Strage di Capaci: la figura e il lavoro del giudice Giovanni Falcone a 27 anni dalla morte - prima parte
Cura e conduzione: Paola Simonetti
Ospite: Marcelle Padovani, corrispondente per "Le nouvell observateur" e autrice del libro “Cose di Cosa Nostra”, edito da Rizzoli.
Alle 17:58 del 23 maggio 1992, sul tratto di autostrada che va dall’aeroporto di Punta Raisi a Palermo, esplosero 500 kg di tritolo che investirono in pieno le auto su cui viaggiavano Falcone con la moglie, Francesca Morvillo e i tre uomini della sua scorta, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani. In quel tardo pomeriggio di 27 anni fa la mafia faceva strage sull’operato di un uomo che, insieme ai suoi collaboratori e al suo amico e collega Paolo Borsellino, della lotta alla mafia aveva fatto la sua ragione di vita, con uno stile sobrio, lucido, rigoroso, concreto, operativo, avulso da qualunque protagonismo. Un giudice che, lungi dal sentirsi un eroe, si definiva semplicemente un servitore dello Stato, un uomo che sottostava al sacrificio di una vita blindata solo per spirito di servizio, per citare le sue parole. Oggi la sua figura è circondata da un alone leggendario che lo tratteggia come un eroe, ma ci si chiede se davvero la sua eredità sia stata raccolta. Uno dei più bei libri che raccontano una parte del suo operato, del suo metodo investigativo lo ha scritto una giornalista di origini francesi Marcelle Padovani, corrispondente per “Le nouvelle observatour” e autrice del libro “Cose di Cosa Nostra”, edito da Rizzoli. Una raccolta, in versione narrativa, di 20 interviste realizzate con il giudice Falcone nel pieno del suo impegno contro la mafia, di cui vogliamo ricordare alcuni passaggi fondamentali.