La Siberia in fiamme: cause e contromisure di un disastro annunciato - prima parte
Cura e conduzione: Paola Simonetti
Ospite: Gianmaria Sannino - Responsabile laboratorio Modellistica climatica e impatti dell’Enea
Stanno facendo il giro del web le strazianti immagini degli animali che fuggono impazziti dalle fiamme e di quelli morti carbonizzati nella fiamme che stanno divorando, da due mesi, le aree verdi della Siberia. Un incendio di tali proporzioni, formato da tantissimi focolai difficili da governare, ormai visibile addirittura dai satelliti della Nasa. Almeno 4 milioni e mezzo gli ettari di verde andati in fumo, una dimensione paragonata a Lombardia e Piemonte messe insieme. Le fiamme, starebbero immettendo nell’aria, secondo Greenpeace Russia, una quantità di anidride carbonica pari a quella prodotta da 36 milioni di automobili in un anno. Secondo il presidente russo, Putin la situazione più grave è quella del lago Baikal, aggravata da una serie di alluvioni nell’area dovuta ai cambiamenti climatici. “Le temperature della Russia stanno aumentando di 2,5 volte più velocemente rispetto al resto del pianeta”. Più di 1 milione di persone hanno già firmato una petzione per chiedere lo stato di emergenza in tutta la Siberia e fare di più per combattere le fiamme. Il riscaldamento globale uno dei fattori scatenanti, sul quale, spiegano i climatologi, occorrrerà agire in fretta con un cambiamento di politiche sul fronte delle energie rinnovabili e sulla dieta che dovrà vedere drastiamente diminuito il consumo di carne: gli allevamenti intensivi, ha spiegato il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico dell'Onu, "sono responsabili della metà delle emissioni globali di metano, uno dei gas serra più micidiali", contribuenado peraltro all'erosione del suolo con il massiccio utilizzo di terreni agricoli per la produzione di mangimi funzionale al sostentamento degli animali allevati.