Musei Vaticani, restaurate le sculture dei “Quattro Cancelli”
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Fu una scelta epocale quella di Pio VI di dotare gli ambienti delle collezioni pontificie di un ingresso sui Giardini Vaticani, entrato poi effetivamente in uso solo nel 1870. Fino a quell’anno gli ospiti del Papa desiderosi di ammirare le sue antichità classiche attraversavano le stanze del Palazzo Apostolico.
L’arrivo delle sculture nell’Ottocento
Il nuovo ingresso, noto come Atrio dei Quattro Cancelli, fu progettato nel 1786 dall’architetto Giuseppe Camporese secondo una severa linea neoclassica. Si tratta di un corpo di fabbrica monumentale, con pianta a croce greca e una grande copertura a cupola “Fu costruito contestualmente alla sovrastante Sala della Biga”, spiega Giandomenico Spinola, vice direttore artistico-scientifico, “ma nacque senza l’intento di collocarvi le statue che qui trovarono posto nel secondo decennio dell’Ottocento”.
Da portico esterno ad atrio
Le nicchie ricavate nelle pareti di quello che all’epoca doveva presentarsi come un portico aperto sull’esterno, ospitano ancora oggi otto sculture, mentre altre quattro, insieme ai due sarcofagi decorati a rilievo, sono allestite nel vestibolo alla base della celebre Scala ideata da Michelangelo Simonetti. Sono tutte riferibili all’età romana e databili tra il I e il II secolo d.C. Tra le statue prevalgono soggetti maschili, come atleti ed eroi, ma anche figure di togati riferibili a contesti funerari, la cui provenienza non è possibile ricostruire. Attestato è invece il passaggio collezionistico della statua di Barbaro, presente a Villa Strozzi nel XVII secolo.
Un biglietto da visita
L’esposizione agli agenti climatici e la pressione antropica causata dal continuo passare di visitatori espone queste opere a due potenziali fattori di rischio deterioramento, ma la loro conservazione ha una particolare importanza: “L’Atrio dei Quattro Cancelli introduce al museo di scultura, è un biglietto da visita di ciò che si vedrà dopo”, prosegue Spinola. “Qui transita tutto il pubblico dei Musei Vaticani. Non è possibile non passare di qua se si vuole visitare la Cappella Sistina”.
Un lavoro di squadra
Alla luce di tutto ciò si è reso necessario un restauro, al momento riguardante solo le quattordici opere e le nicchie, condotto tra il 2023 e il 2024 grazie al generoso sostegno del Capitolo della Florida dei Patrons of the Arts in the Vatican Museums. “Speriamo di poter intervenire presto anche sull’architettura in modo da poter adeguare il contenuto al contenitore”, auspica il vice direttore. L’intervento conservativo, dalla verifica strutturale alla pulitura, è stato sapientemente svolto dal Consorzio Kavaklik Restauro, sotto la direzione scientifica del Reparto Antichità Greche e Romane e del Laboratorio di Restauro Materiali Lapidei, in stretta collaborazione con il Gabinetto di Ricerche Scientifiche.
Come si restaurava nell’Ottocento
“Sono opere molto eterogenee tra loro, per stato di conservazione e per le modalità con le quali sono arrivate ai Musei Vaticani” precisa Claudia Valeri, curatrice del Reparto Antichità Greche e Romane. “Giungono qui probabilmente nel XIX secolo, sotto il pontificato di Pio VII, contraddistinto da una campagna di acquisti molto ingente. Sono molto interessanti soprattutto per capire le modalità che scultori e restauratori adottavano tra la fine del Settecento e l’inizio dell'Ottocento”. Si tratta di un’epoca in cui l’esigenza di mercato prevale sull’istanza della conservazione dell’opera originale.
“L'intento era quello di realizzare statue complete” componendo “anche frammenti non pertinenti”: queste statue sono infatti frutto di integrazioni, rilavorazioni, adattamenti di porzioni antiche a parti moderne, scolpite anche in marmi diversi.
Statue-collage
È il caso ad esempio del Meleagro, un pastiche creato da Vincenzo Pacetti a cui possono ricondursi almeno sette dei manufatti appena restaurati. Lo scultore romano combinò un torso di tipo policleteo con una testa del dio Ares, completando il tutto con l’inserimento di un muso di cinghiale, replica di quello che compare in un esemplare esposto nella Sala degli Animali. “C'è veramente un collage che questi scultori dei primissimi anni dell'Ottocento compongono con l'intento di fornire all'acquirente, in questo caso al Pontefice, una statua completa”, aggiunge Valeri.
La mano di Pietro Bernini?
Spiccano per valore artistico una scultura di Ercole “il cui torso proviene dagli scavi di Gabii, lungo la via Prenestina antica, nella campagna romana e la statua del Barbaro Strozzi, nota perché disegnata nei taccuini seicenteschi e il cui studio ravvicinato potrebbe portare ad interessanti sorprese”. Prima fra tutte c’è l’ipotesi che l’integrazione della parte inferiore della scultura sia stata eseguita da Pietro Bernini. Come illustrato da Eleonora Ferrazza, assistente del Reparto Antichità Greche e Romane, l’attività di restauratore del padre di Gianlorenzo è attestata presso la famiglia Borghese, come ben noti sono i suoi contatti con la famiglia Strozzi.
Il «restauro dei restauri»
“Dopo il restauro le opere godono di ottima salute. Alcune erano davvero in condizioni critiche”, precisa ancora Claudia Valeri: “All'interno presentano perni in ferro” la cui ossidazione può danneggiare il marmo. “In fase di pulitura abbiamo trovato superfici piuttosto sofferenti in parte per i trattamenti anche aggressivi che hanno subito durante il restauro ottocentesco” e in parte per gli sbalzi di temperatura a cui l'Atrio dei Quattro Cancelli è esposto. “Infine una caratteristica di questo nucleo di sculture è la presenza di integrazioni in gesso che per la loro natura molto deperibile sono state riviste molte volte nei secoli. Abbiamo cercato di conservarle per lasciare testimonianza storica del restauro di inizio Ottocento”. Non a caso Guy Devreux, maestro responsabile del Laboratorio di restauro materiali lapidei dei Musei Vaticani definisce il lavoro appena presentato al pubblico un «restauro dei restauri».
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui