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Lo splendore della parola nel "libro più bello del mondo"

In occasione del Giubileo, la Bibbia di Borso d’Este torna nella Sala Capitolare del Senato, dove sarà esposta dal 22 novembre al 15 gennaio 2025: un ritorno reso possibile da una collaborazione intensa tra istituzioni civili e mondo ecclesiale attorno a un capolavoro assoluto del Rinascimento

Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano

A cento anni dalla sua prima esposizione pubblica, la Bibbia di Borso d’Este torna a Roma, nella Sala Capitolare della Biblioteca del Senato, dove nel 1923 Giovanni Treccani decise di salvarla dall’esilio. La mostra prende il titolo dalla Genesi: “Et vidit Deus quod esset bonum – La Bibbia di Borso d'Este. Un capolavoro per il Giubileo”. È un ritorno carico di storia, quasi una ricongiunzione: proprio qui Treccani incontrò Giovanni Gentile e, folgorato dalla bellezza del manoscritto, decise di acquistarlo, “commosso fino alle lacrime”. Oggi il Giubileo offre di nuovo la possibilità di vedere un’opera che viene esposta al pubblico solo in occasioni rarissime.

Locandina della mostra nella Sala Capitolare della Biblioteca del Senato
Locandina della mostra nella Sala Capitolare della Biblioteca del Senato


Un parterre istituzionale 

All’inaugurazione, promossa dal presidente del Senato, Ignazio La Russa, hanno partecipato tra gli altri la vicepresidente Mariolina Castellone, il sottosegretario alla cultura Gianmarco Mazzi, il commissario straordinario per il Giubileo Roberto Gualtieri, insieme alle tre voci centrali della giornata: monsignor Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione; Carlo Ossola, presidente dell’Istituto della enciclopedia italiana; Alessandra Necci, direttrice delle Gallerie estensi e curatrice della mostra.

Dettaglio del margine inferiore della carta iniziale del Libro di Geremia
Dettaglio del margine inferiore della carta iniziale del Libro di Geremia

Una bellezza che provoca

Monsignor Rino Fisichella ha riportato l’attenzione sulla natura profonda del manoscritto. “La Bibbia non è solo un libro: è la Parola che continua a parlare ad ogni generazione”. E nella veste miniata voluta da Borso d’Este la bellezza non è semplice ornamento, ma “una preghiera visiva, una memoria che attraversa i secoli”. Le pagine decorate, l’oro, i pigmenti preziosi diventano un invito alla contemplazione, una provocazione a riscoprire il testo sacro nel suo valore più autentico: quella stessa Parola che continuiamo a incontrare nelle edizioni accessibili a tutti, quelle che teniamo in casa, e che chiedono soltanto di essere riaperte per lasciar emergere il loro contenuto essenziale.

Carta iniziale del Libro di Giosuè
Carta iniziale del Libro di Giosuè

La curatrice e la dinastia che inventò la modernità

Alessandra Necci ricostruisce il contesto in cui nacque il manoscritto: la corte di Borso ed Ercole d’Este, laboratorio di arte, politica e splendore. Lì operarono Taddeo Crivelli, Franco de’ Russi, Girolamo da Cremona, Guglielmo Giraldi; lì prese forma quel linguaggio che Roberto Longhi definì capace di “dialogare alla pari con la pittura monumentale”. Necci ricorda come la Bibbia non fosse solo un oggetto di devozione, ma anche un manifesto politico: Borso la portò a Roma nel 1471 per mostrare al Papa la grandezza estense. “Un’opera di corte che diventa patrimonio di tutti”, sintetizza la direttrice, guidando il visitatore attraverso oltre seicento carte miniate, dagli animali fantastici alle scene che echeggiano i modi di Donatello.

Carta iniziale del Vangelo di Luca
Carta iniziale del Vangelo di Luca

Treccani: la liberalità che ha fatto la storia

Carlo Ossola ha restituito la portata civile del gesto di Treccani: un esempio altissimo di mecenatismo moderno. La sua “liberalità” ha permesso all’Italia di riabbracciare un tesoro che rischiava la dispersione internazionale. In questa mostra, la storia dell’opera e quella dell’Istituto si intrecciano di nuovo. “In due soli volumi si concentra un intero paesaggio della cultura italiana”, ricorda il presidente dell'Istituto della enciclopedia italiana. A un secolo dalla donazione, la Bibbia rimane anche uno dei simboli dell’idea di cultura come bene comune.

Carta iniziale dell’Ecclesiaste, la corte di Salomone, dettaglio del margine inferiore
Carta iniziale dell’Ecclesiaste, la corte di Salomone, dettaglio del margine inferiore

Un libro che è un mondo

La Bibbia di Borso d’Este non è un semplice manufatto librario: è un microcosmo visivo in cui convivono sacro, politica, arte, zoologia fantastica e orgoglio dinastico. L’azzurro oltremare afghano dei preziosi lapislazzuli, il fondo oro, gli stemmi, i centauri, le imprese estensi: ogni pagina vibra di quella “armonia tra bellezza e sacralità” evocata da Fisichella come cifra per il pellegrino del Giubileo. A Modena, dove è custodita, è la gemma delle Gallerie Estensi. A Roma, per poche settimane, diventa un vertice di memoria: ricorda ciò che la cultura può fare quando unisce istituzioni, studiosi, cittadini e storia. Un libro che continua a essere, come recita il titolo della mostra, cosa buona. E bella.

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14 novembre 2025, 14:32