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Militari pakistani sul luogo di un attentato vicino al confine afghano Militari pakistani sul luogo di un attentato vicino al confine afghano

Afghanistan e Pakistan, tensioni pericolose

Le due nazioni, negli ultimi mesi divise da scontri militari al confine, faticano a trovare un accordo stabile di pace. Mario Angelo Rodrigues, sacerdote e preside del prestigioso Istituto superiore cattolico St. Patrick a Karachi, lancia un appello al negoziato e al dialogo, sottolineando l'impegno della minoranza cristiana nel Paese

Paolo Affatato - Città del Vaticano

“Le relazioni tra Afghanistan e Pakistan sono fondamentali per la sicurezza, l'economia, la stabilità politica e il futuro della regione. I due paesi hanno interessi comuni e la collaborazione bilaterale, anche nella lotta al terrorismo, porterebbe benefici a entrambi": secondo Mario Angelo Rodrigues, sacerdote e preside del prestigioso Istituto superiore cattolico St. Patrick a Karachi, città nel Sud del Pakistan, ridare la parola alla politica, al negoziato e al dialogo è una via che gioverebbe a entrambe le nazioni, negli ultimi mesi divise da scontri militari al confine che hanno configurato un conflitto “a bassa intensità”, mentre il pericolo di un’escalation bellica resta sempre dietro l'angolo.

La tregua non basta

Il Pakistan, che negli ultimi mesi ha subito attacchi terroristici nel suo territorio, ha risposto con bombardamenti aerei, accusando i talebani, che dal 2021 governano l'emirato dell'Afghanistan, di tollerare o di non fare abbastanza per fermare i militanti Tehrik-e-Taliban Pakistan (TTP) che si nascondono e utilizzano il territorio afghano per lanciare gli attacchi. Kabul nega ogni addebito, ma le relazioni si sono deteriorate e le persistenti tensioni hanno bloccato le relazioni bilaterali, mentre tutti i valichi di frontiera restano chiusi."Pakistan e Afghanistan hanno bisogno di qualcosa di più di una tregua, per riportare pace e stabilità", spiega Rodrigues, auspicando una “visione ad ampio raggio e sul lungo periodo”. “Sono paesi con affinità culturali, entrambi a maggioranza musulmana, che dovrebbero collaborare e allearsi nella lotta al nemico comune, il terrorismo, sviluppando rapporti politici e commerciali reciprocamente favorevoli”, rileva, mentre i rapporti restano invece segnati da tensione, rivendicazioni e accuse reciproche.

Le tensioni si ripercuotono sulle popolazioni

Nel frattempo, il confine è chiuso e gli scambi commerciali sospesi, causando notevoli difficoltà da entrambe le parti, soprattutto alle comunità di confine, strettamente dipendenti dal commercio locale, ma non solo a quelle, considerando che Afghanistan e Pakistan sono il principale partner commerciale l'uno dell'altro. Il fragile cessate il fuoco negoziato in Qatar il 19 ottobre è stato interrotto da episodiche violazioni ma tre round di colloqui tenutisi a Istanbul nel tentativo di rendere permanente la tregua non sono riusciti risolvere lo stallo diplomatico e non si registrano progressi sulle cause profonde dei combattimenti. Il sacerdote ricorda che “il terrorismo è un problema che affligge entrambi gli stati, Pakistan e Afghanistan” e che, dunque, "urge una reciproca intesa per sconfiggerlo insieme". E mentre nell'area di confine si registrano ancora tensioni e scontri a fuoco - nel distretto afghano di Spin Boldak cinque persone sono rimaste uccise e altrettante ferite nella prima settimana di dicembre - il preside dell’istituto St. Patrick nota: "Anche oggi, guardiamo con disappunto e con somma preoccupazione al conflitto che si perpetua al confine. Invitiamo i governanti, nelle due nazioni, a non perdere di vista il bene primario per il nostro popolo e per i popoli vicini: la pace".

Bisogna ristabilire la fiducia

Sul versante pakistano, racconta il sacerdote di Karachi, “la popolazione si sente tradita dagli afghani. In passato, infatti, per molti anni abbiamo dato rifugio e ospitalità a migliaia di persone che, dall'Afghanistan, hanno varcato il confine a causa di guerre e persecuzioni. Ora subiamo attacchi terroristici, e questo crea frustrazione e animosità perchè la gente pakistana considera gli afghani poco riconoscenti”. Nel paese esiste e procede il programma di rimpatrio di questi profughi, “e forse questa è la ragione per cui molti afghani, dal canto loro, esprimono forte disappunto e ostilità verso il governo del Pakistan, che li sta respingendo. Va detto che molti di loro sono ormai pienamente integrati e molti giovani o bambini sono nati in Pakistan”, ricorda. Il passo necessario oggi, nota il don Mario Rodrigues, è “ristabilire un clima di fiducia bilaterale e intraprendere una via di pace". A tal fine, auspica, "il governo pakistano dovrebbe consentire il soggiorno ai rifugiati afghani che vivono pacificamente e non hanno legami col terrorismo, nell'ottica di una società accogliente e pluralistica". Sull’altro versante, “il governo di Kabul dovrebbe collaborare pienamente nella lotta al terrorismo”, nota.

Il ruolo della minoranza cristiana

In questa situazione, i cristiani pakistani, piccola minoranza nella società, mentre vivono il tempo di Avvento e di avvicinamento al Natale, promuovono “percorsi di accoglienza e fraternità perchè nella nostra società e con le nazioni confinanti si possa vivere una autentica pace, un bene primario che invochiamo da Dio”, conclude.

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17 dicembre 2025, 13:13