Israele, Netanyahu chiede la grazia a Herzog e scatena le polemiche dell'opposizione
Roberto Paglialonga - Città del Vaticano
Dopo Donald Trump, ora è lo stesso premier israeliano, Benjamin Netanyahu, a fare il passo e a chiedere al capo dello Stato di concedergli la grazia per i processi per corruzione in cui si trova imputato. In una lettera che accompagna la richiesta, avanzata dal suo avvocato, Netanyahu spiega di voler così "continuare a operare interamente per il bene di Israele, senza che il processo giudiziario in corso continui a dividere il popolo e a influenzare decisioni governative". L’ufficio del presidente ha parlato di "richiesta straordinaria con implicazioni significative" e ha assicurato che Herzog, sentiti "tutti i pareri pertinenti", deciderà "con responsabilità e sincerità".
I processi per corruzione a carico di Netanyahu
Sotto processo dal 2020 con accuse di corruzione, frode e abuso di potere, Netanyahu ha di nuovo rivendicato in un video la propria innocenza, sottolineando che il suo "interesse personale" sarebbe quello di "proseguire il processo fino alla piena assoluzione". Ma il procedimento in corso, che potrebbe durare ancora anni, "sta lacerando il Paese dall’interno", mentre Israele ha bisogno di "una riconciliazione nazionale di tutti i cittadini".
Dure proteste di Lapi e Gantz che chiedono a Herzog di negare la grazia
Il tentativo del premier ha subito scatenato le proteste dell’opposizione. Il leader centrista, Yair Lapid, si è rivolto al presidente, dichiarando che "non può concedere la grazia a Netanyahu senza un’ammissione di colpa, l’espressione di pentimento e il ritiro immediato dalla vita politica". Mentre Benny Gantz, a capo del partito Blu e Bianco, ha rincarato: "La richiesta del primo ministro è una bufala assoluta" per distogliere l’attenzione dalla legge che esenta gli ultraortodossi dal servizio di leva all’esame della Knesset. E decine di manifestanti sono andati a dimostrare davanti alla casa di Herzog, a Tel Aviv, per chiedere al presidente, che si recherà negli Usa la prossima settimana (ma non è previsto un incontro con Trump), di negare la grazia.
A Gaza 356 vittime dall'inizio della tregua
A Gaza intanto la tensione è sempre altissima. Per le autorità palestine sarebbero 356 le vittime dall’entrata in vigore della tregua. Nelle ultime ore due bambini di 8 e 10 anni sono stati uccisi da un drone nel sud della Striscia, mentre stavano raccogliendo legna per scaldarsi. L’Idf sostiene di aver "identificato due sospettati che oltre la Linea gialla".
In Cisgiordania 4 attivisti aggrediti e feriti dai coloni
Diverse le operazioni militari anche nello Stato di Palestina in Cisgiordania. Unità dell’Idf hanno fatto irruzione nella città vecchia di Nablus, nel nord. Mentre nelle zone settentrionali di Gerusalemme Est, hanno chiuso gli accessi alla cittadina di al-Ram e sparato colpi di arma da fuoco contro due civili. A est, nei pressi di Gerico, gruppi di coloni hanno aggredito attivisti stranieri nel villaggio di Ein al Diuk, area rurale ai margini della valle del Giordano. Gli aggressori, armati di fucili, si sarebbero infiltrati all’alba di domenica nella casa dove alloggiavano gli attivisti — tre italiani e un canadese — e qui li hanno colpiti e feriti a bastonate prima di derubarli. Una volontaria italiana ha raccontato come i coloni siano entrati all'alba di domenica con l'inganno, fingendosi palestinesi, nella casa dove risiedevano e hanno iniziato a picchiarli con violenza. L’attacco - ha aggiunto - è avvenuto "in Zona A, dove per legge, anche ai sensi degli accordi di Oslo, non dovrebbe esserci alcun tipo di presenza israeliana". Proteste del governo italiano, attraverso il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che si è rivolto a Netanyahu perché si ponga fine alle aggressioni dei coloni.
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