Il Papa firma un documento sull'educazione "Disegnare nuove mappe di speranza"
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Sotto lo sguardo di Maria Sede della Sapienza, raffigurata dall’antica statua a fianco dell’Altare della Confessione della Basilica di San Pietro, Papa Leone XIV, prima della Messa con gli studenti delle Università pontificie, nel pomeriggio di oggi, 27 ottobre, firma la lettera apostolica Disegnare nuove mappe di speranza, a 60 anni dalla dichiarazione conciliare Gravissimum educationis di san Paolo VI, che sarà pubblicata domani, anniversario del documento del Concilio Vaticano II. Accanto al Papa, il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione.
LEGGI QUI IL TESTO DELL'OMELIA DI PAPA LEONE XIV
Lo studio vi renda capaci di uno sguardo nuovo, d’insieme
Poco dopo, nell’omelia della celebrazione, che apre il Giubileo del mondo educativo, il Pontefice chiede al Signore che l’esperienza dello studio e della ricerca universitaria possa rendere gli studenti capaci di uno sguardo nuovo, d'insieme e più grande, li aiuti “a saper dire, raccontare, approfondire e annunciare le ragioni della speranza che è in noi”, e li formi “a essere donne e uomini mai curvi su voi stessi ma sempre in piedi”, capaci di portare ovunque “la gioia e la consolazione del Vangelo”. E alle Università ricorda che educare è un vero e proprio atto d'amore e che "sfamare la fame di verità e di senso è un compito necessario, perché senza verità e significati autentici si può entrare nel vuoto e si può perfino morire".
Vedere nel Giubileo una ripartenza per la vostra vita
Il Papa sottolinea che in questi mesi, celebrando il Giubileo, la Chiesa sperimenta il suo “essere in cammino”, ricordando a sé stessa di avere costantemente bisogno di convertirsi. E spera che anche ogni studente veda nell’Anno Santo un’occasione “attraverso cui la vostra vita possa ripartire”. Si rivolge così a chi fa parte delle istituzioni universitarie e si impegna nello studio, nell’insegnamento e nella ricerca:
Quale grazia può toccare la vita di uno studente, di un ricercatore, di uno studioso? Mi piacerebbe rispondere così a questo interrogativo: la grazia di uno sguardo d’insieme, uno sguardo capace di cogliere l’orizzonte, di andare oltre.
La donna curva, che non guarda oltre sé stessa
Leone XIV guarda poi all’episodio protagonista del Vangelo di oggi, la guarigione della donna curva da parte di Gesù: è ripiegata su sé stessa, commenta, “perciò le è impossibile guardare oltre”. Una condizione simile all’ignoranza, “che spesso è legata alla chiusura e alla mancanza di inquietudine spirituale e intellettuale”.
Quando l’essere umano è incapace di vedere aldilà di sé, della propria esperienza, delle proprie idee e convinzioni, dei propri schemi, allora rimane imprigionato, rimane schiavo, incapace di maturare un giudizio proprio.
Gesù è la verità capace di cambiare la vita
L’esperienza di grazia, “che guarisce i nostri ripiegamenti”, per il Pontefice, è nell’accoglienza delle cose fondamentali della vita “dai maestri, dagli incontri, dalle esperienze di vita”. Si tratta di una vera e propria guarigione, che ci permette di guardare alle cose e alla vita “con un orizzonte più grande”.
Questa donna guarita ottiene la speranza, perché può finalmente alzare lo sguardo e vedere qualcosa di diverso, vedere in modo nuovo. Questo succede in particolare quando incontriamo Cristo nella nostra vita: ci apriamo a una verità capace di cambiare la vita, di distrarci da noi stessi, di farci uscire dai ripiegamenti.
La grazia di uno sguardo che sconfigge l’atrofia spirituale
Chi studia, prosegue Papa Leone, “allarga i propri orizzonti” ed è capace “di guardare in alto: verso Dio, verso gli altri, verso il mistero della vita”. Questa è la grazia “dello studente, del ricercatore, dello studioso”: uno sguardo ampio…
Che sa andare lontano, che non semplifica le questioni, che non teme le domande, che vince la pigrizia intellettuale e, così, sconfigge anche l’atrofia spirituale.
La Chiesa ha bisogno di questo sguardo unitario
Di questo sguardo, chiarisce il Papa, ha bisogna la spiritualità, aiutato dallo studio di teologia e filosofia, perché oggi, purtroppo, “siamo diventati esperti di dettagli infinitesimali di realtà, ma siamo incapaci di avere di nuovo una visione d’insieme”.
L’esperienza cristiana, invece, ci vuole insegnare a guardare la vita e la realtà con uno sguardo unitario, capace di abbracciare tutto rifiutando ogni logica parziale. Vi esorto allora – lo dico a voi studenti e a tutti coloro che si impegnano nella ricerca e nell’insegnamento – a non dimenticare che di questo sguardo unitario ha bisogno la Chiesa di oggi e di domani.
Il lavoro intellettuale non sia separato dalla vita
Sull’esempio di Agostino, Tommaso, Teresa D’Avila, Edith Stein e molti altri, “che hanno saputo integrare la ricerca nella loro vita e nel cammino spirituale”, per Leone XIV siamo chiamati a “portare avanti il lavoro intellettuale e la ricerca della verità senza separarli dalla vita”.
È importante coltivare questa unità, perché quanto accade nelle aule dell’università e negli ambienti educativi di ogni ordine e grado non rimanga un astratto esercizio intellettuale, ma diventi una realtà capace di trasformare la vita, di farci approfondire la nostra relazione con Cristo, di farci comprendere meglio il mistero della Chiesa, di renderci testimoni audaci del Vangelo nella società.
Il compito educativo di sfamare la fame di verità e di senso
Il Pontefice esorta quindi le Università ad abbracciare la chiamata al “compito educativo”, perché chi educa aiuta l’altro, come Gesù con la donna curva, ad “essere sé stesso e a maturare una coscienza e un pensiero critico autonomi”. Si tratta di un vero atto d’amore.
Sfamare la fame di verità e di senso è un compito necessario, perché senza verità e significati autentici si può entrare nel vuoto e si può perfino morire.
Scoprire che Dio ha un progetto d’amore per noi
Il dono più grande che ciascuno può ritrovare in questo cammino, conclude Papa Leone, è “sapere di non essere soli e di appartenere a qualcuno”, essere figli di Dio, come ricorda san Paolo ai romani.
Ciò che riceviamo mentre cerchiamo la verità e ci impegniamo nello studio, dunque, ci aiuta a scoprire che non siamo creature gettate per caso nel mondo, ma apparteniamo a qualcuno che ci ama e che ha un progetto d’amore sulla nostra vita.
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