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Il Papa ai giovani: avete il dono del tempo, usatelo per sognare e costruire la pace

Nel suo incontro con ragazzi e ragazze libanesi riuniti a Bkerké, nel piazzale antistante il Patriarcato di Antiochia dei Maroniti, Leone XIV li invita a cercare relazioni dalle radici solide, come i cedri che simboleggiano il Paese, in un mondo che sembra porre scadenze persino all’amore. Dopo aver ascoltato le loro testimonianze e risposto alle loro domande, stringe con loro una “promessa” per un futuro senza conflitti, un “chiarore d’aurora” capace di rischiarare la “notte buia” del mondo

Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano

In un mondo che fatica a riconoscersi allo specchio da quanto è “sfigurato”, dove niente sembra attecchire, apponendo scadenze persino all’amore, i giovani custodiscono un dono tanto sfuggente quanto potente: il tempo. C’è “un momento per ogni cosa”, ricordava il Libro del Qoelet, e nei giorni della giovinezza si aprono spazi per sognare, organizzare e dare vita a una pace che non si lasci portare via dal tempo che passa. Che attecchisca, sì, perché possiede radici profonde quanto sono ampie le sue fronde. Proprio come un cedro del Libano. È questo parallelo — un albero antico che ispiri le nuove generazioni radunate, come in una Gmg in miniatura, sulle alture di Bkerké affacciate sulla la baia di Jounieh — a fare da sfondo alle parole di Papa Leone XIV. Dal palco allestito sul piazzale antistante il Patriarcato di Antiochia dei Maroniti, il Pontefice si rivolge ai giovani, avvolti nelle bandiere della loro patria mentre sventolano quelle bianche e gialle della Città del Vaticano: li ascolta, risponde alle loro domande, e insieme a loro stringe una “promessa di pace”, che somiglia al “chiarore dell’aurora” intravisto nella “notte buia” che l’umanità attraversa.

Il Papa tra i giovani
Il Papa tra i giovani   (@Vatican Media)

“Voi avete il tempo!”

Assalamu lakum!

“La pace sia con voi!” Il Papa saluta in lingua araba per farsi prossimo ai circa 15mila presenti, provenienti non soltanto dal Libano, ma anche da Siria e Iraq. Alcuni di loro, durante l’incontro, condividono le proprie storie, parlando di “coraggio nella sofferenza”, “speranza nella delusione” e “pace interiore” laddove infuria la guerra. Esperienze nelle quali ciascuno può rispecchiarsi, ma che nel caso del Libano raccontano la vicenda di un Paese attraversato da ferite profonde, “che stentano a rimarginarsi”, perché oltrepassano i confini nazionali e si intrecciano con complesse dinamiche sociali e politiche.

Carissimi giovani, forse vi rammaricate di aver ereditato un mondo lacerato da guerre e sfigurato dalle ingiustizie sociali. Eppure c'e speranza, in voi risiede speranza! Voi avete un dono, che spesso a noi adulti sembra ormai sfuggire. Voi avete speranza! Voi avete il tempo! Avete più tempo per sognare, organizzare e compiere il bene. Voi siete il presente e tra le vostre mani già si sta costruendo il futuro! E avete l’entusiasmo per cambiare il corso della storia! La vera resistenza al male non è il male, ma l’amore, capace di guarire le proprie ferite, mentre si curano quelle degli altri.

Una giovane presente all'incontro con il Papa
Una giovane presente all'incontro con il Papa   (@Vatican Media)

“Siate la linfa di speranza che il Paese attende!”

Al Libano sono spesso associati i suoi cedri, simboli di unità e fecondità. Il Papa, che pronuncia il suo discorso in lingua inglese, ne richiama la particolare conformazione:

Sappiamo bene che la forza del cedro è nelle radici, che normalmente hanno le stesse dimensioni dei rami. Il numero e la forza dei rami corrisponde al numero e alla forza delle radici.

Un dettaglio che richiama il “tanto bene” presente nella società libanese, frutto dell’impegno umile di numerosi operatori di pace: “radici buone” che non mirano a far crescere solo una fronda, ma il cedro “in tutta la sua bellezza”.

Attingete dalle radici buone dell’impegno di chi serve la società e non “se ne serve” per i propri interessi. Con un generoso impegno per la giustizia, progettate insieme un futuro di pace e di sviluppo. Siate la linfa di speranza che il Paese attende!

Il Papa tra i giovani
Il Papa tra i giovani   (@Vatican Media)

“La pace non è autentica se è solo frutto di interessi di parte”

Leone XIV prosegue rispondendo alla prima domanda posta dai giovani: come rimanere “saldi nella speranza” nel contesto di un Paese “privo di stabilità” sociale ed economico, soffocato dal timore di un conflitto “che potrebbe scoppiare da un momento all’altro”.

Carissimi, questo punto fermo non può essere un’idea, un contratto o un principio morale. Il vero principio di vita nuova è la speranza che viene dall’alto: è Cristo! Gesù è morto e risorto per la salvezza di tutti. Egli, il Vivente, è il fondamento della nostra fiducia; Egli è il testimone della misericordia che redime il mondo da ogni male.

Il male della guerra si estirpa attraverso una riconciliazione che non nasce da “interessi di parte”, ma dal principio di non fare agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a sé stessi. Leone XIV riprende le parole di san Giovanni Paolo II: “non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono”, ribadendo che al cuore dell’assenza di conflitti risiede la riconciliazione.

“Non si ama davvero se si ama a termine”

La seconda domanda riguarda le relazioni, sempre più rapide nel loro evolversi: “dall’incontro alla separazione, dall’impegno all’abbandono”. Per coltivarne di sincere e autentiche, il Papa mette in guardia dall’individualismo. I rapporti, osserva, appaiono sempre più effimeri e “consumati” come oggetti. La fiducia nel prossimo viene spesso sostituita dalla ricerca del proprio tornaconto, svuotando i concetti di amicizia e affetto, talvolta confusi con “un senso di soddisfazione egoistica”.

Se al centro di una relazione di amicizia o di amore c’è il nostro io, questa relazione non può essere feconda. Allo stesso modo, non si ama davvero se si ama a termine, finché dura un sentimento: un amore a scadenza è un amore scadente. Al contrario, l’amicizia è vera quando dice “tu” prima di “io”. Questo sguardo rispettoso e accogliente verso l’altro ci consente di costruire un “noi” più grande, aperto all’intera società, a tutta l’umanità.

L’amore autentico e duraturo riflette lo splendore di Dio, “che è amore”, e si fonda sulla fiducia reciproca e sul “per sempre” che accompagna la vocazione familiare e quella alla vita consacrata.

“Costruite un mondo migliore di quello che avete trovato!”

Amore e carità, afferma il Papa, testimoniano “la presenza di Dio nel mondo”. Lo fanno parlando un linguaggio universale, rivolto ai cuori, non tramite ideali astratti, ma attraverso le storie di Gesù e dei santi. A questi ultimi, soprattutto ai più giovani, il Papa invita a guardare, per tracciare nuove strade senza lasciarsi scoraggiare da ingiustizie o “contro-testimonianze”.

Con la forza che ricevete da Cristo, costruite un mondo migliore di quello che avete trovato! Voi giovani siete più diretti nel cucire relazioni con gli altri, anche diversi per background culturale e religioso. Il vero rinnovamento, che un cuore giovane desidera, comincia dai gesti quotidiani: dall’accoglienza del vicino e del lontano, dalla mano tesa all’amico e al profugo, dal difficile ma doveroso perdono del nemico.

Leone XIV richiama figure come san Pier Giorgio Frassati e san Carlo Acutis, canonizzati nel corrente anno giubilare, oltre ai libanesi: santa Rafqua, con la sua resistenza al dolore, e il beato Yakub El-Haddad, vicino ai più bisognosi.

Il Papa mentre pronuncia il suo discorso
Il Papa mentre pronuncia il suo discorso   (@Vatican Media)

“Abbiate un tempo per chiudere gli occhi”

Spicca poi il fulgido esempio, ancora più splendente nella “penombra in cui decise di ritirarsi”, di san Charbel, considerato patrono del Paese, sulla cui tomba questa mattina il Papa si è recato in preghiera. La sua raffigurazione con gli occhi chiusi – “come per trattenere un mistero infinitamente più grande” – ha ispirato un canto che Leone XIV cita:

O tu che dormi e i tuoi occhi sono luce per i nostri, sulle tue palpebre è fiorito un grano d’incenso.

In un mondo dominato da “distrazioni e vanità”, il Papa invita i giovani a riservare un tempo per “chiudere gli occhi” e guardare a Dio, che "a volte sembra silenzioso o assente", ma si rivela a chi lo cerca nel silenzio. Sull’esempio di san Charbel e riprendendo l’invito di Benedetto XVI ai cristiani del Levante, Leone XIV incoraggia a “coltivare continuamente l’amicizia vera con Gesù attraverso la preghiera”.

“La speranza è una virtù povera”

Dagli occhi di san Charbel, il discorso si posa sullo sguardo di Maria, la cui corona del Rosario tanti giovani portano sempre con sé, “in tasca, al polso o al collo”. E giunge fino a san Francesco, alla sua preghiera “semplice e bellissima” che il Papa consegna alle nuove generazioni:

O Signore, fa’ di me uno strumento della tua Pace: dove è odio, fa che io porti l’Amore; dove è offesa, che io porti il perdono; dove è discordia, che io porti l’unione; dove è dubbio, che io porti la fede; dove è errore, che io porti la verità; dove è disperazione, che io porti la speranza; dove è tristezza, che io porti la gioia; dove sono le tenebre, che io porti la luce.

Un invito all’entusiasmo nel suo senso cristiano, ovvero “avere Dio nell’animo”, e anche alla speranza: virtù “povera” perché si presenta a mani vuote, ma libere “per aprire le porte che sembrano chiuse dalla fatica, dal dolore e dalla delusione”.

Giovani presenti all'incontro con il Papa
Giovani presenti all'incontro con il Papa   (@Vatican Media)

“Crescete vigorosi”

Leone XIV conclude il suo discorso rassicurando i giovani sulla presenza costante di Dio, del suo sostegno nelle sfide della vita e della storia.

Giovani libanesi, crescete vigorosi come i cedri e fate fiorire il mondo di speranza!

Il giro tra i giovani e i doni offerti

All’arrivo del Papa, Bkerké si trasforma in una piccola Roma, e lo spazio antistante il Patriarcato diventa quasi una Piazza San Pietro in miniatura. Leone XIV compie un breve giro in golf-cart, salutando i giovani mentre il canto Jesus Christ, You Are My Life, inno della GMG del Duemila, accompagna la scena. Una volta salito sul palco, al Pontefice vengono offerti diversi doni, tra cui semi di grano e spighe germogliate nei pressi del porto di Beirut dopo l’esplosione del 4 agosto 2020, che uccise 218 persone e ferì più di 7 mila persone. Il Papa prende poi la parola per una preghiera di apertura in francese, invocando “la pace e la tranquillità” su tutti i presenti.

I doni offerti al Papa
I doni offerti al Papa   (@Vatican Media)

Il saluto del Patriarca

È il cardinale Patriarca di Antiochia dei Maroniti, Béchara Boutros Raï, a pronunciare poi un saluto di benvenuto. La Chiesa Maronita, che prende nome dal suo fondatore, l’asceta San Maroun, è da sempre pienamente in comunione con la Sede Apostolica. Il legame si rinnova nelle parole del porporato: “Beati gli operatori di pace”. Un’espressione evangelica che risuona in una terra, quella libanese, dove Oriente e Occidente si intrecciano in un dialogo di culture, confessioni e civiltà. Il Paese le accoglie tutte e così abbraccia Leone XIV, "il Papa della pace": attraverso “la tenerezza delle sue ferite” più che “lo splendore dei palazzi”, offrendo in dono “lacrime diventate perle di speranza” e le sue montagne “trasformate in altari di supplica”, quest’ultima rivolta specialmente da parte dei giovani, perché “il pluralismo diventi una ricchezza”.

La presentazione in 5D

Dopo la lettura di un brano del Vangelo di Giovanni, va in scena una presentazione in 5D: un’esperienza immersiva che, superando la semplice tridimensionalità, aggiunge allo spettacolo nuovi stimoli sensoriali. Scene di giubilo e spensieratezza si alternano ad altre più cupe, illuminate da un globo terrestre luminoso portato da una bambina, sul quale si innalza un ramo fiorito. Da questa immagine prende avvio la prima testimonianza, quella di Anthony e Maria, volontari dopo l’esplosione al porto di Beirut. Raccontano una devastazione che ha ferito “non solo le pietre, ma anche i cuori”. Eppure, fra quelle macerie, molti giovani hanno offerto aiuto senza chiedere nulla sull’identità o sulla provenienza di chi soccorrevano: “Eravamo semplicemente esseri umani che aiutavano altri esseri umani”.

Chi sceglie di rimanere

Lo spettacolo si anima: una colomba luminosa passa di mano in mano tra i giovani sul palco, mentre i globi illuminati — partiti da uno solo — iniziano a moltiplicarsi. Poi compare una barca con la bandiera libanese: è il preludio alla testimonianza di Élie. “Vattene, emigra, salvati”: erano queste le parole che gli rimbombavano nella mente. In un Paese dove non c’è “un solo giorno” in cui si sappia cosa porti il domani, le prospettive sono limitate. Il crollo economico aveva fatto svanire i suoi risparmi e i sogni costruiti su di essi. Nonostante la possibilità di trasferirsi in Francia, Élie ha scelto di restare: “Le difficoltà non sono un motivo per fuggire, ma un invito a riflettere di più, ad amare di più e ad agire per cambiare qualcosa”, anche se in cambio si è costretti a cedere una parte del proprio benessere. “Come potrei andarmene mentre il mio Paese soffre? Come potrei andarmene mentre vedo che Dio continua ad agire su questa terra?”, si è chiesto. La risposta l’ha trovata nella fiducia: il Libano non può sopravvivere “senza una gioventù che crede in esso”. Ed è per questo che lui, come tanti altri, ha scelto di rimanere: “Perché, nonostante tutto, il Libano merita ancora che si sogni di lui”.

La barca con la bandiera libanese
La barca con la bandiera libanese   (@Vatican Media)

Due amiche e l’accoglienza di una famiglia

Dopo, è la volta di Joelle, anch’ella libanese. La sua storia inizia nell’estate del 2024, quando trascorre due mesi in Francia con la comunità di Taizé. Lì conosce Asil, giovane conterranea musulmana con cui resta in contatto anche dopo il ritorno a casa. Quando la guerra si intensifica, una mattina il telefono di Joelle squilla: è Asil, che nel frattempo è rimasta in Francia, ma teme per la sua famiglia. “I bombardamenti sono violenti… non sanno dove andare”. Senza esitazioni, Joelle risponde: “Che vengano a casa mia”. Sua madre, uscita per comprare un letto in più, incrocia per caso la famiglia di Asil — “come se Dio stesso avesse guidato i loro passi”. Da quel momento, le distanze si annullano: la differenza di religione non è un ostacolo. “Ho capito una verità essenziale: Dio non abita solo nelle chiese o nelle moschee. Dio si manifesta quando cuori diversi si incontrano e si amano come fratelli”, afferma Joelle. Roukaya, la madre di Asil, sale sul palco con lei e racconta risate e lacrime condivise come un’unica famiglia. “Ho capito che la religione non si dice: si vive, in un amore che supera ogni confine”.

La promessa di pace e azione

Le domande dei giovani innescano poi il discorso del Papa, a cui fa seguito il rito della “promessa di pace e d’azione”. Inizia Leone XIV:

Amati giovani del Libano, vengo a voi con la pace di Cristo e ho trovato in voi cuori ardenti di fede. Siete pronti a essere artefici di pace in un mondo sofferente?

Ragazzi e ragazze rispondono:

O Signore, Ti promettiamo di essere giovani artefici di pace, portatori di riconciliazione nei nostri cuori, seminando speranza nel nostro Paese, vivendo come figli della luce e testimoniando ovunque il Tuo amore.  Aiutaci a essere lievito di unità, voce per la giustizia e costruttori di pace, nella Chiesa e nella nazione. Amen.

La benedizione del Papa e un “Grazie a tutti!”, pronunciato in italiano, ma anche in arabo — "Shukran!" — suggellano l’incontro, che si conclude con il dono al Pontefice di un’icona raffigurante Cristo Pantocratore, la Vergine Maria e san Giovanni Battista nella parte superiore, e, alla base, giovani impegnati a spegnere un mondo in fiamme. Leone XIV si protrarrà in Libano fino a domani, 2 dicembre. Come previsto e programmato dalla Prefettura della Casa Pontificia, mercoledì 3 dicembre non ci sarà l’udienza generale. Sabato 6 dicembre si terrà l'udienza giubilare.

Il Papa incontra i giovani in Libano
Il Papa incontra i giovani in Libano   (@Vatican Media)

 

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01 dicembre 2025, 18:41