Il Papa verso la Türkiye: “Un viaggio nel segno dell'unità. Promuoviamo la pace”
Salvatore Cernuzio – Inviato in Turchia (Türkiye)
«Agli americani qui, buon Thanksgiving! È un bellissimo giorno per celebrarlo e voglio iniziare dicendo grazie ad ognuno di voi per il servizio che offrite al Vaticano, alla Santa Sede e alla mia persona, ma anche a tutto il mondo». Papa Leone sorride mentre parla al microfono, in inglese, con gli 81 giornalisti, cameramen e fotografi di circa venti testate internazionali che lo accompagnano nel suo primo viaggio apostolico. È in piedi davanti alla tendina grigia dell’Airbus 320neo di Ita Airways – decollato alle 7.58 – da cui si intravede al primo posto la Madre del Buon Consiglio, la cui icona è custodita nel comune laziale di Genazzano, dove il neoeletto Robert Francis Prevost si recò due giorni dopo la fine del Conclave.
Il tono è sicuro ma dal viso traspare una punta di emozione. Per lui, che da priore generale degli agostiniani ha compiuto oltre 50 viaggi in giro per il mondo, è una prima volta. La prima volta in Turchia (Türkiye) e in Libano; la prima volta che “da Papa” vola oltre la penisola italiana. La direzione è Ankara, poi in serata Istanbul e domani tappa a Iznik per celebrare con patriarchi e rappresentanti delle Chiese cristiane i 1700 anni del Concilio di Nicea. Dal 30 novembre, andrà in Libano a dare conforto a una popolazione ferita da guerre e crisi e implorare una pace quanto mai urgente in Medio Oriente.
Pace, un messaggio per il mondo
«Pace». Il Papa lo ripete più volte nel saluto ai giornalisti, venti minuti dopo il decollo. «Questo viaggio in Turchia e Libano ha, prima di tutto, un significato di unità, celebrando i 1700 anni del Concilio di Nicea. E io ho desiderato tanto questo viaggio per quello che significa per tutti i cristiani, ma è anche un grande messaggio nel mondo intero. E soprattutto, la presenza mia, della Chiesa, dei credenti sia in Turchia sia in Libano, speriamo possa annunciare, trasmettere, proclamare quanto è importante la pace in tutto il mondo». Un viaggio che è dunque un messaggio, oltre che un invito «a unirsi insieme per cercare sempre di più l’unità, sempre di più l’armonia e guardare al modo in cui tutti gli uomini e tutte le donne possono realmente essere fratelli e sorelle». Perché, rimarca il Pontefice, «al di là delle differenze, al di là delle differenti religioni, dei differenti credi, siamo tutti fratelli e sorelle e speriamo di promuovere pace e unità in tutto il mondo».
Il cuore latino-americano del Papa
«Grazie per essere qui», scandisce ancora Leone, «grazie per il servizio che farete in questi giorni e per essere parte di questo momento storico». «Grazie» insieme a «benvenuto», lo ha detto poco prima al Papa Valentina Alazraki, giornalista messicana, decana di tutti i vaticanisti con all’attivo 163 viaggi papali, sin dal primo nel 1979 in Messico con Giovanni Paolo II. «Al suo predecessore Francesco, che a Buenos Aires sembrava non amare i giornalisti, ho detto al primo viaggio: "Benvenuto nella gabbia dei leoni! Ora il leone è lei! Quindi benvenuto!». Al Pontefice la giornalista ha regalato un’icona in stile bizantino della Vergine di Guadalupe: «Per un Papa del Nord America ma dal cuore latino-americano».
Foto, torte del Thanksgiving e omaggi dei White Sox
Da lì, il giro di saluti sedile per sedile. Tradizione inaugurata dal predecessore Francesco e divenuta momento di battute, dichiarazioni e commenti fugaci, selfie, foto, richieste di benedizioni per sé o per amici e familiari. E soprattutto momento di scambio di regali. Anche con Papa Leone accade lo stesso. Tanti i doni consegnati dai cronisti. Il primo è un doppio collage delle foto più significative dei documentari León de Perú e Leo from Chicago, realizzati nei mesi scorsi da Radio Vaticana – Vatican News. In uno dei due anche la foto, divenuta virale sui social, del giovanissimo Prevost vestito negli anni ’80 da Blues Brothers, in occasione dell’uscita del film cult di John Landis girato proprio a Chicago. Il Papa la indica e si lansia andare ad una sonora risata: «Ah, bello!». Nelle sue mani anche una medaglia di Sant’Agostino - proveniente questa volta da Dolton, luogo della sua infanzia - perché lo protegga durante il viaggio.
Torte e ancora torte sono state poi offerte al Papa, in primis la pumpkin pie, il dolce alla zucca pietanza tipica del Thanskgiving. Ad omaggiare il primo Papa statunitense della storia anche due gadget firmati White Sox, la squadra di baseball preferita dal “ragazzo” del South side divenuto Pontefice della Chiesa universale: una mazza, cimelio di famiglia, appartenente al noto giocatore degli anni ’50, Nellie Fox («Come ha passato la sicurezza?», scherza Leone), e un paio di ciabatte e calzini neri con il logo bianco del team sportivo. «Le può usare a Castel Gandolfo!», dice la fotografa Lola Goméz. Leone XIV mostra divertito il regalo, conservato in una scatola azzurra.
Il pensiero ad Ignacio
Cambia espressione, invece, quando la corrispondente di Radio Cope, Eva Fernández, gli porge la lettera di Ignacio Gonzálvez, l’adolescente spagnolo ricoverato dalla scorsa estate - nel pieno del Giubileo dei Giovani - al Bambino Gesù per un grave linfoma che lo stava per portare alla morte. Una storia che ha fatto il giro del mondo dopo che il Papa aveva chiesto preghiere per il ragazzo dal palco di Tor Vergata, recandosi, poi, egli stesso nel reparto di terapia intensiva del Bambino Gesù per abbracciare i genitori Pedro Pablo e Carmen Gloria, il fratello Pedro Pablo jr e la sorella Adela. Leone XIV fa intuire di essere aggiornato sulle condizioni di Ignacio, ancora degente nel nosocomio vaticano e che lì ‘festeggerà’ martedì il suo compleanno.
Ancora Eva Fernández - nota per i doni sempre curiosi ai Papi - regala a Leone XIV lo stemma araldico dei suoi antenati spagnoli. Una ricerca condotta dal Centro de Estudios Montañeses ha confermato, infatti, che gli antenati per linea materna del Pontefice provengono dalla località cantabrica di Isla, nel comune di Arnuero. Più specificatamente si tratta di quattro dei suoi trisavoli di undicesima generazione, hidalgos a Isla, nel XVI secolo. Il Papa prende lo stemma con un campo d’argento, un peperone verde e un’aragosta rossa (caratteristici della Isla), il simbolo della corona reale spagnola. È un regalo, sì, ma soprattutto un “pretesto” per domandare: «Santo Padre, quando visiterà la Spagna?». «Vediamo!».
Il desiderio di andare in Algeria
A una giornalista di origine algerina, ha confidato invece: «Spero di andare in Algeria». Molto apprezzata anche la pergamena realizzata dalla Chiesa greco-cattolica ucraina di Kharkiv in ringraziamento per gli aiuti inviati alla gente al fronte. Infine, nelle mani del Papa i rappresentanti della stampa italiana hanno dato una lettera in cui spiegano le ragioni per cui domani, 28 novembre, aderiranno a uno sciopero. E cioè il mancato rinnovo del contratto giornalistico, scaduto nel 2016, a fronte anche dei diversi tagli e dei pericoli dell’Intelligenza Artificiale per questa professione.
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