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Gli abitanti del nord della Striscia, Jabalia Gli abitanti del nord della Striscia, Jabalia  (AFP or licensors)

Israele, nuovi raid dell'aviazione su Gaza e Rafah

La gioia dei bambini per le strade di Betlemme in attesa del Natale, nel racconto di padre Ibrahim Faltas. Ma il Medio Oriente continua ad essere diviso. Le dichiarazioni del ministro israeliano Katz sul futuro della Striscia hanno riacceso le tensioni, attirando la reazione di Hamas e ponendosi in contrasto con il piano Usa

Guglielmo Gallone, Jean-Charles Putzolu - Città del Vaticano

"Finalmente è tornato il sorriso su questi bambini": così padre Ibrahim Faltas racconta il Natale a Betlemme dopo due anni difficili segnati dalla guerra, dalla paura e quindi dall’assenza di festa,  di serenità. Oggi sembra tornare, a poco a poco, una gioia semplice, visibile sui volti dei più piccoli, che diventa il segno di una speranza più grande. "È una grande gioia celebrare di nuovo il Natale – ci racconta padre Ibrahim – e preghiamo che l’anno prossimo sia molto meglio di questo". In questo senso, "Betlemme non è una città come tutte le altre" perché "diventa un messaggio di pace per tutto il mondo": qui il Natale torna a unire cristiani e musulmani, mentre resta forte l’attesa di un ritorno dei turisti e dei pellegrini, considerato un aiuto concreto e una forma di solidarietà per un Medio Oriente ancora immerso nel conflitto.

Ascolta la testimonianza di padre Ibrahim Faltas

I bombardamenti nella "zona gialla"

Nelle ultime ore l’aviazione israeliana ha condotto una serie di bombardamenti mirati su diverse aree nella città di Rafah e nella zona est di Gaza City, concentrando l’azione nel quartiere di Tuffah, già colpito in modo intenso e continuativo fin dalle prime ore di mercoledì.La tipologia degli obiettivi non è stata resa nota, ma le zone interessate dai bombardamenti rientrano nella cosiddetta “zona gialla”, area che secondo le autorità israeliane è attualmente sotto il proprio controllo militare. I raid, descritti come prolungati, si sono inseriti in una più ampia attività aerea che ha interessato l’area orientale della città, mentre nel sud della Striscia unità corazzate israeliane hanno fatto ricorso all’artiglieria pesante, colpendo più punti della fascia di sicurezza compresa tra l’asse di Morag e la zona di Mawasi. Secondo quanto riferito dall’emittente Al Arabiya/Al Hadath, alle operazioni terrestri si è affiancato un intenso fuoco di mitragliatrici da parte dei carri armati, coordinato con l’intervento di unità navali israeliane avvicinatesi alla costa di Rafah e supportate dall’impiego di droni.

La minaccia del ministro Katz sul futuro di Gaza

Le operazioni militari si inseriscono in un contesto politico segnato dalle dichiarazioni del ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, che ha affermato l’intenzione di reinsediare il nord della Striscia di Gaza. «A Dio piacendo… costruiremo nel nord di Gaza», ha dichiarato, facendo riferimento all’impiego di unità della brigata Nahal Brigade, specializzata anche nella creazione di nuove comunità, per sostituire «gli insediamenti che furono smantellati» durante il disimpegno israeliano dal territorio palestinese nel 2005. Le affermazioni sono state pronunciate nel corso di una cerimonia nell’insediamento di Bet El, in Cisgiordania nello Stato di Palestina, per celebrare la prossima costruzione di oltre mille nuove unità abitative. Successivamente, l’ufficio del ministro ha precisato che le dichiarazioni erano state rilasciate «esclusivamente in un contesto di sicurezza» e che il governo israeliano «non ha alcuna intenzione di istituire insediamenti nella Striscia di Gaza», ribadendo inoltre il rifiuto di qualsiasi ipotesi di ritiro anche «di un solo millimetro» dalla Siria occupata. Immediata la replica di Hamas, che ha definito le parole di Katz una «palese violazione» dell’accordo di cessate il fuoco.

In attesa di nuovi colloqui fra Trump e Netanyahu

Le dichiarazioni di Katz appaiono peraltro in contrasto con l’impostazione del piano statunitense per il cessate il fuoco, che in uno dei suoi 20 punti prevede un progressivo ritiro israeliano da ampie porzioni del territorio e il rifiuto di nuove costruzioni di insediamenti nella Striscia. Proprio su Gaza dovrebbe concentrarsi l’incontro previsto lunedì in Florida tra il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, e il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Washington punta all’avvio della seconda fase dell’accordo di cessate il fuoco a Gaza, mediato nell’ottobre scorso tra Israele e Hamas.

Tra Libano e Siria

Non è escluso che i colloqui tra Usa e Israele si concentrino anche sugli altri fronti caldi del Medio Oriente, a partire da Libano e Siria. Sul fronte settentrionale, le Forze di difesa di Israele hanno riferito di aver condotto nelle ultime ore una serie di attacchi aerei nel sud del Libano, prendendo di mira diversi lanciatori e basi di lancio di razzi di Hezbollah. Secondo l’esercito israeliano, nei bombardamenti sono stati distrutti anche edifici e infrastrutture utilizzati dal gruppo, la cui presenza armata nell’area viene indicata come una «violazione dell’accordo di cessate il fuoco» entrato in vigore nel novembre 2024. Media libanesi hanno segnalato un’ondata di raid nei pressi di diverse località del Libano meridionale, tra cui le aree di Sidone e Nabatieh. Parallelamente, il presidente del Libano, Joseph Aoun, ha avuto un colloquio telefonico con il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, e con il re di Giordania, Abdullah II, con cui ha discusso della situazione regionale e del coordinamento tra i Paesi. A questi contatti si è affiancata la posizione espressa dal ministro degli Esteri libanese, Youssef Reggie, che ha escluso nel breve termine l’avvio di negoziati diretti con Israele, definendo «prematuro» parlare di pace e ribadendo che Beirut resta ufficialmente in stato di guerra. Tuttavia, Reggie ha dichiarato comunque la disponibilità del Libano a rapporti pacifici con tutti i Paesi a condizione del rispetto della propria sovranità. Altro fronte di tensione resta quello siriano. Il nord del Paese, in particolare la città Aleppo, è reduce dai violenti scontri di lunedì tra l’esercito governativo e le Forze Democratiche Siriane, che hanno causato la morte di almeno quattro civili e numerosi feriti. Sul piano diplomatico, i ministri degli Esteri e della Difesa siriani hanno incontrato oggi a Mosca il presidente russo, Vladimir Putin, avviando un confronto su cooperazione politica, militare ed economica. Il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, ha assicurato il «rispetto incondizionato» dell’integrità territoriale e della sovranità della Siria, mentre da parte di Damasco si è parlato di una «nuova fase» nelle relazioni con la Russia.

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24 dicembre 2025, 11:30