La "Dilexi te" vista e vissuta da una periferia popolare francese
di Etienne Guillet *
È con profonda gratitudine che accogliamo questa prima esortazione apostolica di Papa Leone XIV sull’amore per i più poveri. All’inizio del suo pontificato, il successore di Pietro ci offre un grande viaggio attraverso la Bibbia, la Tradizione e il Magistero per mettere in luce la centralità dell’attenzione ai poveri nella vita della Chiesa: «un faro di luce che, dal Vangelo in poi, ha illuminato i cuori e i passi dei cristiani di ogni tempo» (n. 103). Questa straordinaria rilettura della nostra storia mira indubbiamente a spronare i battezzati di oggi: «dobbiamo sentire l’urgenza di invitare tutti a immettersi in questo fiume di luce e di vita che proviene dal riconoscimento di Cristo nel volto dei bisognosi e dei sofferenti» (n. 103).
Dalla diocesi di Saint-Denis, che abbraccia il territorio della Seine-Saint-Denis, a nord di Parigi, dipartimento più povero della metropoli e tra i più popolosi, quali appelli ci giungono dall’esortazione Dilexi te?
Prima di tutto, un incoraggiamento a guardare con rispetto e, spesso, con grande ammirazione ai più fragili tra coloro che vivono in mezzo a noi, e che affrontano con coraggio una quotidianità difficile: quanti «lavorano dalla mattina alla sera […] pur sapendo che questo sforzo servirà solo a sopravvivere e mai a migliorare veramente la loro vita» (n. 14).
In un quartiere popolare, il parroco è spesso colpito dalla grande dignità dei suoi parrocchiani: quelli che fanno turni al lavoro, quelli che svolgono mestieri difficili, quelli che moltiplicano le ore di lavoro per allevare i figli.
Eppure, riconosciamolo, il clima generale potrebbe portarci a guardare ai più poveri in modo diverso: a volte con sospetto verso chi non sembra coraggioso o sembra un approfittatore, a volte con indifferenza. L’esortazione, facendo eco all’insistenza di Papa Francesco, ci rende vigili su questo punto: «ancora persiste — a volte ben mascherata — una cultura che scarta gli altri senza neanche accorgersene e tollera con indifferenza che milioni di persone muoiano di fame o sopravvivano in condizioni indegne dell’essere umano” (n. 11).
Se Gesù «si presenta al mondo non solo come Messia povero, ma anche come Messia dei poveri e per i poveri» (n. 19), allora la Chiesa deve guardare a ogni uomo come a un fratello da sostenere e amare.
Il Papa descrive diverse forme di povertà che, nel corso dei secoli, sono state altrettante sfide per la Chiesa. Nella Seine-Saint-Denis, molte di queste fragilità sono al centro delle nostre preoccupazioni e dell’impegno dei cristiani, accanto a uomini e donne di buona volontà. Ecco forse tre ambiti di attenzione particolarmente attuali.
Per questo dipartimento, il più giovane della Francia, dove l’età media è di 33 anni, le sfide legate all’educazione sono di primaria importanza. Le parrocchie accompagnano i giovani che hanno una grande sete di Dio, ma anche fragilità e angosce reali. Le scuole della diocesi, che accolgono una gioventù prevalentemente interculturale e appartenente a confessioni diverse, in situazioni spesso precarie, mirano a offrire un’educazione personalizzata. Intendono elevare ogni persona, conformemente a quanto scrive Leone XIV: «L’educazione cristiana non forma solo professionisti, ma persone aperte al bene, al bello e alla verità» (n. 72). In un momento in cui in Francia, in un quadro di laicità, la missione dell’insegnamento cattolico è messa fortemente in discussione, è opportuno ascoltare ciò che dice il Papa: «La scuola cattolica […] quando è fedele al suo nome, si configura come uno spazio di inclusione, formazione integrale e promozione umana; coniugando fede e cultura, semina futuro, onora l’immagine di Dio e costruisce una società migliore» (ibidem).
L’attenzione all’accoglienza dei migranti è una questione ineludibile in questo territorio dove molti abitanti provengono da altri Paesi, da una o più generazioni. Con quasi 200.000 persone senza documenti, la Seine-Saint-Denis è il primo dipartimento della Francia per numero di richieste di permessi di soggiorno. L’esortazione ci indica la nuova direzione da seguire: «accogliere, proteggere, promuovere e integrare» (n. 75). Certo, ogni parrocchia offre una comunità naturale d’integrazione e di fraternità, ma l’impegno della Chiesa diocesana nei confronti di tanti migranti meriterebbe di essere ulteriormente rafforzato. Perché, nel quadro del grande dibattito in Francia sulla questione migratoria, le parole di Francesco, riprese da Leone XIV, ci provocano e ci invitano a convertire il nostro sguardo: «Si tratta, allora, di vedere noi per primi e di aiutare gli altri a vedere nel migrante e nel rifugiato non solo un problema da affrontare, ma un fratello e una sorella da accogliere, rispettare e amare» (ibidem).
Infine, dalla Seine-Saint-Denis, siamo sensibili alle parole del Papa riguardo all’attenzione rivolta ai prigionieri e agli oppressi, secondo l’appello di Gesù: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione» (Luca, 4, 18). Di fatto ci sono tante forme di prigionia contemporanee al terribile appuntamento della vita dei più poveri … Prigionieri di dipendenze che corrodono i nostri quartieri; prigionieri di un affittacamere senza scrupoli quando non trovano un alloggio dignitoso; prigionieri di un protettore per molte giovani, sempre più spesso minorenni… Queste schiavitù di oggi a volte colpiscono membri delle nostre comunità parrocchiali ed è difficile per questi ultimi sapere come reagire e reggere. Ci servirà una vera inventiva evangelica.
Ma Dilexi te sembra ricordarci prima di tutto la missione profetica della Chiesa. In ogni occasione opportuna e non opportuna, accogliere e prendersi cura dei più poveri significa mostrare loro che apparteniamo alla stessa famiglia: «sono “dei nostri”» (n. 104). Significa lasciarci sorprendere da loro: poiché Cristo è così vicino ai fragili, scopriamo che sono spesso «maestri del Vangelo. Non si tratta di “portar loro” Dio, ma di incontrarlo presso di loro» (n. 79). Insieme, formiamo dunque la Chiesa e fianco a fianco cerchiamo Dio… Mentre, giustamente, le diocesi scelgono cammini di nuova evangelizzazione, il Papa ci ricorda che l’annuncio del Vangelo «è credibile solo quando si traduce in gesti di vicinanza e accoglienza» (n. 75). Non possiamo scegliere tra “carità” e “missione”, quindi le custodiamo entrambe, perché l’amore per i poveri «è la garanzia evangelica di una Chiesa fedele al cuore di Dio» (n. 103).
*Vescovo di Saint-Denis
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