A Trento "Open Doors", porte che si aprono e respirano il mondo
Maria Milvia Morciano - Trento
L’autunno trentino, tempo di raccolto e di ringraziamento, accoglie quest’anno una mostra che si fa metafora di apertura e di rinascita. L'esposizione è stata inaugurata il 16 ottobre e proseguirà fino al 19. Open Doors non è solo una rassegna fotografica, ma un invito a riconoscere nelle soglie del quotidiano la possibilità di un incontro. Lia Beltrami, curatrice della mostra insieme a Marianna Beltrami, ne parla come di un’estensione naturale della tradizione di Autumnus, festa delle eccellenze e della comunità: "Quando si finisce il raccolto dell’uva e delle mele è il momento di ringraziare. L’autunno trentino è sempre stato la festa del ritrovarsi".
In questa continuità, l’arte si lega alla terra: al nutrimento che non è semplice consumo, ma relazione, gesto di ospitalità. Le porte, come le cucine delle nonne evocate dalla Beltrami, restano aperte "per chi passa e vede la porta aperta, può entrare, e quello che c’è viene diviso".
Le porte del mondo
Le venticinque fotografie di Open Doors compongono una geografia emotiva che va dall’Anatolia al Brasile, dal Bangladesh all’India, dal Galles alla Città del Vaticano fino alle Dolomiti. Ogni scatto racchiude una soglia, un’apertura sull’altro, un frammento di umanità che riflette lo spirito del Giubileo e il desiderio, espresso da Papa Francesco, di “porte aperte” come segno di accoglienza universale.
“Abbiamo raccolto fotografie di giovani artisti da tutto il mondo - racconta Beltrami - da zone particolari, dall’Anatolia alle favelas del Brasile, e con questi sguardi diversi vogliamo raccontare come gli artisti riescono ad aprire le porte della macchina fotografica e del loro cuore”. Il gesto di guardare diventa così atto etico ed estetico, un modo per restituire alla realtà la sua trasparenza originaria.
Immagini che respirano
Tra gli scatti più evocativi, la curatrice cita l'immagine di Rodrigo, “nella favela del Brasile, seduto davanti a una baracca, dove le porte aperte sono le porte sul cielo”. Da una condizione di marginalità emerge la possibilità di un oltre, una speranza che si intravede attraverso la luce.
Un’altra fotografia, quella di Chris, chef altoatesino, “apre le Dolomiti come una soglia”: lo sguardo si dilata tra la roccia e la neve, in un dialogo tra la verticalità della natura e la generosità del gesto umano. Ogni porta è diversa per forma e colore, ma accomunata da una medesima tensione fisica e simbolica verso l’apertura. È un’iconografia della fiducia, costruita su luci, silenzi e presenze.
Il cibo come metafora di comunione
Nelle parole di Lia Beltrami, il cibo diventa emblema di una spiritualità concreta, radicata nella quotidianità: "Il cibo è prendersi cura dell’altro. Nel Vangelo è sempre il momento in cui si aprono le porte dei cuori più chiusi".
La mostra, inserita nel programma Autumnus Events, dialoga così con le esperienze enogastronomiche del festival, rivelando la continuità tra nutrimento del corpo e apertura dell’anima. La polenta al centro della tavola, le ricette condivise, le mani che impastano: tutto concorre a una stessa idea di comunità, fatta di piccoli gesti e di ospitalità quale modo naturale di essere e vivere.
Lo sguardo che attraversa
In fondo, Open Doors non parla solo di porte, ma di sguardi. “E questo è lo sguardo di Cristo - afferma Beltrami - che sa guardare oltre, che apre le porte dei cuori più duri”. L’immagine diventa quindi parabola: non illustrazione del divino, ma rivelazione dell’umano che si lascia attraversare dalla luce. Così Trento, in questo ottobre di colori pieni e di aria tersa, diventa il crocevia di un pellegrinaggio interiore. Tra arte e vita, fede e comunità, Open Doors invita a varcare - con discrezione e coraggio - la soglia che unisce visione e compassione.
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