Ep. 1 – Cultura o economia? Le radici del Baby Crash
«Negli ultimi decenni assistiamo in Europa al fenomeno di un notevole calo della natalità. (...) Facciamo tutto il possibile per dare fiducia alle famiglie, soprattutto alle giovani famiglie», ha affermato Papa Leone XIV nel discorso al Quirinale del 14 ottobre 2025. E Papa Francesco, nella bolla che ha indetto il Giubileo 2025, Spes non confundit, avvertiva che «la prima conseguenza della perdita di fiducia è la perdita del desiderio di trasmettere la vita».
L’episodio inaugurale del podcast “Baby crash. La sfida demografica, una questione di speranza” parte da qui: dall’Italia che «nasce poco, invecchia tanto», con una piramide demografica «totalmente capovolta», dove «ogni 100 giovani ci sono già 200 anziani e nel 2050 saranno oltre 300». Un Paese che rischia un declino fatto di meno lavoratori, meno innovazione, meno futuro.
I conduttori Fabio Colagrande e Raffaele Buscemi dialogano con quattro voci che, da prospettive diverse, raccontano perché oggi diventare genitori è così difficile.
Per Gigi De Palo, padre e presidente della Fondazione per la Natalità, cause economiche e culturali sono collegate, e la radice del problema è innanzitutto strutturale: «Fino a quando in Italia la nascita di un figlio sarà la seconda causa di povertà, questa è una struttura di peccato che inevitabilmente tocca la sfera personale» e pesa il fatto che «il figlio viene considerato un interesse privato e non un bene pubblico».
L’economista e papà Matteo Rizzolli distingue tra costi e valore della genitorialità: «C'è l'idea che fare un figlio… costa troppo e infatti si interviene sempre sul lato economico», ma allo stesso tempo «c'è il lato dei benefici, abbiamo smarrito il valore sociale e anche individuale del mettere al mondo una famiglia, di fare la fatica di crescere i figli». Colpisce poi un nuovo freno culturale e cioè l'eco-ansia: «I giovani… pensano che i bambini siano una fonte di inquinamento, siano un danno per la sostenibilità del pianeta».
Per l’avvocata e mamma Daria Gianini, la maternità è ostacolata da un bivio lavorativo sempre più fragile: «La paura di non farcela pesa in modo notevole ed è la ragione sostanziale per la quale moltissime donne rimandano la prima gravidanza o addirittura non ci arrivano mai». A ciò si aggiunge il fatto che «la stabilità economica e di conseguenza la prima gravidanza arrivano ormai spesso in un’età avanzata» e che una libera professionista, per affrontare una possibile situazione di emergenza sanitaria, deve poter contare su «una struttura lavorativa solida che arriva però molto in là».
Infine Adriano Bordignon, padre e presidente del Forum delle Associazioni Familiari, individua un clima culturale che minimizza la centralità sociale della famiglia: «La famiglia viene data per scontata e viene relegata allo spazio del privato, al mero spazio degli affetti», mentre le politiche pubbliche per la famiglia, a livello locale, nazionale ed europeo, sono spesso fatte con «i resti di magazzino». Per ripartire serve «una fiscalità che riconosca veramente i carichi familiari» e lasci alle famiglie «le risorse perché possano svolgere il loro compito educativo, sociale e solidaristico».
Il primo episodio si chiude con una promessa: per affrontare il Baby crash servono non solo misure economiche, ma una rinnovata fiducia collettiva, perché è davvero una questione di speranza.