Pena di morte nel mondo: in drastico calo le esecuzioni capitali - prima parte
Cura e conduzione: Paola Simonetti
Ospite: Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia
E’ notizia di questi ultimi giorni che contro lo scempio del bracconaggio, della immane strage di creature selvatiche in Kenya, elefanti, rinoceronti, il governo locale ha annunciato che a breve potrebbe essere approvata la pena di morte. Il paese lo aveva annunciato lo scorso anno, rilevando il fatto che le leggi già in vigore severissime a protezione della fauna selvatica, che vanno dall’ergastolo a una multa di 200.000 dollari, non hanno portato alla fine dell’uccisione di questi magnifici animali. A far rischiare tanto ai bracconieri è il guadagno in termini di denaro che deriva dal commercio di zanne di elefanti e corni di rinoceronti prelevati in modo brutale a queste creature: le quotazioni sono superiori ai 1.000 euro al Kg. I rinoceronti sono rimasti solo in mille e sono sull’orlo dell’estinzione. Dunque, si immagina di introdurre la pena più severa per arginare un fenomeno contro il quale non è servito il pugno di ferro delle leggi restrittive del paese. E c’è da credere che la pena di morte non sarà più efficace delle altre leggi in vigore. Proprio l’inefficacia dell’omicidio di Stato la dimostrano gli ultimi dati del rapporto sulla pena di morte nel mondo stilato in modo puntuale dall’organizzazione Amnesty International, che quest’anno rileva qualche buona notizia nel contesto di una costante violazione dei diritti umani in molta parte del Pianeta: una drastica riduzioni delle esecuzioni, anche nei Paesi dove la pena capitale è ancora in vigore.