Il Papa: il dialogo di carità ripristini l'unità nella Chiesa, senza assorbire né dominare
Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano
Attingere alle origini per ridestare l’unità della Chiesa. Non assorbirsi né dominarsi, ma lasciarsi arricchire dai doni che lo Spirito semina in ciascuno, intrecciando un “dialogo di carità” lungo sentieri già tracciati da altre luminose figure. Tra queste, la “grazia” resa nome e vita in san Nerses Shnorhali, il cui stesso appellativo armeno significa proprio “pieno” di tale virtù. Ricordando la “coraggiosa testimonianza cristiana” offerta nei secoli dal popolo caucasico, Papa Leone XIV compie questa mattina, 30 novembre, una visita di preghiera alla Cattedrale Armena Apostolica, dedicata alla Santa Madre di Dio, di Istanbul, in Turchia (Türkiye), che oggi lascerà nel primo pomeriggio alla volta del Libano per proseguire il suo primo viaggio apostolico.
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Il cammino congiunto di Pontefici e Patriarchi armeni
Il Papa, assieme ad altri circa 300 fedeli presenti, accoglie con “profonda gioia” l’opportunità di incontrare in terra turca il Patriarca armeno di Costantinopoli, Sahak II, sulle orme dei rapporti intessuti dai loro predecessori. Nel corso del suo viaggio apostolico in Turchia, il 25 luglio 1967, san Paolo VI aveva incontrato il Patriarca Shenork I, auspicando allora un rafforzamento dei legami fondato su “comunione e verità”. Il 30 novembre 2006 fu invece Benedetto XVI ad essere accolto dal Patriarca Mesrob II. In quell’occasione Papa Ratzinger definì l’incontro “ben più che un semplice gesto di cortesia ecumenica e di amicizia”, ma “segno della nostra speranza condivisa nelle promesse di Dio”.
L'impavida testimonianza del popolo caucasico
Il saluto di Leone XIV si estende anche al Supremo Patriarca e Catholicos di tutti gli armeni, Karekin II, che il Pontefice aveva ricevuto a Villa Barberini, la residenza papale di Castel Gandolfo, lo scorso 16 settembre. A lui, e a tutta la comunità armena apostolica di Istanbul e della Turchia, il Papa rivolge un ringraziamento per l’impavido esempio di virtù cristiana mostrato lungo la storia, “spesso in circostanze tragiche”.
Il fiorire del "dialogo della carità"
Leone XIV esprime poi gratitudine per i legami “fraterni” e sempre più fecondi tra la Chiesa Apostolica Armena e la Chiesa Cattolica. Ne ripercorre i passi, a partire dal maggio 1967, quando il Catholicos Khoren I fu il primo primate di una Chiesa Ortodossa Orientale a visitare il Vescovo di Roma dopo il Concilio Vaticano II, scambiando con lui il “bacio della pace”. Sempre a maggio, nel 1970, il Catholicos Vasken I firmò con san Paolo VI la prima dichiarazione congiunta tra un Papa e un Patriarca Ortodosso Orientale, esortando i fedeli a riscoprirsi “fratelli e sorelle in Cristo in vista dell’unità”.
Da allora, per grazia di Dio, il “dialogo della carità” tra le nostre Chiese è fiorito.
Ispirarsi alla Chiesa nascente
Il Pontefice ritorna quindi su una delle commemorazioni significative del suo viaggio apostolico: il 1700.mo anniversario del primo Concilio ecumenico. “La mia visita è naturalmente un’opportunità per celebrare il Credo Niceno”, afferma, invitando ad attingere da tale “fede apostolica comune” per “recuperare l’unità che esisteva nei primi secoli tra la Chiesa di Roma e le antiche Chiese Orientali”.
Dobbiamo anche trarre ispirazione dall’esperienza della Chiesa nascente per ripristinare la piena comunione, una comunione che non implica assorbimento o dominio, ma piuttosto uno scambio dei doni che le nostre Chiese hanno ricevuto dallo Spirito Santo per la gloria di Dio Padre e l’edificazione del corpo di Cristo.
"Insieme, naturalmente"
In questa prospettiva, Leone XIV auspica un rinnovato e “fecondo” impegno della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Ortodosse Orientali, lavorando “insieme, naturalmente”, secondo il desiderio espresso da san Giovanni Paolo II nell’enciclica Ut unum sint.
L'esempio di san Nerses Shnorhali
Il cammino verso la comunione, inoltre, è già costellato di esempi luminosi. Tra i santi della tradizione armena, il Papa ricorda Nerses IV Shnorhali, Catholicos e poeta del XII secolo, il cui soprannome — Shnorhali — significa alla lettera “pieno di grazia” o “grazioso”. Fu proprio a questa virtù che il santo si affidò per lavorare “instancabilmente” alla riconciliazione delle Chiese, per dare compimento alla preghiera di Gesù: “Che tutti siano una cosa sola”.
La "piena dedizione" per l'unità dei cristiani
Leone XIV conclude il suo saluto riaffermando la sua “piena dedizione” alla causa dell’unità dei cristiani.
Che possiamo accogliere questo dono dall’alto con cuore aperto, per essere testimoni sempre più convincenti della verità del Vangelo e poter meglio servire la missione dell’unica Chiesa di Cristo!
La preghiera del Papa
La visita di preghiera ha luogo dopo che il Papa, nelle prime ore del mattino, ha celebrato privatamente la Messa presso la Delegazione apostolica di Istanbul. Facendo il suo ingresso nella Cattedrale Apostolica Armena, il Papa compie un gesto della "tradizione" locale, mangiando un pezzo di pane intinto nell'acqua.
Il momento di preghiera si apre con un canto e un'orazione iniziale da parte di Leone XIV, in lingua inglese:
In questa dimora di santità, questo luogo di lode, questa abitazione degli angeli, questo luogo di espiazione per il genere umano, davanti a questi santi segni, il santo luogo che ci rende presente Dio e risplende, ci prostriamo in timore e adorazione; benediciamo e glorifichiamo la tua santa, meravigliosa e trionfante signoria e, insieme alle schiere celesti, offriamo benedizione e gloria a te, con il Padre e lo Spirito Santo, ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen.
Il saluto del patriarca Sahak II
Alla preghiera del Papa segue il saluto di benvenuto del Patriarca Sahak II, che sottolinea come la presenza del Pontefice rappresenti una “benedizione” destinata a rimanere incisa nel cuore della comunità ecclesiale in Turchia. Il Patriarca richiama inoltre il “sentito rispetto” nutrito verso il Papa, che, afferma, funge da “bussola morale”, difendendo la dignità di ogni persona, sostenendo la pace e dando voce a chi non ce l’ha. Tra questi, i cristiani del Medio Oriente, che “affrontano difficoltà, migrazione e una costante diminuzione dei numeri”. “In tempi simili”, aggiunge, “l’unità diventa essenziale”. Le relazioni sempre più feconde tra le Chiese, che negli ultimi anni hanno raggiunto “una profondità un tempo quasi inimmaginabile”, rappresentano secondo il Patriarcato, il superamento di ogni forma di rivalità e l’abbraccio di un reciproco avvicinamento. La comunità armena in Turchia, pur numericamente ridotta, rimane “resiliente” e beneficia, nel Paese, di “libertà religiosa e sostegno statale come minoranza ben assistita”.
Non manca tuttavia la testimonianza della sofferenza provocata dai conflitti: “Pensiamo in particolare all’agonia costante vissuta dai cristiani in Medio Oriente, che subiscono gran parte della persecuzione”. Il Patriarca esprime l’auspicio che il Papa possa mettere a frutto “l’immensa voce morale e l’influenza del papato a favore della sicurezza di queste comunità cristiane vulnerabili, specialmente nella regione in cui lei si recherà più tardi oggi”, ovvero il Libano. Ma le sfide, osserva ancora, riguardano anche l’Occidente, dove si assiste a “un’erosione dei solidi valori morali, della santità della vita familiare e della fede cristiana stessa”. La preghiera comune, dunque, è per la pace in Medio Oriente e per l’unità dei cristiani: “Possa la fede nicena, pronunciata con un’unica voce tanto tempo fa, diventare ancora una volta un vincolo di fratellanza infrangibile”.
Lo scambio di doni
Dopo il saluto di Leone XIV ha luogo lo scambio dei doni. Il Patriarca porge un calice, "piccolo, ma simbolico", mentre il Pontefice offre un quadro in mosaico ispirato alle croci di stile bizantino, dette “greche” per i loro quattro bracci di uguale lunghezza. I colori scelti possiedono una valenza simbolica precisa: il verde richiama lo Spirito Santo, il rosso la dimensione divina, l’azzurro l’elemento terrestre. Il dono è stato realizzato dallo Studio del Mosaico Vaticano; le tessere d’oro sono state ottenute con la tecnica del mosaico classico, tagliate a mano con martellina e tagliolo. Sono state fissate su una base metallica mediante uno stucco a base di olio di lino, la cui ricetta, risalente al XVI secolo, fu utilizzata anche per i mosaici della basilica di San Pietro.
La benedizione di una targa
La benedizione e il canto finale ("insieme", come suggerito da Leone XIV al Patriarca) concludono il momento di preghiera all'interno della cattedrale. Al suo ingresso, infine, il Papa benedice una targa commemorativa.
Il Patriarcato armeno di Costantinopoli
Il Patriarcato armeno di Costantinopoli è una sede autonoma della Chiesa Apostolica Armena, quest’ultima definita dalla Conferenza episcopale italiana (Cei), “una delle più antiche comunità cristiane al mondo”, capace di trascendere la natura di “semplice organizzazione religiosa” per divenire “simbolo di resilienza nazionale, patrimonio culturale e forza spirituale” del popolo armeno. Il Patriarca armeno di Costantinopoli Sahak II Mashalian, noto anche come Patriarca armeno di Istanbul, ha la sua sede presso la chiesa patriarcale Surp Asdvadzadzin Patriarchal Church (Chiesa patriarcale della Santa Madre di Dio), nel quartiere Kumkapı di Istanbul.
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