Cerca

Musei Vaticani, il ritorno della Madonna di Monteluce a Perugia

Al via domani a Perugia la mostra “L’atteso ritorno. Raffaello per Monteluce dai Musei Vaticani”. L’esposizione al Museo del Capitolo di San Lorenzo fino al 7 gennaio è dedicata alla pala commissionata al Maestro delle Stanze e terminata da Giulio Romano e Giovan Francesco Penni. “Una sfida movimentare questo grande capolavoro. Un lavoro di sinergia e confronto” racconta Francesca Persegati, da poche settimane in congedo e finora responsabile del Laboratorio restauro dipinti dei Musei Vaticani

Paolo Ondarza – Città del Vaticano

Un ulteriore tassello per comprendere gli ultimi anni di attività di Raffaello Sanzio. I recenti studi sull’Incoronazione della Vergine, o Madonna di Monteluce, effettuati in occasione della mostra che riporta a Perugia il capolavoro dell’urbinate conservato ai Musei Vaticani, hanno rivelato interessantissimi dettagli storici e stilistici.

Giulio Pippi, detto Giulio Romano, (Roma 1499 ca. - Mantova 1546) Giovan Francesco Penni, detto il Fattore, (Firenze 1488 ca. - Napoli 1528) Incoronazione della Vergine, (detta Madonna di Monteluce), 1505 - 1525 Olio su tavola, cm 354 x 232  © Musei Vaticani
Giulio Pippi, detto Giulio Romano, (Roma 1499 ca. - Mantova 1546) Giovan Francesco Penni, detto il Fattore, (Firenze 1488 ca. - Napoli 1528) Incoronazione della Vergine, (detta Madonna di Monteluce), 1505 - 1525 Olio su tavola, cm 354 x 232 © Musei Vaticani

Una storia lunga e articolata

“L’Atteso ritorno” è il titolo dell’esposizione che, allestita al Museo del Capitolo della Cattedrale di san Lorenzo, ben esprime l’emozione con cui la pala di grandi dimensioni (354x232 cm) giunge nel capoluogo umbro per la prima volta accostata alla predella della Galleria Nazionale dell’Umbria. Presente nelle collezioni pontificie dal 1816, anno del rientro dalle depredazioni napoleoniche, fu commissionata nel 1505 a Raffaello per il Monastero delle Clarisse di santa Maria Assunta in Monteluce che oggi ne conserva una copia ottocentesca. Il Maestro si impegnò a portarla a compimento entro due anni, ma riuscì solo a iniziarla. I gravosi e prestigiosi impegni della sua carriera presero il sopravvento, tanto da lasciare la tavola incompiuta alla sua prematura scomparsa nel 1520.

Il manifesto della mostra
Il manifesto della mostra

Dal Maestro agli allievi

Il testimone passò agli stretti collaboratori Giulio Romano e Giovan Francesco Penni che consegnarono a Monteluce l’opera finita nel 1525. L’esposizione allestita nel Museo della Cattedrale di San Lorenzo a Perugia celebra dunque un cinquecentenario.

Giulio Pippi, detto Giulio Romano, (Roma 1499 ca. - Mantova 1546) Giovan Francesco Penni, detto il Fattore, (Firenze 1488 ca. - Napoli 1528) Incoronazione della Vergine, (detta Madonna di Monteluce), 1505 - 1525 Olio su tavola, cm 354 x 232  © Musei Vaticani
Giulio Pippi, detto Giulio Romano, (Roma 1499 ca. - Mantova 1546) Giovan Francesco Penni, detto il Fattore, (Firenze 1488 ca. - Napoli 1528) Incoronazione della Vergine, (detta Madonna di Monteluce), 1505 - 1525 Olio su tavola, cm 354 x 232 © Musei Vaticani

La forza del colore

Particolare l’iconografia, la cui potenza è amplificata dalla forza della tavolozza cromatica: l’Assunzione e l’Incoronazione si fondono in un unico momento monumentale pervaso di gloria e speranza. Un gioco di armonie e contrasti: tra la luce dorata e il blu plumbeo del cielo; la grazia composta della Vergine Incoronata dal Figlio e lo stupore degli apostoli di fronte al sepolcro pieno di fiori colorati.

Giulio Pippi, detto Giulio Romano, (Roma 1499 ca. - Mantova 1546) Giovan Francesco Penni, detto il Fattore, (Firenze 1488 ca. - Napoli 1528) Incoronazione della Vergine, (detta Madonna di Monteluce), 1505 - 1525 Olio su tavola, cm 354 x 232  (particolare) © Musei Vaticani
Giulio Pippi, detto Giulio Romano, (Roma 1499 ca. - Mantova 1546) Giovan Francesco Penni, detto il Fattore, (Firenze 1488 ca. - Napoli 1528) Incoronazione della Vergine, (detta Madonna di Monteluce), 1505 - 1525 Olio su tavola, cm 354 x 232 (particolare) © Musei Vaticani

Perugia, capitale del Rinascimento

“Si tratta di un ritorno importante per una pala chiave che riafferma Perugia come capitale del Rinascimento”, afferma il direttore dei Musei Vaticani Barbara Jatta: “un ritorno importante per la città, per la comunità, per l'arte perugina legata al divino Raffaello”.

Ascolta l'intervista a Barbara Jatta

L’arte di Raffaello, da Roma all’Europa

L’opera è strettamente legata con altri capolavori presenti nelle collezioni vaticane legare all’ultima fase di produzione dell’urbinate: “La Sala di Costantino di cui abbiamo da poco terminato il restauro completo”, prosegue il direttore delle gallerie pontificie, “ha sicuramente una relazione strettissima con la Pala di Monteluce”. In entrambi i casi infatti sono coinvolti “i garzoni che rimangono orfani di Raffaello, ma che hanno un'autonomia, una capacità straordinaria. Pensiamo a Giulio Romano, a Giovanni Francesco Penni, a quei protagonisti che poi dopo il Sacco di Roma porteranno l’eredità di Raffaello in tutta Italia e in corti europee come Fontainebleau”.  Sono momenti cruciali “per capire quel periodo straordinario delle arti rappresentato dai pontificati di Giulio II, Leone X e dei pontefici successivi che hanno reso Roma e il Vaticano, protagonisti dell'arte universale”.

Giulio Pippi, detto Giulio Romano, (Roma 1499 ca. - Mantova 1546) Giovan Francesco Penni, detto il Fattore, (Firenze 1488 ca. - Napoli 1528) Incoronazione della Vergine, (detta Madonna di Monteluce), 1505 - 1525 Olio su tavola, cm 354 x 232  (particolare) © Musei Vaticani
Giulio Pippi, detto Giulio Romano, (Roma 1499 ca. - Mantova 1546) Giovan Francesco Penni, detto il Fattore, (Firenze 1488 ca. - Napoli 1528) Incoronazione della Vergine, (detta Madonna di Monteluce), 1505 - 1525 Olio su tavola, cm 354 x 232 (particolare) © Musei Vaticani

Una sfida vinta

È stata una vera e propria sfida movimentare un capolavoro di imponente formato e che da quarant’anni non era mai stato rimosso dalla Pinacoteca Vaticana. I Musei del Papa in collaborazione con l’Arcidiocesi di Perugia – Città della Pieve ci hanno creduto e, grazie ad un lavoro sinergico di varie professionalità, questa sfida l’hanno vinta.

Giulio Pippi, detto Giulio Romano, (Roma 1499 ca. - Mantova 1546) Giovan Francesco Penni, detto il Fattore, (Firenze 1488 ca. - Napoli 1528) Incoronazione della Vergine, (detta Madonna di Monteluce), 1505 - 1525 Olio su tavola, cm 354 x 232  (particolare) © Musei Vaticani
Giulio Pippi, detto Giulio Romano, (Roma 1499 ca. - Mantova 1546) Giovan Francesco Penni, detto il Fattore, (Firenze 1488 ca. - Napoli 1528) Incoronazione della Vergine, (detta Madonna di Monteluce), 1505 - 1525 Olio su tavola, cm 354 x 232 (particolare) © Musei Vaticani

La prova di smontaggio

“Prima di dare il via libera per questo prestito, abbiamo verificato lo stato di conservazione ed eseguito una prova di smontaggio che ha coinvolto molto personale e comportato una giornata di chiusura della Sala X della Pinacoteca”, racconta con emozione Francesca Persegati, particolarmente legata alla Pala di Monteluce visto che ad essa ha dedicato l’ultimo anno e mezzo della sua carriera. Il lavoro su questo capolavoro, caratterizzato da continui contatti e sopralluoghi tra Roma e Perugia, ha infatti segnato la conclusione del suo servizio di restauratrice ai Musei Vaticani, iniziato nel 1990. Oggi ha raccolto il suo testimone Paolo Violini, a sua volta coinvolto nel progetto per la mostra di Perugia insieme a Fabio Piacentini, Massimo Alesi e Marco de Pillis

Ascolta l'intervista a Francesca Persegati

Le due parti della tavola

Persegati è stata la prima donna assunta nel Laboratorio fondato da Biagio Biagetti nel 1923, dirigendolo negli ultimi otto anni. “Il dipinto, dettaglio veramente unico, è composto fin dalla sua origine da due parti assemblabili e smontabili”, spiega. Le condizioni di conservazione sono buone grazie al restauro eseguito negli Anni Ottanta del secolo scorso, sotto la direzione di Fabrizio Mancinelli. Una notevole mole di documentazione fotografica e di analisi eseguite in quell’occasione come oggi dal Gabinetto Ricerche Scientifiche, consentono di ricostruire la genesi di un’opera d’arte per la quale furono stilati ben tre contratti: i primi due (1505 – 1516) destinati a Raffaello, il terzo (1523) ai suoi allievi.

Giulio Pippi, detto Giulio Romano, (Roma 1499 ca. - Mantova 1546) Giovan Francesco Penni, detto il Fattore, (Firenze 1488 ca. - Napoli 1528) Incoronazione della Vergine, (detta Madonna di Monteluce), 1505 - 1525 Olio su tavola, cm 354 x 232  (particolare) © Musei Vaticani
Giulio Pippi, detto Giulio Romano, (Roma 1499 ca. - Mantova 1546) Giovan Francesco Penni, detto il Fattore, (Firenze 1488 ca. - Napoli 1528) Incoronazione della Vergine, (detta Madonna di Monteluce), 1505 - 1525 Olio su tavola, cm 354 x 232 (particolare) © Musei Vaticani

Un’opera a più mani

“Non eravamo a caccia di uno scoop, ma osservando con calma le tracce presenti sul fronte e sul retro del dipinto è possibile confermare con Mancinelli la presenza di almeno due mani diverse, stilisticamente e matericamente”, racconta Persegati riferendosi alla parte superiore attribuibile a Raffaello e Giulio Romano e quella inferiore riconducibile al Penni. La restauratrice sottolinea anche l’importante studio svolto sulla carpenteria, sui resti dei chiodi, necessario a comprendere gli spostamenti dell’opera all’interno della chiesa perugina, così come i cambi di cornice.

La prova di smontaggio nel Laboratorio dei Musei Vaticani
La prova di smontaggio nel Laboratorio dei Musei Vaticani

Il restauro come studio e confronto

“Il nostro Laboratorio ha la grande fortuna di aver lavorato su altre opere contemporanee di Raffaello. Più studi si effettuano su uno stesso periodo di attività di un artista, più il restauratore può fornire elementi agli studiosi”. Per questo motivo il catalogo che accompagna la mostra può essere considerato un punto di partenza per ulteriori approfondimenti. Il lavoro sulla Madonna di Monteluce è emblematico del modus operandi del Laboratorio di Restauro: “Il restauro è conoscenza, condivisione. Ho imparato molto dal confronto con le varie professionalità coinvolte, non essendo io un’esperta di Raffaello. È stato un incarico nel quale ho voluto essere coinvolta in prima persona, anche per uscire un po' dalla pratica amministrativa che mi ha tenuta più impegnata in questi ultimi anni. Ora sono in pensione. Saranno i miei colleghi a portare avanti gli studi”.

Il sopralluogo a Perugia
Il sopralluogo a Perugia

Un bilancio di attività

“Guidare il Laboratorio è stata una sfida, mi sono resa conto di quanto sia complesso”, ammette. “Fino al giorno prima mi occupavo di restaurare o gestire un cantiere nel quale ero coinvolta direttamente. Ho invece dovuto affrontare una realtà organizzativa, amministrativa e gestionale. È stato interessante, ma non ho mai abbassato l’attenzione sugli aspetti tecnici, teorici, storici”.

Il futuro del Laboratorio

Oltre cento opere mobili restaurate, una decina di progetti su dipinti murali completati, attività di prevenzione, capitolati, emergenze, mostre, sopralluoghi, pubblicazioni. È davvero ricco e variegato il bilancio degli otto anni appena conclusi e dedicati al coordinamento dell’attività del Laboratorio. “Mi è sicuramente mancato lo stare sul ponteggio o davanti a un'opera, esserne coinvolta direttamente”, confida Persegati che guarda con soddisfazione e fiducia a chi raccoglierà il testimone: “Il nuovo capo restauratore, Paolo Violini è oggi affiancato da una vice, Angela Cerreta, e da una persona di segreteria e amministrazione, Miriam Saviano. La considero una grande conquista che darà respiro ai colleghi e li farà lavorare al meglio”.

Amore, timore, ubbidienza e perseveranza

A proposito del rapporto diretto con l’opera d’arte, il pensiero va ad una frase di Cennino Cennini contenuta nel suo Libro d’Arte del XIV secolo. “I miei colleghi dicono che faccio troppe citazioni, ma penso che a volte le parole degli altri siano più eloquenti. Cennini parlava di chi crea l’opera e scriveva: Adunque voi che con animo gentile siete amadori di questa virtù, principalmente all’arte venite, adornatevi di questo vestimento: cioè amore, timore, ubbidienza e perseveranza. Credo che lo stesso debba fare chi si occupa di conservazione e cerca di tramandare il messaggio e la materia di un capolavoro”.

Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui

30 settembre 2025, 10:00