Attesa per il voto dell’Onu sul piano degli Stati Uniti per Gaza
Paola Simonetti – Città del Vaticano
L’istituzione di una Forza internazionale di stabilizzazione per sostenere la sicurezza dei confini in cooperazione con Israele ed Egitto, la smilitarizzazione di Gaza e il disarmo dei gruppi armati non statali, la protezione dei civili e l’addestramento di un corpo di polizia palestinese. Questi i cardini del progetto di pace statunitense per la Striscia che ha portato alla fragile tregua dal 10 ottobre scorso e che oggi dovrebbe essere votato dal Consiglio di sicurezza Onu.
L’opposizione di Hamas
Ma il gruppo islamico palestinese ha già espresso la sua contrarietà al contingente straniero nell’area visto come la “sottomissione della Striscia alla volontà di autorità estranee al territorio”, equiparabili a forze occupanti, a meno che non rispondano in modo diretto solo alle Nazioni Unite. Un testo quello statunitense che, dopo molte modifiche, menziona anche la possibilità di uno Stato palestinese, passo possibile, secondo la bozza, dopo la riforma dell'Autorità nazionale palestinese e i progressi nella ricostruzione di Gaza, condizioni che, afferma il testo "potrebbero finalmente creare un percorso credibile verso l'autodeterminazione e la sovranità palestinese”.
La posizione di Israele
Il futuro che vede la soluzione a due Stati è stato chiaramente respinto da Israele: "La nostra opposizione a uno Stato palestinese su qualsiasi territorio non è cambiata" ha dichiarato il premier israeliano Benjamin Netanyahu che ha aggiunto: “Gaza sarà smilitarizzata e Hamas sarà disarmata, nel modo più facile o nel modo più duro. Non ho bisogno di rinforzi e prediche da nessuno". Ma la resa di Hamas sembra tutt’altro che a portata di mano: una fonte palestinese nella Striscia, infatti, ha riferito all'emittente israeliana Kan News che un centinaio di agenti dell'ala militare della fazione palestinese barricati in un tunnel a Rafah, hanno chiarito di non essere pronti ad arrendersi e che non accetteranno alcuna iniziativa che li costringa ad abbandonare questa rete di protezione se non attraverso un percorso da loro stessi scelto e che consenta loro di andarsene con dignità.
La distruzione nella Striscia
Gaza, nel frattempo, resta in una drammatica situazione umanitaria con l’inverno che incalza su un territorio dove, secondo le Nazioni Unite, l’81% degli edifici è danneggiato e dove la distribuzione degli aiuti è ancora non pienamente sufficiente per i bisogni dell’intera popolazione palestinese, che fa i conti anche con le immani perdite delle ultime settimane: il bilancio delle vittime civili palestinesi, nonostante la tregua, è di 242 morti a seguito di attacchi israeliani, stando all’analisi della testata al Jazeera.
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