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De Mendonça: lo sport, non solo fisicità ma “arte di essere insieme”

Al programma settimanale “Storie di sport. Athletica Vaticana racconta”, in onda su Radio Vaticana-Vatican News, il porporato riflette sulla dimensione sportiva: non separa il corpo dall’anima, anzi è cultura e scuola spirituale per cuori inquieti

Giampaolo Mattei - Città del Vaticano

«Lo sport ti mette in rapporto con le grandi domande di senso della vita; ti apre alla dimensione di trascendenza; crea silenzio; è biologicamente comunitario; è laboratorio e scuola di comunità; è educazione all’integrazione positiva del limite; ti mette in contatto con l’ascesi che ha sempre una natura religiosa; ha una dimensione materiale ma è altrove il suo significato. E se questa non è una “scuola spirituale” non so cosa siano le “scuole spirituali”». A parlare è il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’educazione, ospite del programma settimanale “Storie di sport. Athletica Vaticana racconta”, in onda su Radio Vaticana-Vatican News.

La visione dello sport è rimasta finora «troppo collegata alla dimensione soltanto fisica, parallela e separata dalla dimensione della vita» ha affermato il cardinale. Non si associa lo sport  a quel patrimonio — riconosciuto, ad esempio, alla letteratura — «che promuove la ricerca interiore per una conoscenza di noi stessi  in rapporto con le piccole e le grandi domande».

Proprio per questo, ha rilanciato, il Dicastero per la cultura e l’educazione «è il luogo ideale per una realtà come Athletica Vaticana». Sì, ha insistito il cardinale, «lo sport è cultura e la cultura è ricerca sensibile del senso; è arte di essere insieme, di costruire compagnia nelle diverse espressioni umane per rendere ogni persona più consapevole della sua vocazione, della sua chiamata».

Questo progetto sportivo —  il Dicastero e Athletica Vaticana sono i due soggetti, profondamente uniti — ha un particolare valore nel pontificato di Leone XIV che — ha fatto presente il cardinale de Mendonça — «non solo ha l’esperienza sportiva, ma soprattutto ha la grande comprensione del significato e delle possibilità dello sport nell’evangelizzazione. Il Papa è molto consapevole delle possibilità dello sport nel campo dell’evangelizzazione, vuole sviluppare questa dimensione che è già oggi la principale manifestazione culturale. In modo che la Chiesa abiti gli spazi sportivi e l’esperienza sportiva con proposte di evangelizzazione».

Di più: «Oggi  tra i giovani, catturati dall’immensa solitudine degli schermi, lo sport è un’esperienza di redenzione che insegna la gioia, la bellezza dei rapporti».

Ed è «fiducia» la parola-chiave che il cardinale suggerisce al mondo dello sport: «I grandi allenatori e i grandi maestri spirituali nella nostra vita sono quelli che ci hanno guardato e non hanno visto la pietra dura ma il capolavoro». Nello sguardo del vero allenatore «c’è tutto: il momento attuale e anche le possibilità nascoste. Scoprire, affidarsi, dire “fiducia”, perché si arrivi alla condizione di capolavoro, è un’esperienza che ogni uomo e ogni donna ha bisogno di sentire nel proprio cuore».

Per il cardinale, inoltre, «è molto interessante che lo sport permetta una spiritualità per tutti che non separa l’anima dal corpo», superando «una grande tentazione della cultura occidentale:  pensare che c’è una vita interiore e dopo e c’è tutta la parte biologica e fisica». Invece «quando si muove il corpo, si muove pure l’anima; quando partono i nostri piedi, partono anche le ragioni profonde del nostro cuore; quando esponiamo la pelle, esponiamo anche quello che è dentro il nostro corpo». E «quanta potenzialità, quanta materia l’esperienza sportiva ci offre per proseguire in una ricerca di spirito».

Proprio l’esperienza della maratona — secondo il cardinale de Mendonça — vale per un’efficace metafora dell’esistenza stessa: «A partecipare oggi alle maratone sono soprattutto persone a metà della propria vita che fanno questa sorta di “prova di vita”: senz’altro l’esigenza di una maratona toglie le persone dalla loro comfort-zone, mette in gioco». Ma, in fin dei conti, «cosa giustifica uno sforzo come la maratona per una persona di mezza età? Non la medaglia! La chiamata profonda di una maratona intercetta necessità più profonde che non sono solo fisiche. È anche una prova di vita interiore, fatta dagli assetati, dai cuori inquieti che hanno il desiderio di respiro e si mettono in cerca di ragioni di senso, verità, bellezza, superamento, resilienza. E tutto questo è ricerca spirituale».

Infine, uno sguardo agli ormai prossimi Giochi invernali di Milano-Cortina: «È particolarmente significativa la “presenza” della Croce degli sportivi» che ha iniziato il suo pellegrinaggio olimpico e paralimpico a Londra 2012. In occasione del Giubileo dello sport, lo scorso 14 giugno, è stata affidata ad Athletica Vaticana. «La Croce olimpica — ha affermato il cardinale — è anche il simbolo del pellegrinaggio della croce che ogni atleta realizza in se stesso, nella croce tatuata nel proprio cuore. La croce la capiamo soltanto come la più bella storia d’amore e, alla fine, la cosa più importante è far diventare ogni modalità sportiva una grande storia d’amore».

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24 novembre 2025, 14:37