Con le mamme e i bambini a Kassala, anche in Sudan si può ricominciare
Vincenzo Giardina - Città del Vaticano
C'è un prima e un dopo. E un presente che può diventare futuro, anche in Sudan, nonostante la violenza e la guerra. Fotografie a colori raccontano un passato che sembra lontano anche se sono trascorsi solo pochi anni. Due bambine salgono su uno scivolo, sul muro dietro di loro un cuore con la scritta "I love You, mum": mamma ti amo. Aspetta che scendano giù un ragazzino in sandali e gilet. Scene da un parco giochi, in una scuola dell'infanzia, alla periferia della capitale Khartoum. Immagini di prima della guerra, cominciata il 15 aprile 2023. Da un lato i reparti dell’esercito, dall’altro i paramilitari delle Forze di supporto rapido. In mezzo, i civili: 12 milioni le persone sfollate o rifugiate. Quel parco giochi oggi non c'è più. Le pareti sono crivellate di colpi di proiettili di artiglieria: in una foto scattata poco tempo fa si riconosce un cavallo a dondolo giallo e rosso, rimasto solo in cortile. A condividere le immagini e a raccontare è Manuela Turotti, direttrice generale di Ovci La nostra famiglia, una Ong nata in provincia di Como, socia della Federazione degli organismi di volontariato internazionale di ispirazione cristiana (Focsiv). L’organizzazione si occupa di fisioterapia pediatrica e riabilitativa, anche al fianco di persone con disabilità. Il suo centro principale si trovava a Omdurman, città gemella di Khartoum, sulla riva opposta del Nilo. Era gestito insieme a una realtà locale, la Usratuna Sudanese Association for Disabled Children.
Cura e impegno verso i più fragili
L’obiettivo era l’inclusione e il sostegno ai giovani con disabilità, sia in ambito scolastico che professionale. Poi sono cominciati i bombardamenti. "Quegli spazi sono stati occupati e trasformati in un campo di addestramento per i paramilitari" ricorda Turotti, facendo riferimento alle forze che il 26 ottobre scorso hanno preso d'assalto anche El Fasher, il capoluogo della regione del Darfur settentrionale, e che ora puntano El Obeid, nel Nord Kordofan. I dottori e i fisioterapisti di Ovci hanno dovuto allontanarsi dalla linea del fronte. Ma non hanno lasciato il Sudan. Stanno continuando il loro lavoro nella regione di Kassala, sotto il controllo dell'esercito, più a Est. "Cura e impegno sono anzitutto per le mamme e i bambini", sottolinea Alsadig Mohamed, rappresentante Paese di Ovci. "Collaboriamo con l’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti-Pescara, in particolare per la riabilitazione da patologie pediatriche e il contrasto alla mortalità materna".
Voglia di vita e desiderio di pace
Lo documentano altre fotografie. In una si vedono di spalle ostetriche velate, una accanto all’altra, con i colori dell’Africa — il giallo, il rosso e il verde — mentre seguono una lezione sulla prevenzione delle complicanze da parto. "Ho rafforzato le mie competenze in cura materna e neonatale, gestione dell'emorragia post-partum, supporto all'allattamento e rianimazione" ricorda una di loro, Amera Abdallateef Osman. "Ora lavoro con maggior sicurezza ed efficienza, assistendo in media anche dieci parti al giorno". Di voglia di vita e desiderio di pace, si legge nei volti del nuovo “team” arrivato a Kassala, fotografato sorridente accanto a un pulmino dell’ong. “Non è facile”, commenta Mohamed. “Kassala non si è ritrovata sulla linea del fronte, ma la guerra ha prodotto conseguenze gravi sulla vita di tutti i sudanesi". Il rappresentante di Ovci parla di “tante difficoltà e tanti problemi”. E però aggiunge: “Questi, nonostante tutto, sono anche tempi di speranza”.
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