In Ucraina i centri educativi Vulyk, alveari di speranza
Svitlana Dukhovych – Città del Vaticano
Nel contesto della guerra su vasta scala che la Russia da oltre tre anni e mezzo sta conducendo contro l’Ucraina, l’istruzione del Paese affronta sfide senza precedenti: 4358 istituti scolastici sono stati colpiti da attacchi russi, 400 di questi sono stati completamente distrutti. Ma la mancanza di strutture è solo uno dei problemi. In molte regioni, specialmente vicino al fronte, gli studenti non seguono lezioni in presenza dall’inizio della pandemia e vedono insegnanti e compagni solo attraverso gli schermi dei computer o degli smartphone. Questo ha effetti negativi sul benessere psicologico, sulle abilità sociali e sul livello di conoscenze. Anche i genitori e gli insegnanti che, senza dubbio, fanno parte del processo educativo e formativo, vivono tante difficoltà tra cui la mancanza della sicurezza è quella principale.
L’impegno di Ong e volontari
Oltre alle istituzioni statali, numerose organizzazioni internazionali e Ong aiutano il Paese a superare le sfide nell’istruzione durante la guerra, fornendo supporto finanziario e tecnico. Anche volontari, genitori e insegnanti si impegnano per dare la possibilità ai giovani di studiare. Uno dei luoghi in cui il processo educativo non solo continua, ma si sviluppa, sono i centri educativi Vulyk (dall’ucraino arnia), creati dalla fondazione savED, attivi nelle sette regioni più colpite. Ce ne sono circa cento, allestiti in scuole parzialmente intatte o altri luoghi come centri culturali, ambulatori o rifugi. Qui i bambini possono studiare, ricevere sostegno psicologico e sentirsi al sicuro.
Luoghi per parlare e stare insieme
«Li abbiamo chiamati Vulyk — spiega Kateryna Mudra, analista di savED — perché ronzano di risate, lezioni e attività dei bambini. Però i nostri centri non sono solo muri: oltre a ristrutturarli, a fornire i mobili, i materiali didattici, i gadget, coinvolgiamo anche tutor, che cerchiamo sul luogo, i quali guidano vari gruppi, dall’arte-terapia al teatro, alla robotica». Inoltre, gli insegnanti aiutano i bambini a collegarsi alle lezioni online, se non hanno questa possibilità a casa. I centri diventano spazi sociali, luoghi dove i bambini possono sentirsi al sicuro e in compagnia. Kateryna racconta di una comunità in cui si è tenuta una cerimonia del tè, diventata simbolo di fiducia e apertura: «I bambini vengono al Vulyk come se fosse la loro casa, perché è un luogo sicuro dove parlare e stare insieme, soprattutto nelle comunità vicine al fronte, dove non ci sono alternative per i più piccoli».
La scelta dei tutor
L’analista aggiunge che per scegliere i tutor, loro valutano non solo le loro competenze professionali, ma anche la loro capacità di lavorare con bambini che si trovano in situazioni psicologiche difficili. I tutor ricevono formazione e supporto continuo da una coordinatrice e fanno parte di una rete attiva, dove si condividono esperienze e si creano legami forti. «Organizziamo per loro eventi e gite, durante le quali si sentono come una famiglia. Sappiamo quanto siano cruciali per il processo educativo».
Istruzione, le ferite di guerra e pandemia
Oltre ai centri educativi Vulyk, la fondazione savED offre anche programmi educativi specifici. Il programma Catch-Up è stato sviluppato per colmare le lacune scolastiche che i bambini e i ragazzi hanno accumulato durante la pandemia e la guerra su vasta scala. Kateryna ha raccontato che uno dei problemi più grandi che hanno notato è che molti bambini, anche se sanno leggere, non capiscono il significato del testo e non riescono a rispondere alle domande dopo aver letto. Tra le cause di questo fenomeno ci sono lo stress e l’ansia. Inoltre dopo il periodo così lungo dell’insegnamento online, gli studenti non riescono a concentrarsi sul materiale perché i compiti vengono solitamente presentati in formato elettronico o video. Sono abituati ad interagire con i contenuti rapidi e non con il testo scritto lungo. «Ogni unità didattica, che offriamo agli alunni, è fatta da circa 24 lezioni per ogni materia, con la verifica dei risultati alla fine — spiega Kateryna —. Ogni volta vediamo che questo aiuta davvero a recuperare le lacune nelle loro conoscenze». Nell’ambito di questo programma savED gli insegnanti sono costantemente affiancati da un team di metodologia che sviluppano materiali su diverse materie. «I risultati positivi che hanno mostrato gli allievi nei test finali, ci hanno fatto capire che, in primo luogo, i bambini hanno bisogno di insegnanti che lavorino con loro e spieghino loro la materia. In secondo luogo, anche gli insegnanti hanno bisogno di sostegno, perché durante la guerra si sono un po’ persi. E il nostro sostegno metodologico e l’aiuto psicologico facilitano notevolmente il loro lavoro».
Fiducia e futuro
Alla fondazione savED sono convinti che la fiducia sia un elemento chiave, senza il quale l’istruzione in condizioni di guerra è impossibile. Aiuta a mantenere la stabilità, a sostenere la motivazione e a costruire il futuro. La fiducia è fondamentale per gli adolescenti perché promuove l’autostima, il senso di appartenenza e l’autonomia. Questa convinzione ha spinto savED ad avviare il programma per adolescenti UActive. Nell’ambito di questo programma, i ragazzi scelgono i progetti che desiderano realizzare e hanno la possibilità di vincere delle risorse finanziarie per la loro realizzazione. L’iniziativa permette ai ragazzi non solo di acquisire nuove conoscenze, stare insieme, ma anche di fare qualcosa di importante per la loro comunità. «I nostri insegnanti notano — evidenzia Mudra — che durante queste settimane i bambini si aprono davvero. Sono sorpresi quando vedono che un alunno, ad esempio Ivan della seconda superiore, è in grado di organizzare così bene il processo o di redigere un bilancio. In effetti, spesso vincono progetti molto interessanti. Ad esempio, una delle squadre ha vinto un finanziamento per attrezzare la mensa scolastica in stile Harry Potter. È un risultato davvero impressionante, perché si tratta di un villaggio dove la scuola era stata completamente distrutta nei bombardamenti».
Il tema della guerra a scuola
"Come parlare della guerra con gli studenti" è il titolo del manuale pubblicato dal ministero dell’Istruzione dell’Ucraina all’inizio del 2024. Il testo fornisce consigli pratici su come trattare il tema della guerra nelle lezioni di diverse materie. Inoltre, come spiega Kateryna Mudra, tanti argomenti non hanno bisogno di essere spiegati perché «si parla della guerra senza parlarne. Tutti vivono in questo contesto e capiscono che quando scatta l’allarme devono scendere nei rifugi. Di solito, gli insegnanti e gli educatori cercano di dare un sostegno concreto e indicazioni pratiche. Nei nostri Vulyk offriamo lezioni sulla sicurezza antimine, perché capiamo che per queste comunità è molto importante. Organizziamo anche lezioni di sostegno psico-emotivo, perché l’ansia e l’alienazione dalla scuola richiedono la nostra attenzione. Questo è necessario per aiutare i bambini a tornare nel processo educativo. In altre parole, non lavoriamo sulla guerra in sé, ma sulle sue conseguenze sui bambini e giovani».
Dare il proprio contributo
Anche Kateryna è una giovane ragazza, ha una ventina d’anni, e dopo aver vissuto un breve periodo all’estero ha deciso di tornare in Ucraina per dare il proprio contributo al futuro del proprio popolo. Ha visitato diversi comuni dove hanno allestito i loro centri di istruzione Vulyk. «Ogni volta che ci vado - sottolinea - vedo, da un lato, scuole che non esistono più, solo rovine. Al posto della scuola c’è un seminterrato del consiglio comunale locale, dove stiamo cercando di allestire uno dei nostri centri, ma dove all’inizio non ci sono nemmeno sedie o banchi. Ma poi vedi i bambini, gli stessi di una volta, e ti si stringe il cuore, perché capisci che quello che fai ha un valore reale».
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