Nell'esortazione apostolica "Dilexi te" si ricordano anche alcuni insegnamenti dei Pontefici sui poveri. Nell'esortazione apostolica "Dilexi te" si ricordano anche alcuni insegnamenti dei Pontefici sui poveri.

La “Dilexi te” letta con le parole e le voci dei Papi

È passata una settimana dalla pubblicazione della prima esortazione apostolica di Leone XIV, incentrata sull'amore verso i bisognosi. Su questa cura per gli ultimi, che ha segnato il cammino della Chiesa sin dagli albori, rileggiamo e riascoltiamo alcune riflessioni dei Pontefici nel Novecento e in questo primo scorcio del terzo millennio

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

“Nei poveri e nei sofferenti si rivela il cuore stesso di Cristo”. È il nucleo centrale dell’esortazione apostolica “Dilexi te” (“Ti ho amato”), pubblicata il 9 ottobre del 2025, nell’Anno Santo della speranza. Papa Leone XIV esorta i cristiani “a percepire il forte nesso che esiste tra l’amore di Cristo e la sua chiamata a farci vicini ai poveri”. Il Pontefice ricorda che Papa Francesco stava preparando, negli ultimi mesi della sua vita, un’esortazione apostolica sulla cura della Chiesa per i poveri e con i poveri. Il primo documento magisteriale di Leone XIV raccoglie questo progetto, questa eredità.

È un patrimonio, quello dell’amore preferenziale per i poveri, che si salda sin dalle origini con la storia del cristianesimo. “Fin dai primi secoli - si legge nell’esortazione apostolica - i Padri della Chiesa riconoscevano nei poveri una via privilegiata di accesso a Dio”. Per Sant’Agostino, “il povero non è solo una persona da aiutare, ma la presenza sacramentale del Signore”. Seguendo questo lungo solco, che si intreccia con i passi della Chiesa nel mondo, le opere di carità si intersecano ogni giorno con una miniera di insegnamenti sui poveri. Volgendo in particolare lo sguardo al ventesimo secolo e a questo nostro tempo, le parole dei Pontefici sui poveri si mescolano con sfide, insidie, speranze. In questa pagina sono riportate alcune di queste riflessioni, tutte unite dallo stesso sguardo. Tutte legate allo stesso amore che conduce fino al primo apostolo Pietro, fino a Gesù.

Leone XIII: ricchezze in poche mani e povertà estesa

Il XX secolo è segnato da profonde trasformazioni, già in parte delineate dai radicali cambiamenti avviati nei decenni precedenti. Leone XIII, con l’enciclica Rerum Novarum del 1891, affronta la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale. Papa Pecci si sofferma sulle condizioni di crescente disagio, in particolare, delle classi lavoratrici. In questo disomogeneo tessuto sociale, osserva il Pontefice, si accumula “la ricchezza in poche mani” ed è “largamente estesa la povertà”. “Ai poveri - scrive Leone XIII - la Chiesa insegna che innanzi a Dio non è cosa che rechi vergogna né la povertà né il dover vivere di lavoro”.

Pio XII e la voce dei poveri

L’espansione della povertà, nel Novecento, è resa ancora più drammatica dallo scoppio dei conflitti mondiali. Mentre il mondo è dilaniato dalla guerra, Papa Pio XII indica una direttrice. Nel radiomessaggio ai popoli del mondo intero, il 24 dicembre del 1943, invita a volgere lo sguardo verso Gesù Bambino. Agli uomini e alle donne, in quel tempo scossi dalla tragedia del secondo conflitto mondiale, il Pontefice ricorda che Gesù “non ha rifiutato di venire in mezzo alla povertà”.

Pio XII: Gesù preferì la stalla di Betlemme

Egli che già preferì Betlemme a Gerusalemme, la stalla e il presepe al grandioso tempio del Padre suo. Povertà e miseria sono amare, ma diventano dolci se si conserva in sé Iddio, il Figlio di Dio, Gesù Cristo, e la sua grazia e verità. Egli rimane con voi, finché nel vostro cuore vivono la vostra fede, la vostra speranza, il vostro amore, la vostra obbedienza e devozione.

Un povero dorme per strada.
Un povero dorme per strada.

Giovanni XXIII e la Chiesa dei poveri

Nella cornice del Novecento si agitano non solo le forze devastatrici della guerra ma anche lo spetto della disoccupazione, l’aumento delle disuguaglianze. Avanzano poi processi di disintegrazione della famiglia. Lo ricorda Papa Giovanni XXIII nella lettera enciclica Mater et Magistra indicando in particolare una responsabilità: “il dovere di non restare indifferenti di fronte alle comunità politiche i cui membri si dibattono nelle difficoltà dell’indigenza, della miseria e della fame”. Nel radiomessaggio ad un mese dal Concilio ecumenico Vaticano II Papa Roncalli ricorda la missione della Chiesa al servizio dei più bisognosi.

Giovanni XXIII: la Chiesa è di tutti, in particolare dei poveri

In faccia ai paesi sottosviluppati la Chiesa si presenta quale è, e vuol essere, come la Chiesa di tutti, e particolarmente la Chiesa dei poveri. Ogni offesa e violazione del quinto e del sesto precetto del Decalogo santo: il passar sopra agli impegni che conseguono dal settimo precetto: le miserie della vita sociale che gridano vendetta al cospetto di Dio: tutto deve essere chiaramente richiamato e deplorato. Dovere di ogni uomo, dovere impellente del cristiano è di considerare il superfluo con la misura delle necessità altrui, e di ben vigilare perché l'amministrazione e la distribuzione dei beni creati venga posta a vantaggio di tutti.

Paolo VI, il Concilio e lo sguardo della Chiesa

Il Concilio Ecumenico Vaticano II – si legge nell’esortazione apostolica Dilexi te – rappresenta “una tappa fondamentale nel discernimento ecclesiale riguardo ai poveri, alla luce della Rivelazione”. “La Chiesa - sottolinea Papa Paolo VI nell’allocuzione in latino all’inizio della seconda sessione del Concilio - volge gli occhi della sua mente ad alcune categorie di persone”.

Paolo VI: la Chiesa guarda ai poveri, agli afflitti

Da questo Concilio, donde lo sguardo si apre su tutto il mondo, la Chiesa volge gli occhi della sua mente ad alcune categorie di persone. Guarda cioè ai poveri, ai bisognosi, agli afflitti, a quelli che sono oppressi dalla fame e dal dolore, che sono tenuti in catene: si rivolge dunque in particolare a quella parte dell’umanità che soffre e piange, perché sa che queste persone le appartengono per diritto evangelico, ed è felice di ripetere le medesime parole del Signore: "Venite a me, voi tutti" (Mt 11,28).

"I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell'opulenza". (Populorum Progressio).
"I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell'opulenza". (Populorum Progressio).

Giovanni Paolo II e la povertà “evangelica”

“Il povero è rappresentante di Cristo”. Queste parole pronunciate da Paolo VI all’udienza generale dell’11 novembre 1964 trovano ampia eco negli insegnamenti di Giovanni Paolo II che spesso, durante il suo Pontificato, ricorda il rapporto preferenziale della Chiesa con i poveri. A questo tema Papa Wojtyła dedica l’udienza generale del 27 ottobre 1999. Il Pontefice polacco ricorda che tanti discepoli di Gesù, lungo la storia, hanno ricercato “la povertà fino al punto di vendere i propri beni e darli in elemosina”. “La povertà “evangelica – sottolinea Papa Wojtyła - implica sempre un grande amore per i più poveri di questo mondo”. La povertà, aggiunge, è anche una sfida.

Giovanni Paolo II: i poveri sono una sfida per i Paesi benestanti

Qui non posso non far notare, ancora una volta, che i poveri costituiscono la sfida odierna, soprattutto per i popoli benestanti del nostro pianeta, dove milioni di persone vivono in condizioni disumane e molti muoiono letteralmente di fame. Annunciare Dio Padre a questi fratelli non è possibile senza l’impegno a collaborare in nome di Cristo per la costruzione di una società più giusta.

Benedetto e l’amore di Dio per i poveri

Sono molteplici le crisi che hanno contraddistinto l’inizio del terzo millennio, colpendo in particolare i più fragili, i poveri. È necessario, scrive Papa Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate - “un assetto di istituzioni economiche in grado sia di garantire un accesso al cibo e all’acqua regolare e adeguato dal punto di vista nutrizionale, sia di fronteggiare le necessità connesse con i bisogni primari e con le emergenze di vere e proprie crisi alimentari, provocate da cause naturali o dall’irresponsabilità politica nazionale e internazionale”. Il Pontefice tedesco esorta a seguire i passi di Dio, quelli del Padre che ama i poveri. È quanto sottolinea all’Angelus del 26 settembre 2010 dedicato, in particolare, alla parabola dell’uomo ricco e del povero Lazzaro.

Benedetto XVI: Dio ama i poveri

“Beati voi poveri – aveva proclamato il Signore ai suoi discepoli – perché vostro è il regno di Dio” (Lc 6,20). Ma il messaggio della parabola va oltre: ricorda che, mentre siamo in questo mondo, dobbiamo ascoltare il Signore che ci parla mediante le sacre Scritture e vivere secondo la sua volontà, altrimenti, dopo la morte, sarà troppo tardi per ravvedersi. Dunque, questa parabola ci dice due cose: la prima è che Dio ama i poveri e li solleva dalla loro umiliazione; la seconda è che il nostro destino eterno è condizionato dal nostro atteggiamento, sta a noi seguire la strada che Dio ci ha mostrato per giungere alla vita, e questa strada è l’amore, non inteso come sentimento, ma come servizio agli altri, nella carità di Cristo.

 L'indifferenza è uno dei mali che spesso colpisce i poveri.
L'indifferenza è uno dei mali che spesso colpisce i poveri.

Francesco: non dimentichiamoci dei poveri

Nell’esortazione apostolica Dilexi te riecheggiano, soprattutto, le parole e il Pontificato di Francesco, scandito anche da una esortazione: quella di tenere gli occhi aperti sulle sofferenze del mondo, sulle infelicità dei poveri, sul popolo degli “scartati”. Nella Messa per la Giornata mondiale dei poveri, il 17 novembre del 2024, il Pontefice argentino pone una domanda rivolta al cuore di ogni uomo: 

Francesco: tutti possiamo fare qualcosa

Io sento la stessa compassione del Signore davanti ai poveri, davanti a coloro che non hanno lavoro, che non hanno da mangiare, che sono emarginati dalla società? E non dobbiamo guardare solo ai grandi problemi della povertà mondiale, ma al poco che tutti possiamo fare ogni giorno con i nostri stili di vita, con l’attenzione e la cura per l’ambiente in cui viviamo, con la ricerca tenace della giustizia, con la condivisione dei nostri beni con chi è più povero, con l’impegno sociale e politico per migliorare la realtà che ci circonda. Potrà sembraci poco cosa, ma il nostro poco sarà come le prime foglie che spuntano sull’albero di fico, il nostro poco sarà un anticipo dell’estate ormai vicina.

Leone XIV: i poveri gioiranno se agiremo come pellegrini

L’amore preferenziale della Chiesa per i poveri è una strada che il popolo di Dio è chiamato a percorrere insieme. Leone XIV indica questa strada ai cristiani nella veglia di Pentecoste il 7 giugno 2025. Si deve camminare insieme. "Non più ognuno per sé, ma armonizzando i nostri passi ai passi altrui. Non consumando il mondo con voracità, ma coltivandolo e custodendolo".

Leone XIV: non predatori ma pellegrini

Dio non è solitudine. Dio è “con” in sé stesso – Padre, Figlio e Spirito Santo – ed è Dio con noi. Allo stesso tempo, sinodalità ci ricorda la strada – odós – perché dove c’è lo Spirito c’è movimento, c’è cammino. Siamo un popolo in cammino. Questa coscienza non ci allontana ma ci immerge nell’umanità, come il lievito nella pasta, che la fa tutta fermentare. L’anno di grazia del Signore, di cui è espressione il Giubileo, ha in sé questo fermento. In un mondo lacerato e senza pace lo Spirito Santo ci educa infatti a camminare insieme. La terra riposerà, la giustizia si affermerà, i poveri gioiranno, la pace tornerà se non ci muoveremo più come predatori, ma come pellegrini.

L’esortazione apostolica Dilexi te, pubblicata il 9 ottobre, è stata firmata da Leone XIV nel giorno della festa di San Francesco. Proprio la figura del Poverello di Assisi non cessa di essere una fonte di ispirazione. La sua testimonianza, anche oggi, insegna ad amare Dio e, in particolare gli ultimi, senza barriere e remore. Questo amore “è profetico, compie miracoli, non ha limiti: è per l’impossibile”. “L’amore cristiano – si legge nell’esortazione apostolica - supera ogni barriera, avvicina i lontani, accomuna gli estranei, rende familiari i nemici, valica abissi umanamente insuperabili, entra nelle pieghe più nascoste della società”. Con questo amore preferenziale le parole di Gesù, “Io ti ho amato”, toccano realmente la carne sofferente dei poveri. Sono loro, gli afflitti, gli ultimi la via delle Beatitudini.

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16 ottobre 2025, 09:00