Ep. 15 - Quel grido della speranza disarmata
Nel viaggio della vita, ci sono momenti in cui trattenere tutto dentro può consumarci lentamente. Gesù ci insegna a non avere paura del grido, purché sia sincero, umile, orientato al Padre. Un grido non è mai inutile, se nasce dall’amore. E non è mai ignorato, se è consegnato a Dio. È una via per non cedere al cinismo, per continuare a credere che un altro mondo è possibile. Cari fratelli e sorelle, impariamo anche questo dal Signore Gesù: impariamo il grido della speranza quando giunge l’ora della prova estrema. Non per ferire, ma per affidarci. Non per urlare contro qualcuno, ma per aprire il cuore. Se il nostro grido sarà vero, potrà essere la soglia di una nuova luce, di una nuova nascita. Papa Leone XIV, Udienza generale, mercoledì 10 settembre 2025
All’udienza di mercoledì 10 settembre in Piazza San Pietro, Leone XIV ha parlato dell’ultimo grido di Gesù sulla croce, un grido rivolto a Dio, una domanda lacerante: “Mio Dio, mio Dio, perché mi ha abbandonato?”. Il Papa ci ricorda che nell’ora della prova estrema il nostro grido può diventare affidamento e speranza… Anche quella che agli occhi del mondo appare come una sconfitta può trasformarsi in luce per noi e per chi ci sta vicino… Qualcuno, Dio stesso fattosi Uomo, ha infatti condiviso a tal punto la nostra umanità da passare – per noi e per la nostra salvezza – attraverso la sofferenza e la morte sul patibolo infamante della croce.
Tanti fratelli e sorelle, anche oggi, a causa della loro testimonianza di fede in situazioni difficili e contesti ostili, portano la stessa croce del Signore: come Lui sono perseguitati, condannati, uccisi. Di essi Gesù dice: «Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia». Sono donne e uomini, religiose e religiosi, laici e sacerdoti, che pagano con la vita la fedeltà al Vangelo, l’impegno per la giustizia, la lotta per la libertà religiosa laddove è ancora violata, la solidarietà con i più poveri. Secondo i criteri del mondo essi sono stati “sconfitti”. In realtà, come ci dice il Libro della Sapienza: «Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza resta piena d’immortalità» (…) Sì, la loro è una speranza disarmata. Hanno testimoniato la fede senza mai usare le armi della forza e della violenza, ma abbracciando la debole e mite forza del Vangelo, secondo le parole dell’apostolo Paolo: «Mi vanterò quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Infatti quando sono debole, è allora che sono forte». Papa Leone XIV, Omelia per la Commemorazione dei martiri e testimoni della fede del XXI secolo, domenica 14 settembre 2025
Domenica 14 settembre Papa Leone ha presieduto una commemorazione dei martiri nella Basilica di San Paolo e ha ricordato i tanti martiri di oggi, chi paga con la propria vita la fedeltà al Vangelo: può sembrare agli occhi del mondo che siano dei perdenti. Specie agli occhi del mondo di oggi, dove sembrano regnare odio, violenza, guerra, terrorismo, sopraffazione e dove la vita umana degli innocenti sembra non aver alcun valore. Ma proprio nella loro mitezza, nella loro non violenza, sta la forza dei martiri: la “debole mite” forza del Vangelo, capace – per grazia di Dio – di un amore che supera ogni odio e violenza. Guardiamo la loro testimonianza e impariamo ad ascoltare il loro grido: loro – e non i potenti che uccidono – sono i veri protagonisti della storia.
Andrea Tornielli