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Alcuni giovani coinvolti in uno dei progetti della Fondazione Pontificia Scholas Occurrentes Alcuni giovani coinvolti in uno dei progetti della Fondazione Pontificia Scholas Occurrentes 

Scholas Occurrentes, dal 2 al 5 novembre seconda edizione del Meaning Meets Us

Si svolgerà in Vaticano e in diversi luoghi dell’Urbe il programma educativo ideato dalla Fondazione Pontificia che coinvolge universitari ebrei, cristiani e musulmani per favorire la conoscenza e il dialogo fra i giovani. Tra le università partecipanti anche quella ebraica di Gerusalemme e quelle di Tel Aviv e Georgetown, con la presenza di loro docenti e studenti

Vatican News

Intende promuovere l’educazione e l’incontro come vie per la comprensione e la pace la seconda edizione del programma Meaning Meets Us che, organizzato dalla Fondazione Pontificia Scholas Occurrentes, si terrà dal 2 al 5 novembre in Vaticano e in diversi luoghi di Roma. L’incontro coinvolgerà ragazzi di diverse tradizioni religiose, ebrei, cristiani e musulmani, che prenderanno parte ad attività educative e artistiche progettate da Scholas e a sessioni speciali di Middle Meets, un’iniziativa nata dopo gli attacchi di Hamas a Israele nell’ottobre 2023. In risposta alla necessità di creare spazi di ascolto e comprensione, studenti dell’Università Ebraica hanno promosso questo programma come modello di dialogo aperto e costruttivo.

Costruire ponti

La recente firma dell’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Gaza, che ha rappresentato un punto di svolta sia per israeliani che per palestinesi, ha aperto la strada al ritorno a casa degli ostaggi e ha permesso l’apertura dei valichi di confine di Gaza, facilitando l’arrivo degli aiuti umanitari alle persone colpite dal conflitto, ha fatto emergere un rinnovato senso di speranza e nuove possibilità di riconciliazione e cooperazione. Meaning Meets Us mira a costruire ponti e a favorire un dialogo profondo e significativo in un momento in cui si stanno facendo strada opportunità di pace e i risultati significativi nella sua prima edizione, hanno spinto università come l’Università Ebraica di Gerusalemme, l’Università di Tel Aviv e l’Università di Georgetown a partecipare con i propri studenti e docenti.

Le università spazi per parlare di tutti i temi

“La pace è dono e compito. Per questo, da Scholas e dall’Università del Senso, creata da Papa Francesco, abbiamo convocato studenti palestinesi e israeliani e giovani ebrei, musulmani e cristiani del mondo accademico a convivere per tre giorni e a sperimentare insieme, attraverso il dibattito scientifico e l’arte, la scoperta delle nostre radici abramitiche e la costruzione di Gerusalemme come città di Pace e Incontro”, spiega in un comunicato stampa José María del Corral, presidente di Scholas Occurrentes. Ritiene importante il progetto di Scholas, per favorire la conoscenza Elitzur Bar-Asher Siegal, professore dell’Università Ebraica di Israele e direttore di Middle Meets: “Nel mondo accademico e nelle università dovremmo essere in grado di parlare di tutto con rigore, apertura e intelligenza - dice -. Purtroppo, troppo spesso, le università sono diventate luoghi in cui questo tipo di discorso non avviene. Cerchiamo di restituire all’accademia il suo ruolo naturale: essere lo spazio in cui si discutono tutti i temi e dove sappiamo come portare avanti tali discussioni con coraggio. Insieme a Scholas, riusciamo ad aprire le menti attraverso l’apertura dei cuori - prosegue il docente -, e insieme facciamo ciò che ogni essere umano dovrebbe fare per natura: parlare con onestà e responsabilità”.

La prima edizione

La prima edizione del programma educativo Meaning Meets Us si è svolta dal 2 al 5 febbraio di quest’anno e l’ultimo giorno i partecipanti hanno incontrato da Papa Francesco, che in quell’occasione ha raccontato delle sue telefonate alla parrocchia di Gaza ogni giorno per esprimere la sua vicinanza. Al termine dei lavori, in una toccante testimonianza, Yoam, un partecipante israeliano ha dichiarato: “Non sono venuto qui per convincere nessuno, e non credo che il mondo cambierà dopo questa settimana, ma qualcosa è cambiato in me”. Il giovane ha inoltre sottolineato che il programma gli ha permesso di trasformare il dolore e la frustrazione per i conflitti nella sua regione in compassione e ascolto. Da parte sua, una giovane studentessa palestinese ha affermato che le conversazioni sono state difficili e talvolta scomode, ma proprio per questo ha definito questi spazi siano fondamentali: “Dopo i momenti più tesi, andavamo a mangiare insieme, a giocare, a ridere. Continuavamo ad essere persone, al di là delle differenze”. Jacobs Theresa Josephine, studentessa dell'Università di Notre Dame di Chicago, ha invece raccontato: “Non sono della regione, non ho vissuto ciò che hanno vissuto i miei compagni, ma sono venuta con l'obiettivo di ascoltare e imparare. È stata un'esperienza incredibile, che ripeterei senza dubbio. Gli scambi spontanei ci hanno fatto vedere come persone al di là delle etichette”.

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21 ottobre 2025, 15:16