno che le cose stanno già precipitando è la notizia, confermata da fonti locali, che l’ex primo ministro — destituito insieme a tutto l’esecutivo qualche giorno fa da Rajoelina nel tentativo di placare le proteste — sia fuggito nelle isole Mauritius con altri notabili della nazione. «Ma anche tante persone del governo che non sono amate dalla gente si sono nascoste. Mentre alla manifestazione di ieri i militari che hanno preso le difese del popolo sono stati applauditi», spiega monsignor Vella.
Crepe e tensioni
E se i giovani del movimento “Generazione Z”, cuore ed anima di tutte le proteste, continuano a riversarsi nelle piazze, all’interno del governo si stanno mostrando le prime crepe, i primi dissensi interni. Questa mattina, il ministro delle forze armate è tornato a ribadire la sua «benedizione» al nuovo responsabile dell’esercito nominato ieri dai vertici dei militari ribelli e scelto tra le fila del Capsat mentre il presidente Rajoelina, allo stesso tempo, ha denunciato un tentativo di colpo di stato, ha annunciato per questa sera un discorso alla nazione e destituito l’attuale presidente del senato, il generale Richard Ravalomanana, uno dei membri dell’esecutivo accusato dalla folla che ne chiedeva la sua rimozione.
Diplomazia prima di tutto
«In un susseguirsi di eventi che si fanno sempre più drammatici — aggiunge il vescovo di Moramanga — la Chiesa rimane ferma sulla sua posizione: tutte le parti in causa devono provare a dialogare. Che i militari rispettino i diritti dei manifestanti e che i manifestanti evitino violenze e provocazioni. Non c’è altra soluzione: la diplomazia prima o poi dovrà entrare in campo».
Rispetto della Costituzione
Calma e moderazione sono state richieste anche dall’Unione Africana che ha invitato tutti i partiti politici a «dare prova di responsabilità e patriottismo e ad adoperarsi per il mantenimento dell’unità, della stabilità, nel pieno rispetto della Costituzione».
Chiesa in preghiera
Sabato scorso, in comunione ideale con il rosario per la pace recitato in Piazza San Pietro da Leone XIV, tutte le comunità ecclesiali malgasce avevano aderito alla giornata di preghiera e digiuno promossa dalla Conferenza Episcopale, rivolgendosi alla Vergine con fede e svolgendo delle partecipate processioni nelle quali sono stati intonati canti e orazioni liturgiche. Perfino le scuole cattoliche nazionali si sono fermate per un momento di silenzio e riflessione con la speranza che il Paese dell’Oceano indiano possa presto imboccare la strada della pacificazione.
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