Processo d'appello vaticano, istanza di ricusazione al promotore Diddi
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
La campanella è suonata alle 9.32. A quell’ora ha avuto inizio oggi, 22 settembre, la prima udienza del processo d’appello per la gestione dei fondi della Santa Sede. Toghe, cravatte, divise della Gendarmeria sotto le volte affrescate con le figure di santi e filosofi nella nuova Aula del Tribunale vaticano, visitata giovedì scorso da Papa Leone XIV; tutti si sono alzati in piedi all’ingresso del presidente della Corte d’appello dello Stato della Città del Vaticano, monsignor Alejandro Arellano Cedillo. Al suo fianco, due giudici laici e un giudice sostituto. Il segno della Croce, un’Ave Maria in latino, poi l’annuncio che quattro imputati, condannati in primo grado, hanno presentato istanza di ricusazione nei confronti di Alessandro Diddi, promotore di Giustizia. A presentare l’istanza, i legali del cardinale Giovanni Angelo Becciu, di Enrico Crasso, ex consulente della Segreteria di Stato, del finanziere Raffaele Mincione e di Fabrizio Tirabassi, ex dipendente dell’Ufficio amministrativo. I quattro erano presenti stamattina in Aula, insieme anche all’avvocato Nicola Squillace (anch’egli condannato nel 2023). Presente pure monsignor Mauro Carlino, assolto da ogni reato nel precedente processo.
"Ammissibile" l'istanza di ricusazione
A muovere la mozione sarebbe quello che gli avvocati difensori indicano come un coinvolgimento di Diddi, rappresentante dell’accusa nel primo procedimento e anche nel processo d’appello, in alcune chat WhatsApp con figure esterne alle indagini che avrebbero però condizionato uno dei principali testimoni, monsignor Alberto Perlasca, ex direttore dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato, nelle sue accuse contro il cardinale Becciu. Cosa che, affermano i legali, confermerebbe un “ineliminabile interesse personale” del Promotore che ne minerebbe “totalmente la terzietà”, requisito indefettibile affinché Diddi possa svolgere correttamente la sua funzione di “ricercare la verità dei fatti”.
Monsignor Arellano, dopo breve Camera di Consiglio, citando gli articoli del Codice di Procedura penale, ha dichiarato “ammissibile” l’istanza e ha ordinato alla Cancelleria che, decorso il termine dei tre giorni previsto dallo stesso Codice, trasmetta l’ordinanza di ammissibilità come pure le eventuali risposte del PG alla Corte di Cassazione. A sua volta la Corte, formata da quattro giudici (i cardinali Farrell, presidente, Lojudice, Zuppi, Gambetti), dovrà pronunciarsi in merito. Ma non ci sono termini “perentori” di scadenza a riguardo.
La replica del promotore di Giustizia
A Diddi il presidente della Corte d'appello ha chiesto quale “comportamento intenda tenere davanti a tale istanza”. “Finalmente ho la possibilità di potermi difendere da una serie di illazioni, ringrazio le difese per questa iniziativa”, ha esordito il promotore di Giustizia. “Voglio sfruttare il termine dei tre giorni per poter esprimere le mie considerazioni in maniera serena, in modo da dissolvere i dubbi che sono stati aperti in questi mesi sulla conduzione delle indagini”. Citando il Codice penale, Diddi ha spiegato di poter svolgere dunque “solo attività urgente: e non credo che stamattina ci siano attività urgenti”, ha aggiunto, comunicando di aver depositato venerdì scorso una dichiarazione in Cancelleria e spiegando che “tutti i componenti dell’Ufficio sono delegati a svolgere attività anche in sede d’appello”.
“Spero che non ci siano pressioni. Io rappresento l’accusa per legge, non sono qui per un mio desiderio”, ha affermato ancora il promotore di Giustizia, “credo sia doveroso dovermi allontanare dall’udienza”. Alle 9.36, ha dunque lasciato l’aula.
La ricostruzione della vicenda processuale
Dopo una pausa di dieci minuti, monsignor Arellano ha deciso di far andare avanti la prima udienza. Ha dato parola ad uno dei due giudici relatori, Massimo Masella Ducci Teri, che in una lunga relazione ha esposto “con dovuta chiarezza” l’oggetto del presente giudizio. Quindi, la sentenza pronunciata dal Tribunale vaticano, presieduto allora da Giuseppe Pignatone, il 16 dicembre 2023 e depositata il 30 ottobre 2024.
In più di un’ora il giudice ha ripercorso l’intera vicenda processuale: le indagini, la fase istruttoria, le tesi accusatorie, le denunce, i decreti di citazione a giudizio, le “numerose” ordinanze del Tribunale vaticano nel corso del dibattimento durato dall’estate 2021 all’inverno 2023. Si è ricostruita passo dopo passo la compravendita del palazzo di Sloane Avenue: affari, accordi, documenti, incontri tra Roma e Londra. Masella Ducci Teri è entrato nel merito dei singoli reati (tra questi: truffa, corruzione, peculato, autoriciclaggio) e delle imputazioni oggetto del giudizio. Nonché delle assoluzioni decise dal Tribunale di prima istanza. Il tutto a partire dalla sentenza di oltre 700 pagine, ora “impugnata davanti a questa Corte”.
Le motivazioni dell'appello delle difese
Il giudice ha elencato coloro che hanno presentato appello: non solo gli imputati, ma anche la parte civile IOR per una “erronea quantificazione (nella sentenza, ndr) del danno patrimoniale e di immagine” subito. Asif ha rinunciato, mentre Segreteria di Stato e Apsa non hanno proposto appello.
Sempre Masella Ducci Teri ha spiegato che tutti gli imputati hanno impugnato anche le quindici ordinanze pronunciate dal Tribunale vaticano nel corso del 2022-23. Ha quantificato in 90 le posizioni soggettive: “I motivi sono stati ampiamente illustrati nelle memorie depositate dalle difese” a fine luglio 2025. Tra questi, la questione della validità dei Rescripta di Papa Francesco nel corso delle indagini che avrebbero causato una “disparità di trattamento rispetto ad imputati di altri procedimenti vaticani”. “Le disposizioni – affermano gli avvocati della difesa - avrebbero concesso ampi poteri all’Ufficio dell’accusa”, riguardo a indagini, raccolta delle prove, accertamenti tecnici con “conseguenti violazioni” delle “garanzie previste dai principi del cosiddetto giusto processo”. Gli imputati chiedono pertanto – tra le altre cose - l’assoluzione dai reati loro ascritti e per i quali sono stati condannati, la riduzione della pena, la revoca della interdizione dai pubblici uffici, della confisca dei beni e della condanna di risarcimento.
Il presidente Arellano ha rinviato tutto a domani “perché le eccezioni di improcedibilità sollevate sia dai difensori che dal Promotore di Giustizia siano esposte, confermate o ritirate”.
Alle 11.25 l’udienza è stata tolta.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui