Il Mali sull’orlo del collasso. Blocco jihadista su Bamako
Andrea Walton - Città del Vaticano
Il Mali, Stato del Sahel tra i più poveri al mondo, è alle prese con un grave deterioramento della sicurezza interna. Le forze del gruppo jihadista Jama’at Nusrat al-Islam al-Muslimin (JNIM) assediano, da alcune settimane, la capitale Bamako ed hanno imposto un blocco ai rifornimenti di carburante in città che sta provocando una paralisi delle attività quotidiane della popolazione.
La capitale sotto assedio
Il gruppo terrorista intende destabilizzare la giunta militare maliana, guidata dal generale Assimi Goïta, che ha assunto il potere nel 2021 deponendo il governo democraticamente eletto della nazione africana. La drastica diminuzione delle scorte di carburante in città ha provocato la formazione di lunghe code ai distributori della capitale, mentre le scuole e le università hanno dovuto sospendere le proprie attività perché i trasporti pubblici non sono più attivi. L’agglomerato urbano di Bamako, con una popolazione di oltre 4 milioni e 200mila abitanti, è di gran lunga il più popoloso del Mali e qui sono concentrati i principali presidi del potere esecutivo ed una porzione importante delle attività economiche del Paese. La città è già stato oggetto di sporadici attacchi terroristici in passato ma l’assedio delle forze jihadiste, parte di una vera e propria operazione su larga scala, rappresenta un cambiamento significativo per le sorti del Paese.
Diificili condizioni umanitarie
Per mesi le forze jihadiste hanno preso di mira e progressivamente bloccato le vie di rifornimento a Bamako provocando, deliberatamente, scarsità di carburante, cibo ed aumento dei prezzi in città. Queste tecniche sofisticate non sono contrastare con efficacia dalle forze governative mentre gli effettivi del solo JNIM sono stimati a circa 6mila unità. Le condizioni umanitarie di buona parte della popolazione maliana sono già precarie e milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria in un Paese molto povero e privo di efficaci prospettive di sviluppo.
La Chiesa nel mirino dei jihadisti
L’attuale conflitto in Mali ha avuto inizio nel 2012 in seguito ad una ribellione separatista dei Tuareg, un gruppo etnico che risiede nel nord del Paese e che aveva già tentato in passato di ottenere l’indipendenza dal governo centrale. Il controllo dell’insurrezione è, però, passato in poco tempo a gruppi jihadisti come il JNIM e le forze del sedicente Stato islamico. Gli scontri tra i gruppi terroristi e le Forze armate maliane, supportate per anni dalla Francia, hanno provocato migliaia di morti e costretto centinaia di migliaia di persone ad abbandonare le proprie case. In più occasioni i jihadisti hanno preso di mira la popolazione cristiana, compiendo omicidi ed abusi nei confronti della popolazione civile e del clero. Dopo il colpo di Stato del 2021, la giunta militare al potere si è rivolta ad altri attori internazionali per provare a garantire la sicurezza. Ciò ha portato al progressivo ritiro della tradizionale presenza militare francese, ma gli sforzi per contrastare l’insicurezza non hanno sortito gli effetti voluti e la crisi si è ulteriormente aggravata.
Offensiva su vasta scala
Il conflitto si è anche allargato ad altre nazioni del Sahel, come Niger e Burkina Faso, confinanti con il Mali e dove le forze jihadiste hanno iniziato a controllare porzioni di territorio. Le operazioni militari non sono mai riuscite a sconfiggere del tutto i terroristi che periodicamente hanno ripreso vigore ed oggi controllano diversi territori del Sahel mettendo a rischio i governi dei tre Stati, tutti retti da giunte militari. La conquista di Bamako da parte delle forze jihadiste appare, al momento, improbabile sia per l’estensione della città sia per le oggettive difficoltà che comporterebbe un’operazione di questo genere ma la situazione potrebbe cambiare in poco tempo. Altre città del Mali, come Kayes e Nioro du Sahel, sono sotto assedio ed il Sud del Paese, in passato un’area relativamente sicura, è ormai pienamente coinvolto nel conflitto maliano. I prossimi mesi saranno cruciali per la sopravvivenza dell’esecutivo in Mali e per un eventuale interessamento della comunità internazionale al conflitto nel Sahel.
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