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Un ambulatorio per la salute mentale in cui lavora il personale di Amref in Sud Sudan Un ambulatorio per la salute mentale in cui lavora il personale di Amref in Sud Sudan 

Sud Sudan, Amref e Caritas al fianco dei più fragili

Nel Paese africano, anche a causa delle violenze mai sopite, circa un quinto degli abitanti soffre di qualche forma di disturbo mentale. Amref, in collaborazione con Caritas, punta a sviluppare i servizi di assistenza. "Potrebbe sembrare che le priorità siano altre, ma senza salute mentale difficilmente si può essere cittadini attivi che contribuiscono ai processi di sviluppo", dichiara l'esperto di salute pubblica Jacopo Rovarini

Valerio Palombaro - Città del Vaticano

Nel Sud Sudan, scosso da decenni di guerra e con metà della popolazione in condizioni di povertà, i disturbi mentali colpiscono oltre un quinto dei 12 milioni di abitanti. Nel “giovane” Paese africano si registra anche il quarto tasso di suicidi più elevato dell’Africa. Alla luce di questi dati allarmanti, raccolti da Amref Health Africa, e per aiutare i più vulnerabili, da alcuni anni è attivo il progetto Mental Health Integrated Development — M(H)IND: l’ong specializzata nel sostegno all’Africa in ambito sanitario, insieme a Caritas Italia e Caritas Sud Sudan, punta così a sviluppare i servizi di salute mentale in otto dei 79 distretti del Sud Sudan. Medici e infermieri vengono formati per poter assistere dal punto di vista della salute mentale i pazienti presso cliniche specializzate allestite all’interno delle strutture sanitarie esistenti.

La salute mentale legata a doppio filo all'insicurezza

«Cerchiamo di aiutare non partendo da zero, ma da quel poco che già esiste per quanto fragile», spiega ai media vaticani dal Sud Sudan Jacopo Rovarini, esperto di salute pubblica di Amref. L’ong ha una storia lunghissima in Sud Sudan, dove è presente dal 1972 con una costante formazione del personale locale che ha contribuito all'ossatura sanitaria della nazione. La sfida della salute mentale comprende le condizioni neurologiche, psichiatriche, psicologiche e disturbi associati all’abuso di sostanze. «Potrebbe sembrare che le priorità siano altre — ammette Rovarini —, dalle malattie infettive, alle conseguenze dei passati conflitti, fino alle tensioni presenti. Ma siamo convinti che non si possa aspirare ad un migliore stato di salute senza considerare la salute mentale, che è legata a doppio filo con quella fisica e con l’insicurezza che molti sud sudanesi ancora vivono». Senza un certo grado di benessere psicologico, evidenzia l’esperto, «difficilmente si può essere cittadini attivi che contribuiscono ai processi di sviluppo».

Ascolta l'intervista a Jacopo Rovarini di Amref

Uno studio, condotto prima della guerra civile che dal 2013 al 2018 ha nuovamente dilaniato il Paese all’indomani dell’indipendenza, rilevava che il 36% dei cittadini soffriva di disturbo da stress post-traumatico e il 50% di depressione. «Quello che abbiamo notato all’interno della nostra iniziativa — rileva il rappresentante di Amref — è che il 30% delle persone sottoposte a screening mostra qualche segno preoccupante di malessere. Quindi quello studio, anche se abbastanza datato e condotto in un periodo in cui l’impatto della guerra era molto più rilevante, purtroppo per via anche del conflitto mai del tutto sopito è ancora valido».

Un'assistenza capillare

In questo contesto difficile si inserisce il progetto M(H)IND. «Finora — spiega l’esperto — siamo riusciti a sottoporre a screening più di 65.000 persone in diverse aree del Paese. Di queste all’incirca 10.000 hanno poi potuto usufruire di assistenza psicologica a livello comunitario senza dover far riferimento a un ospedale o un centro sanitario. Questa assistenza è stata fornita da volontari formati presso i centri parrocchiali, 25 in tutto all’interno del nostro programma gestiti da Caritas Sud Sudan con il sostegno di Caritas italiana, tramite un intervento denominato Self Help Plus. Si tratta di un percorso che si fa in gruppo con riunioni che aiutano le persone a sentirsi meglio e ad avere gli strumenti per gestire meglio i fattori stressanti che vivono quotidianamente». Circa 5.000 sono invece i pazienti assistiti negli ambulatori che il progetto ha rafforzato o istituito, dove non esistevano centri specifici per la salute mentale. «Questi — osserva — sono numericamente inferiori perché sono più rari rispetto al disagio psicologico lieve a cui rispondiamo tramite l’attività comunitaria. Ma sono comunque importantissimi perché spesso sono gli unici luoghi dove questo tipo di assistenza clinica e i trattamenti farmacologici per alcuni disturbi sono disponibili e accessibili».

Gli altri partner del progetto

Tra i partner del progetto figura anche Bbc media action, praticamente l’ong dell’emittente britannica, «che tramite programmi audio, in collaborazione con le radio locali, sfidano gli stereotipi sulla salute mentale che spesso causano la marginalizzazione di chi soffre di questi disturbi». Un altro partner è l’università di Verona, racconta Rovarini spiegando che «ha un centro di eccellenza in salute mentale e collabora con l’Oms portando avanti la componente di ricerca per avere maggiori evidenze scientifiche su quale sia la situazione nelle aree del Sud Sudan in cui lavoriamo e su quanto funzioni l’approccio proposto».

Le storie e l'esigenza di più investimenti

Tramite il progetto M(H)IND Amref ha raccolto tante storie, anche di riscatto. Come quella di Eva, una donna sud sudanese, che oggi può raccontare di quando la figlia Penina diede fuoco alla loro casa: «Era in preda a psicosi. In prigione è stata visitata da un dottore e da lì è iniziata una cura, che oggi la sta aiutando». O quella del ventenne Zakayos che, dopo mesi di lotta contro la psicosi che avevano portato la sua famiglia a faro rinchiudere in carcere, oggi indossa orgogliosamente una divisa scolastica e tiene sulle ginocchia un libro di testo del Senior 4, l’ultimo anno di scuola superiore in Sud Sudan. Ma in un contesto di investimenti carenti per la sanità in generale, la salute mentale rimane fanalino di coda. «Noi insistiamo sul fatto che è possibile generare un cambiamento positivo, curare alcune persone o comunque trattare chi soffre di alcuni disturbi affinché possano vivere più serenamente e con maggior benessere — sottolinea Rovarini —. A livello di politica sanitaria collaboriamo con il ministero della Salute del Sud Sudan: nei prossimi giorni, il 17 ottobre, verrà lanciato il primo piano strategico sulla salute mentale del Paese, un primo passo, si spera, verso un maggior riconoscimento che possa portare poi a più investimenti».

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11 ottobre 2025, 12:11