Gaza, Gallagher: bene l'accordo per la prima fase, ora si lavori per la stabilità
Roberto Paglialonga – Città del Vaticano
“È un bene che l’accordo per Gaza si sia fatto, e bisogna riconoscere in questo senso l’impegno del presidente degli Usa, Trump. Ma d’altro canto sappiamo tutti che si tratta ancora di un equilibrio fragile e che ora ci sarà bisogno di molto lavoro da parte di tutti, soprattutto mediatori e attori coinvolti”. L’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede, è intervenuto oggi pomeriggio in un dialogo su “Diplomazia vaticana e diplomazia degli Stati”, assieme all’ambasciatore Giampiero Massolo, presidente di Mundys e del comitato scientifico del Festival della Diplomazia. L’evento, ospitato dall’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, si è svolto proprio nell'ambito del Festival, giunto alla XVI edizione, con la moderazione della giornalista Giovanna Pancheri.
Gaza: gli appelli della Santa Sede e il sostegno alle comunità cristiane
Dopo i saluti introduttivi dell’ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, Francesco Di Nitto, la conversazione non poteva che partire dalla positiva conclusione delle trattative in Medio Oriente e dalla firma dell’intesa sulla prima fase del piano della Casa Bianca, avvenuta ieri a Sharm el-Sheikh, in Egitto. “In questi anni – ha detto Gallagher – abbiamo imparato che la pace è una delle opzioni, una decisione che potremmo definire trascendentale, a cui però devono poi seguire altre scelte e altri accordi” che le diano concretezza. La Santa Sede, in tal senso, ha fatto tutto quanto era nelle sue possibilità: “Non c’è stata l’opportunità di fare da mediatori – ammette –, ma abbiamo lavorato sempre per incoraggiare il dialogo tra le parti e chiedere il rispetto del diritto internazionale”. In questi due anni costanti sono stati gli appelli prima di Papa Francesco e ora di Papa Leone XIV, la cosiddetta “diplomazia pubblica”; poi il sostegno “alle nostre comunità, ricordiamo le telefonate quotidiane di Francesco alla parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza City”, e, infine, il supporto attraverso le iniziative del Patriarcato latino di Gerusalemme.
I punti di debolezza dell’accordo
Certamente, ha spiegato l’ambasciatore Massolo, “rimarranno da risolvere i punti di fragilità della seconda fase dell’accordo – disarmo di Hamas e ritiro di Israele dalla Striscia, due prospettive collegate –, considerando anche la differenza dei rapporti di forza in campo, la mancanza al momento di una prospettiva statuale palestinese e il fatto che, all’assetto attuale, si è arrivati attraverso le armi: nell’idea di Trump sono queste che aprono alla diplomazia”. L’ambasciatore vede però una base comune di interesse, “data dalla prospettiva degli accordi di Abramo”.
L’importanza di Nostra Aetate e i rapporti con le altre religioni
I due anni di conflitto hanno creato “talvolta qualche incomprensione” nei rapporti con le altre religioni, “in particolare con l’ebraismo”, ammette l’arcivescovo Gallagher, “e tuttavia dobbiamo metterci in un cammino di riconciliazione”. Con l’Islam, poi, molto è stato fatto “grazie al pontificato di Francesco: da un lato i rapporti con il mondo sunnita, attraverso i contatti con il Grande Imam di al-Azhar, Al Tayyeb, e dall’altro con quello sciita, ricordiamo la visita in Iraq e l’incontro con l’ayatollah Ali al-Sistani”. Ma in generale, sottolinea, “le decisioni prese dai padri conciliari con la Dichiarazione Nostra Aetate sono irreversibili: certamente c’è ancora tanto da fare, ma si va avanti. Le nostre fonti religiose devono essere fonti di riconciliazione”.
La complessità della guerra in Ucraina
Nel toccare il tema della crisi russo-ucraina, il presule – pur esprimendo la speranza che si possa arrivare prima o poi a una pace, “che non sembra ancora vicina” – evidenzia la complessità dell’attuale situazione, molto diversa da quella mediorientale”. In questo contesto, in cui “c’è una certa paralisi del settore multilaterale”, compito della Santa Sede “è continuare a facilitare i contatti”, dice. Positivo che “Leone abbia confermato le missioni umanitarie del cardinale Zuppi per lo scambio dei prigionieri, ambito in cui abbiamo ottenuto qualche risultato, e per i bambini”. Purtroppo, riprende Massolo, “se in Medio Oriente le dinamiche, anche se s’è voluto tempo, sono sempre parse in qualche modo risolutive, in Ucraina mancano i presupposti di una cointeressenza tra le parti, come per esempio gli accordi di Abramo per il Medio Oriente”. Sarebbe dunque nelle mani del presidente Trump la possibilità di decidere di utilizzare “alcune leve di pressione in particolare su Mosca”.
I conflitti dimenticati, il viaggio di Leone in Turchia e Libano
Gallagher si sofferma poi sulle crisi e i conflitti dimenticati, o quasi, “perché catturano meno l'attenzione mediatica”, e su cui tuttavia la Santa Sede continua a mantenere un focus costante: il Sudan, “dove c’è una vera guerra civile”, la Repubblica Democratica del Congo, il Sahel, il Madagascar, il Myanmar, “dove la Chiesa continua a lavorare a un livello locale con molte delle sue comunità”. Parla del prossimo viaggio di Leone in Turchia, “il Concilio di Nicea è fondamentale per la storia del cristianesimo”, sottolineando come sia importante poter collaborare con il Patriarcato di Costantinopoli e intrattenere relazioni proficue con Ankara come “grande attore internazionale”; e in Libano, “al quale Francesco aveva fatto una promessa solenne, legandola anche alla nomina di un nuovo presidente”, e dove “occorre lavorare per consolidare la pace e portare stabilità nell’area”.
La soddisfazione per la visita del Papa al Quirinale
Infine, sulla visita odierna del pontefice al presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, la prima all’estero, dice: “Un giorno di grande soddisfazione per la Santa Sede. Si è vista bene l’intesa che c’è con l’Italia sul tema della pace”.
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