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L'incontro a Roma promosso dalla Comunità di Sant'Egidio L'incontro a Roma promosso dalla Comunità di Sant'Egidio

Pena di morte, Sant'Egidio: va riaffermata la cultura della vita

All'incontro annuale con i ministri della Giustizia di varie nazioni dal titolo “No Justice Without Life” ("Non c'è giustizia senza vita"), ospitato a Roma alla Camera dei deputati, il presidente della Comunità Marco Impagliazzo ha rilanciato l'appello a una moratoria internazionale delle esecuzioni capitali

Beatrice Guarrera - Roma

"Per esercitare la giustizia non c’è bisogno di strappare la vita di nessuno. La vera giustizia non toglie mai la vita, ma è sempre a favore della vita". Con queste parole Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha ribadito l’importanza di sensibilizzare contro la pena di morte in un momento storico in cui la violenza sembra diffondersi sempre di più. Un impegno portato avanti da decenni dalla Comunità di Sant’Egidio, promotrice del 15° Incontro internazionale dei ministri della Giustizia — dal titolo “No Justice Without Life” ("Non c'è giustizia senza vita") — svoltosi oggi, lunedì 1° dicembre a Roma, nella Nuova Aula del Palazzo dei Gruppi parlamentari della Camera dei deputati.   

La violenza tra i popoli e tra lo Stato e i cittadini

"Le guerre — ha detto Impagliazzo ai media vaticani, a margine dell’Incontro — possono far rientrare il tema della violenza nei rapporti non solo tra i popoli, ma anche tra lo Stato e le persone, come si vede anche in alcune situazioni. Penso alla Repubblica Democratica del Congo o qualche presa di posizione oggi in Israele di voler introdurre la pena di morte contro i terroristi". Per questo oggi insistere nella campagna per l’abolizione della pena di morte o per la moratoria a livello internazionale "è molto importante per riaffermare la cultura della vita come cultura centrale e per l’umanizzazione del mondo", ha spiegato il presidente della Comunità di Sant’Egidio. Se negli ultimi anni, sono stati fatti molti passi avanti in tutto il mondo nell’eliminazione della pena capitale, progressi significativi si sono visti in particolare per i Paesi africani. "Dunque noi speriamo e ci auguriamo — ha concluso Impagliazzo — che dopo l’Europa, primo continente senza pena di morte, il prossimo sarà l’Africa".

Ascolta l'intervista con Marco Impagliazzo

La testimonianza di un padre dal Giappone

Nel corso dell’evento a Roma si sono alternate voci autorevoli di politici da diversi angoli del globo. Significativa la testimonianza video giunta da Satoshi Mano, parlamentare giapponese, che ha raccontato la sua storia personale come genitore di un figlio ucciso a seguito di un incidente stradale, provocato da un uomo alla guida in stato di ebbrezza. "Attraverso questa esperienza — ha detto — ho compreso che è errato pensare che i familiari delle vittime desiderino necessariamente la pena di morte. Certo, può accadere di provare risentimento e di desiderare una punizione severa. Tuttavia, per quanto grave sia la pena inflitta, la vita di mio figlio non tornerà". "Ciò che i familiari delle vittime desiderano non è la morte dell’autore del reato — ha continuato Mano — Ciò che serve è sostegno, vicinanza, responsabilità pubblica e prevenzione". Il sistema della pena di morte, al contrario, non fa che alimentare rabbia e spirito di vendetta: "Anche per non rendere vana la vita di mio figlio, io sostengo l’abolizione della pena di morte", ha concluso.

Un simbolo di tutte le violazioni dei diritti umani

La pena capitale, ha spiegato ai media vaticani Mario Marazziti, coordinatore della campagna di Sant'Egidio, "è il simbolo di tutte le violazioni dei diritti umani e dell’assenza di speranza del mondo. Per questo far sparire la pena di morte dalla faccia del pianeta è un modo per aiutare tutto il pianeta a ritrovare una cultura di vita". Fondamentale in questo senso l’incontro dei ministri della Giustizia, che si ripete quest’anno per la quindicesima volta, che può portare a riflettere su piccoli e progressivi cambiamenti. "C’è un gradualismo che anche i Paesi che mantengono la pena di morte possono sposare", ha sottolineato Marazziti: per esempio si può "avviare una revisione del sistema penale e intanto dichiarare una moratoria di fatto" oppure "fare leggi a favore delle famiglie delle vittime". "Dobbiamo aiutare le nostre opinioni pubbliche — ha concluso il coordinatore della campagna di Sant’Egidio — a scegliere una cultura della vita". 

Ascolta l'intervista con Mario Marazziti

Da luogo di morte a messaggio di vita

Lo stesso messaggio è stato ribadito a Roma ieri, domenica 30 novembre, dalla Comunità di Sant'Egidio insieme a Amnesty International, giuristi e giovani di diversa provenienza. Mentre in tutto il mondo oltre duemila "Cities for Life" illuminavano i loro monumenti, il Colosseo si è acceso come un grande segno di speranza contro la pena di morte. "Il Colosseo è un simbolo di morte il più famoso del mondo e ormai da 25 anni con la Comunità di Sant'Egidio è diventato il testimonial vivente del fatto che dalla morte si può passare la vita", ha spiegato ancora Marazziti. Ileana Bello di Amnesty International, all'incontro di ieri, ha ricordato che nel 2024 le esecuzioni nel mondo hanno raggiunto il livello più alto degli ultimi dieci anni, con oltre 1.500 persone uccise in soli 15 Paesi. Nonostante ciò, sempre più Stati scelgono di non applicare più la pena capitale: un'inversione di tendenza che va protetta e sostenuta, perché dietro ogni numero c’è una vita, una famiglia, una storia spezzata.

L'illuminazione del Colosseo a Roma, 30 novembre. Foto: Comunità di Sant'Egidio
L'illuminazione del Colosseo a Roma, 30 novembre. Foto: Comunità di Sant'Egidio

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01 dicembre 2025, 14:54