Dziwisz: l’attualità di Papa Wojtyła nel suo appello “Aprite le porte a Cristo"
Eugenio Bonanata – Città del Vaticano
Scaldano il cuore le parole che il cardinale Stanislao Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia, utilizza per ricordare la figura di san Giovanni Paolo II, nel giorno in cui la Chiesa celebra la sua memoria liturgica. “Ascoltava la voce di Dio nella preghiera”, afferma il porporato, già segretario personale del Pontefice polacco, in una intervista a Radio Vaticana-Vatican News, parlando della quotidianità e del fondamento spirituale alla base di ogni decisione dell’amato Pontefice. Uno dei momenti chiave? Certamente il 22 ottobre di quarantasette anni fa, quando durante la Messa di inizio pontificato Papa Wojtyła esclamò: “Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo”. Per il cardinale queste sono le parole più ricordate da tutta la Chiesa e costituiscono una esortazione sempre attuale anche oggi, in un mondo segnato da incertezze e timori. “Il santo Papa – afferma Dziwisz - ha indicato la via d'uscita: bisogna affidare il destino del mondo e dell'uomo a Gesù Cristo”.
Ripercorrere i 27 anni di pontificato di san Giovanni Paolo II non è facile. Lei cosa ha piacere di ricordare in particolare?
Ho nella memoria e nel cuore innumerevoli momenti, incontri, persone ed eventi legati al lungo pontificato di san Giovanni Paolo II. Riguardano il suo ministero quotidiano in Vaticano, ma anche i centoquattro viaggi apostolici internazionali, le quasi centocinquanta visite nelle diocesi e nelle città italiane e in trecento parrocchie romane. Il Santo Padre pubblicava una dopo l'altra encicliche e esortazioni apostoliche, convocava i Sinodi dei Vescovi, teneva catechesi durante le udienze generali settimanali, ha vissuto con la Chiesa il Grande Giubileo del 2000. Nel mezzo di un ministero estremamente intenso, portando sulle spalle l'enorme peso dei problemi della Chiesa e del mondo, è sempre rimasto sereno, immerso nella preghiera. È stato così fino alla fine, anche se, come sappiamo, gli ultimi anni della sua vita sono stati segnati dalla malattia.
Lei ha vissuto sempre al suo fianco, come segretario personale. San Giovanni Paolo II le ha mai chiesto aiuto e consiglio?
Ho servito al fianco di Karol Wojtyła – Giovanni Paolo II per quasi quarant'anni. Ho condiviso con lui gioie e dolori, preoccupazioni e speranze. Come metropolita di Cracovia e poi come Papa, san Giovanni Paolo II amava circondarsi di persone, ascoltare le loro voci, i loro consigli e le loro proposte. Ma soprattutto ascoltava la voce di Dio nella preghiera. Tutto questo costituiva il fondamento del suo discernimento spirituale prima di prendere una decisione. Lo aiutavo nelle questioni quotidiane e, quando mi chiedeva qualcosa, condividevo con lui le mie conoscenze.
Per lei cosa significa aver vissuto accanto ad un santo?
Fin dall'inizio mi sono reso conto di servire al fianco di un uomo straordinario e, con il passare degli anni, essendo testimone della sua preghiera quotidiana e del suo lavoro per la Chiesa, mi sono reso conto che quest'uomo viveva in profonda unione con Dio. Giovanni Paolo II era un mistico, e la sua mistica trovava espressione nel suo instancabile servizio alla Chiesa e al mondo. Vivere e lavorare al fianco di un uomo simile è stato ed è per me il più grande privilegio e un grando dono nella vita.
San Giovanni Paolo II è stato definito il Papa dei primati. Prendendo spunto dalle canonizzazioni di domenica scorsa, dobbiamo ricordare che Giovanni Paolo II ha elevato agli onori degli altari un numero di beati e di santi che nessun altro ha raggiunto. A chi gli chiedeva il perché di tanti nuovi santi, lui rispondeva “non siamo noi che li facciamo, ma ci vengono portati dalla provvidenza”...
Sì, i santi sono un dono per tutta la Chiesa come testimoni eccezionali di Gesù Cristo. Sono un esempio vivo e concreto di come si possa vivere secondo il Vangelo in tempi e circostanze diverse, in ogni stato di vita: sacerdotale, consacrato, coniugale e familiare. Giovanni Paolo II aveva a cuore di mostrare al popolo di Dio diversi esempi di santità provenienti da tutti i continenti, da diverse nazioni e culture, non solo nei tempi antichi, ma anche nel mondo di oggi.
San Giovanni Paolo II aveva un rapporto speciale con i giovani. Qual era il suo punto di forza nel dialogo con loro, che definiva i cristiani del futuro?
I giovani hanno sempre occupato un posto speciale nella missione pastorale di Karol Wojtyła – come sacerdote, poi vescovo e cardinale e infine come Papa – pastore di tutta la Chiesa. Il suo punto di forza nel dialogo con i giovani era che era autentico, trasparente. Proponeva ai giovani ciò che lui stesso viveva. Non proponeva loro una vita facile. Era esigente con loro, perché prima di tutto era esigente con se stesso. Ricordiamo l'entusiasmo che suscitava tra i partecipanti alle Giornate Mondiale della Gioventù, di cui era stato l'iniziatore. Queste Giornate sono una delle migliori iniziative pastorali della Chiesa contemporanea. Lo abbiamo sperimentato anche durante i pontificati di Papa Benedetto XVI, Papa Francesco e, recentemente, all'inizio di agosto di quest'anno, durante il Giubileo dei Giovani e il loro incontro con il Santo Padre Leone XIV a Tor Vergata.
Qual è l’attualità di Giovanni Paolo II?
È interessante notare che le parole di Giovanni Paolo II più ricordate nella Chiesa sono quelle pronunciate durante l’inaugurazione del suo pontificato, quarantasette anni fa, proprio il 22 ottobre: «Non abbiate paura! Aprite le porte a Cristo». Nel mondo di oggi ci sono tante paure e incertezze. Il Santo Papa ha indicato la via d'uscita: bisogna affidare il destino del mondo e dell'uomo a Gesù Cristo, bisogna fidarsi di Lui, perché solo Lui ha le parole della vita eterna. Queste parole e questa via rimangono sempre attuali anche oggi.
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