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Il cardinale Koovakad con Papa Francesco Il cardinale Koovakad con Papa Francesco  

Koovakad, le religioni al servizio della fraternità nel mondo

Il cardinale prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso si sofferma sulla presenza nell’Enciclica “Fratelli tutti” di una dichiarazione dei vescovi dell’India, la sua terra. Nella testimonianza del porporato è evidente il legame tra l’enciclica e il Documento sulla Fratellanza umana per la Pace mondiale e la Convivenza comune

di George Jacob Koovakad*

«L’obiettivo del dialogo è stabilire amicizia, pace, armonia e condividere valori ed esperienze morali e spirituali in uno spirito di verità e amore»: ricordo che queste parole contenute nella Fratelli tutti firmata da Papa Francesco cinque anni fa mi colpirono subito più di tante altre.  Perché il Pontefice argentino che aveva scelto il nome del Poverello di Assisi, aveva voluto inserire nella sua terza enciclica una dichiarazione dei vescovi della mia terra, l’India. Era tratta dal documento della Conferenza episcopale Response of the Church in India to the present day challenges (9 marzo 2016) e veniva offerta alla Chiesa universale dal Successore di Pietro.
Quel che non potevo sapere allora, visto che in quell’ottobre 2020 ero da poco arrivato a Roma dal Venezuela per svolgere il mio servizio diplomatico presso la Segreteria di Stato di Sua Santità, è che di lì a breve mi avrebbe chiamato a organizzare i suoi viaggi apostolici, diversi dei quali in Paesi in cui i cristiani sono minoranza; e che successivamente mi avrebbe creato cardinale e messo a capo del Dicastero per il Dialogo Interreligioso

Se per firmare la lettera apostolica Admirabile signum, il 1° dicembre 2019 Papa Bergoglio si era recato a Greccio, dove il santo di cui aveva preso il nome realizzò il primo presepe, per la sua terza enciclica era andato direttamente nella città indissolubilmente legata alla nascita dell’esperienza e della mistica francescane. Un luogo divenuto col tempo anche simbolo di relazione tra differenti fedi, di credenti accomunati dallo stesso anelito di pace, quello “Spirito di Assisi” che da san Giovanni Paolo II a oggi i Pontefici hanno continuato e continuano a mantenere vivo.
Nella cittadina umbra Papa Francesco aveva celebrato la messa sulla tomba del patrono d’Italia nel pomeriggio di sabato 3 ottobre 2020, vigilia della festa liturgica; e al termine, sullo stesso altare di marmo bianco, con la sua caratteristica grafia minuta, che col tempo avrei imparato a conoscere, aveva scritto a penna il proprio nome in calce alla Fratelli tutti, la quale prendeva ancora una volta spunto dalla spiritualità del Poverello.
Così come per la precedente enciclica Laudato si’ del 24 maggio 2015 — la prima, Lumen fidei, del 29 giugno 2013, era stata iniziata da Benedetto XVI —, Francesco si era lasciato ispirare dall’umile frate per una riflessione «sulla fraternità e l’amicizia sociale», nella scia del Documento sulla Fratellanza umana per la Pace mondiale e la Convivenza comune, sottoscritto ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019.

Anche per questo, tra quanti furono invitati il giorno dopo a presentare la nuova enciclica nella Sala stampa della Santa Sede vi fu anche il cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, mio predecessore come presidente dell’allora Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Il porporato spagnolo era stato infatti tra i promotori della Dichiarazione firmata nella capitale degli Emirati Arabi Uniti dallo stesso Pontefice e dallo sceicco Ahmad Al-Tayyeb, Grande Imam di Al-Azhar, massima istituzione accademica dell’islam sunnita. In particolare egli citò il capitolo 8: Le religioni al servizio della fraternità nel mondo. «Collaboro con Papa Francesco fin da quando è stato eletto», disse, e «posso attestare quanto lavoro sia stato fatto, anche tra innegabili difficoltà, come nel caso dell’ultima emergenza, causata dalla pandemia da Covid-19. La via del dialogo tra persone di diverse tradizioni religiose non inizia certo oggi, ma fa parte della missione originaria della Chiesa e affonda le radici nel Concilio Vaticano II. Papa Francesco, ravvisando nel rispetto e nell’amicizia due atteggiamenti fondamentali, ha aperto un’ulteriore porta affinché l’ossigeno della fraternità possa entrare in circolo nel dialogo tra persone di diversa tradizione religiosa, tra credenti e non credenti, e con tutte le persone di buona volontà».  


Da allora tante cose sono cambiate, dalla deflagrazione di drammatiche e pericolose guerre a una crisi climatica sempre più grave; ed è cambiato anche il vescovo di Roma. Ma lo stesso Leone XIV sin dagli albori del pontificato ha voluto mettersi sulla scia di Francesco, il Papa della Fratelli tutti che «ha promosso sia il cammino ecumenico sia il dialogo interreligioso, e lo ha fatto soprattutto coltivando le relazioni interpersonali, in modo tale che, senza nulla togliere ai legami ecclesiali, fosse sempre valorizzato il tratto umano dell’incontro» (Discorso ai Rappresentanti di altre Chiese e Comunità ecclesiali e di altre religioni, 19 maggio 2025).

«In un mondo ferito dalla violenza e dai conflitti, ognuna delle comunità qui rappresentate reca il proprio apporto di saggezza, di compassione, di impegno per il bene dell’umanità e la salvaguardia della casa comune», ha aggiunto, dicendosi certo che «la testimonianza della nostra fraternità, che mi auguro potremo mostrare con gesti efficaci, contribuirà a edificare un mondo più pacifico».
Non si tratta però di ingenuo ottimismo lontano dalla realtà, visto che — come ha ammonito più di recente — le «religioni sono state e talvolta sono ancora strumentalizzate per giustificare la violenza e la lotta armata»; ma proprio per tale motivo «noi dobbiamo smentire con la vita queste forme di blasfemia, che oscurano il Nome Santo di Dio» (Discorso al Consiglio dei giovani del Mediterraneo, 5 settembre). Un compito che il Dicastero per il Dialogo Interreligioso è chiamato a svolgere impegnandosi contro le tante ingiustizie che affliggono l’umanità e testimoniando che tutti i credenti, pur rimanendo ben radicati ciascuno nella propria identità religiosa, debbano percorrere insieme la via della fraternità umana, nonostante le differenze: come Fratelli tutti. Del resto, il prossimo 28 ottobre ricorrerà il 60° anniversario della Dichiarazione conciliare Nostra aetate, la “Magna Charta” della Chiesa cattolica in materia di dialogo interreligioso. Non a caso, proprio alla collaborazione tra le diverse tradizioni religiose è dedicata l’intenzione di preghiera che il Pontefice agostiniano propone per questo mese.

*Cardinale prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso

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03 ottobre 2025, 15:29