Il Papa al patriarca assiro Mar Awa III: il dialogo acceleri la celebrazione allo stesso altare
Antonella Palermo - Città del Vaticano
Il tema dell'unità tra le Chiese, così caro a Papa Leone XIV, trova oggi un rilancio attraverso il rinnovo di una consuetudine, "bella", degli ultimi anni, dice il Pontefice stamani, 27 ottobre, a sua santità Mar Awa III, Catholicos Patriarca della Chiesa assira d’Oriente, ricevuto in udienza insieme ai membri della Commissione congiunta per il Dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa assira d’Oriente. Tornano in Vaticano dopo l'ultima visita l'anno scorso, in occasione del trentesimo anniversario del dialogo ufficiale tra le Chiese. Non dimenticando la condizione dei cristiani in Medio Oriente, e guardando ai 1700 anni dal Concilio di Nicea, il Pontefice auspica nel suo discorso di sviluppare un modello di piena comunione che comporti non "assorbimento o dominio", ma che promuova lo scambio di doni dello Spirito.
L'incontro fraterno e il dialogo teologico sono via per l'unità
Riferendosi alle visite congiunte tra i rappresentanti delle rispettive realtà, il Pontefice dice che è un segno di quanto "l'incontro fraterno e il dialogo teologico sono elementi reciprocamente costitutivi sul cammino verso l’unità". Rallegrato per i progressi compiuti recentemente nel dialogo ufficiale - che valuta come "significativi" -, il Vescovo di Roma sottolinea che sono il frutto di un'aderenza fedele al mandato e alla metodologia stabiliti dai predecessori. E precisa:
Il “dialogo di verità” è un’espressione dell’amore che già unisce le nostre Chiese, mentre il “dialogo di carità” deve essere compreso anche teologicamente.
Sviluppare insieme un modello di piena comunione
Il Papa esprime il suo grazie sincero ai teologi della Commissione congiunta, per aver contribuito in maniera preziosa e determinante per arrivare ad accordi dottrinali e pastorali. Cita esplicitamente il consenso sulla "fede cristologica" con cui si è risolta "una controversia che durava da 1500 anni". Così, osserva, "il nostro dialogo è progredito con il reciproco riconoscimento di sacramenti, permettendo una certa communicatio in sacris tra le nostre Chiese". In attesa dei passi futuri ispirati dall'enciclica di Giovanni Paolo II Ut Unum Sint, Leone chiarisce la sfida principale del momento presente:
[...] sta nello sviluppare congiuntamente un modello di piena comunione, ispirata dal primo millennio, rispondendo al tempo stesso con attenzione alle sfide del presente. Come hanno ripetutamente sottolineato i miei predecessori, un tale modello non deve comportare assorbimento o dominazione; piuttosto deve promuovere lo scambio di doni tra le nostre Chiese, ricevuti dallo Spirito Santo per l’edificazione del Corpo di Cristo.
Praticare la sinodalità per arrivare a celebrare allo stesso altare
Il discorso del Papa procede con un riferimento all'aspetto della sinodalità che, afferma, è "una via promettente per andare avanti", essendo intimamente legato al tema ecumenico. Nello spirito del Sinodo sulla sinodalità, la speranza di Leone è che il 1700mo anniversario del Concilio di Nicea - siamo a un mese dal primo viaggio internazionale del Pontefice, che lo porterà proprio in Turchia per celebrare questa ricorrenza - porti a “mettere in pratica forme di sinodalità tra i Cristiani di tutte le tradizioni” e ispiri nuove pratiche sinodali ecumeniche. Il Successore di Pietro invita a chiedere l'intercessione di tutti i santi, in particolare di Isacco di Ninine, aggiunto nel Martirologio Romano lo scorso anno, e riserva la chiosa finale, prima della recita insieme del Padre Nostro, ai cristiani in Medio Oriente:
possano dare sempre una testimonianza fedele del Cristo risorto e possa il nostro dialogo accelerare l’arrivo del giorno benedetto in cui celebreremo insieme allo stesso altare, partecipando allo stesso Corpo e Sangue del nostro Salvatore, “perché il mondo creda”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui
