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Leone XIV: i popoli originari, voce insostituibile all'interno della Chiesa

In un messaggio alle Reti dei Popoli Originari e alla Rete dei Teologi della Teologia Indigena in occasione del Giubileo, il Papa sottolinea che l’Anno Santo è tempo prezioso per “perdonare di cuore i nostri fratelli”, “riconciliarci con la nostra storia” e “rendere grazie a Dio per la sua misericordia verso di noi”: nel dialogo e nell’incontro valorizziamo ciò che è proprio di ogni cultura, scoprendo “la vita abbondante che Cristo offre a tutti i popoli”

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Siamo un popolo di fratelli e sorelle, uno nell'Uno - come diceva Sant’Agostino commentando il Salmo 127 - grazie alla fede, che in questo anno giubilare ci fa varcare la Porta Santa con il desiderio di andare alla fonte “dell’amore divino, il costato aperto del Crocifisso”. Ed “è a partire da questa Verità che dobbiamo rileggere la nostra storia e la nostra realtà, per affrontare il futuro con la speranza alla quale ci invita l'Anno Santo, nonostante “fatiche e tribolazioni”. Con questo incoraggiamento Leone XIV si rivolge, in un messaggio, alle Reti dei Popoli Originari e alla Rete dei Teologi della Teologia Indigena in occasione del Giubileo, “momento di incontro vivo e personale con il Signore Gesù, 'porta' di salvezza”, scrive il Pontefice citando la bolla di indizione Spes non confundit di Papa Francesco, “un'occasione di riconciliazione, di memoria grata e di speranza condivisa”.

I popoli originari voce insostituibile nella comunione ecclesiale

Leone osserva che nel pensare i momenti giubilari, “Papa Francesco ha voluto mettere in risalto l'universalità della Chiesa, che si manifesta in tante vocazioni, età e situazioni di vita”, includendo “famiglie, bambini, adolescenti, giovani, anziani, ministri ordinati e laici”, e che “non uniforma, bensì accoglie, dialoga e si arricchisce con la diversità dei popoli” e perciò include “i popoli originari, la cui storia, spiritualità e speranza costituiscono una voce insostituibile all'interno della comunione ecclesiale”. E spiegando che “Uno solo è l’origine e la meta dell’universo, il Primo in tutto; origine di ogni bontà, e per questo, fonte primaria di tutto ciò che è buono, anche nei nostri popoli”, il Pontefice ricorda che Dio “ci ha scelti in Cristo prima della creazione del mondo per essere suoi figli”, “tutti”, tuttavia “la lunga storia di evangelizzazione che hanno conosciuto” i “popoli originari, come hanno indicato tante volte i vescovi dell’America Latina e dei Caraibi, è piena di ‘luci e ombre’”.

Riconciliarsi per essere un popolo solo

Prendendo in prestito le parole di Sant’Agostino, che nella Lettera 105 esortava tutti ad avere “la medesima convinzione” e ad “eliminare gli scismi tra noi”, il Papa sottolinea che “il Giubileo, tempo prezioso per il perdono” invita “‘a perdonare di cuore i nostri fratelli, a riconciliarci con la nostra storia e a rendere grazie a Dio per la sua misericordia verso di noi”, e allora è “riconoscendo sia le luci sia le ferite del nostro passato” che si può comprendere “che potremo essere popolo soltanto se ci abbandoneremo veramente al potere di Dio, alla sua azione in noi”. Leone fa notare poi che “nel dialogo e nell’incontro, impariamo dai diversi modi di vedere il mondo, valorizziamo ciò che è proprio e originario di ogni cultura” e in tal modo, “insieme” si può scoprire “la vita abbondante che Cristo offre a tutti i popoli”. 

Diffondere la gioia dell’incontro con Cristo

Infine, come più volte ha fatto Papa Francesco, Leone incoraggia “la parresia quell’audacia evangelica, quell’uscire da sé stessi per annunciare il Vangelo senza paura e con libertà di cuore”, sollecitando i popoli originari a “presentare con coraggio e libertà la propria ricchezza umana, culturale e cristiana”. “La Chiesa ascolta e si arricchisce con le loro voci singolari” dice il Pontefice, che rammenta “la chiamata del Vangelo a evitare la tentazione di porre al centro ciò che non è Dio - il potere, il dominio, la tecnologia e qualsiasi atra realtà creata - affinché il nostro cuore rimanga sempre orientato all’unico Signore, fonte di vita e di speranza”. Per i cristiani ogni “discernimento storico, sociale, psicologico o metodologico trova il suo senso ultimo nel mandato supremo di far conoscere Gesù Cristo”, conclude Leone, che chiede di impegnarsi per questo “diffondendo la gioia che nasce dall’avere incontrato il suo Divino Cuore”.

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16 ottobre 2025, 12:19