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Parolin: in Medio Oriente il Papa sarà messaggero di concordia, dialogo e pace

Türkiye e Libano attendono Leone XIV. Il cardinale segretario di Stato ribadisce la centralità del viaggio sul fronte ecumenico, interreligioso e come segno di speranza e pace. Fondamentale, rimarca il porporato, il ruolo dei cristiani nella vita sociale, economica, culturale e politica dell'area

Massimiliano Menichetti

Tutto è pronto in Türkiye e in Libano per l’arrivo di Leone XIV. Il primo viaggio apostolico internazionale del Papa statunitense si apre all’insegna della testimonianza e dell'incontro. Il Successore di Pietro vola in Medio Oriente per confermare nella fede e portare la bellezza di Cristo che salva l’umanità intera. E grande è l’attesa delle comunità cattoliche, e non solo, in entrambi i Paesi incastonati in continenti non risparmiati da guerre e violenze, eppure capaci di costruire, spesso con non poche sofferenze e contraddizioni, vie di dialogo, accoglienza e pace. I due motti scelti per la visita: “Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo” e “Beati gli operatori di pace” evidenziano il cuore di queste tappe all’insegna della speranza, unità e fraternità. Il viaggio in Türkiye avrà come centro la celebrazione ecumenica per i 1700 anni dal Concilio di Nicea, mentre nel Paese dei cedri uno dei momenti toccanti sarà la “preghiera silenziosa” al porto di Beirut, dove cinque anni fa un’esplosione uccise oltre 200 persone e ne ferì 7 mila. Per il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, la visita del Pontefice porterà speranza, pace e un nuovo slancio per i cristiani in Medio Oriente.

Il logo del viaggio apostolico di Papa Leone XIV in Türkiye
Il logo del viaggio apostolico di Papa Leone XIV in Türkiye

Eminenza, questo è il primo viaggio apostolico di Leone XIV. Türkiye e Libano, due tappe, due desideri che erano anche nel cuore di Francesco. Con quali sentimenti si appresta a partire il Papa?

Il Papa riprende il bastone del pellegrino. Prima di lui c’è stato Paolo VI, poi Giovanni Paolo II, poi Papa Benedetto e Papa Francesco… Anche lui si mette un po’ sulla scia dei suoi predecessori. Immagino che sarà un viaggio molto desiderato, essendo il primo del suo pontificato. Va con i sentimenti che hanno sempre accompagnato i sommi pontefici in questo esercizio del loro ministero petrino, cioè quello di incontrare le comunità cristiane dei luoghi, dei Paesi e di confermarle nella fede perché questo è il compito del Successore di Pietro e nello stesso tempo per incontrare i popoli, per incontrare le loro autorità, per incontrare le comunità civili ed essere per loro un messaggero di pace e di concordia e di dialogo. Quindi, immagino questi sentimenti di gioia, nello stesso tempo anche attese di realizzare questi compiti che sono affidati alla sua persona e al suo incarico.

Il viaggio in Türkiye ha come centro i 1700 anni dal Concilio di Nicea, quale significato hanno oggi per la Chiesa questo anniversario e la presenza del Papa?

È un anniversario molto importante che è stato anche preparato da tempo, proprio per sottolineare la sua rilevanza. E anche il Papa con la sua presenza vuole sottolineare questa importanza. 1700 anni dal Concilio di Nicea, il Concilio che ha posto le basi della nostra fede. La fede in Gesù Cristo nella sua piena divinità e nella sua piena umanità Gesù Cristo vero Dio e vero uomo. Questa è la base della fede di tutti i cristiani, indipendentemente dalle tante divisioni purtroppo che ancora sussistono tra di noi, però tutti crediamo nella divinità e nella umanità di Gesù Cristo, è il fondamento della nostra fede, che poi naturalmente è stato completato soprattutto sul tema dello Spirito Santo dal concilio costantinopolitano. Va sottolineato anche il fatto che ci troviamo in una terra che è stata un po’ la culla del cristianesimo, perché lì sono sorte le prime comunità, a queste comunità sono state dirette le lettere apostoliche, pensiamo a quelle di Paolo e lì si sono tenuti i primi otto concili della storia della Chiesa. Io sottolineerei l’importanza della centralità cristologica nella fede cristiana - è lì il centro di tutta la nostra fede - e anche la dimensione ecumenica, il fatto di trovarci insieme a professare la stessa fede in Gesù vero uomo e vero Dio.

Sempre in Türkiye è prevista una tappa alla Moschea Blu. In un tempo così segnato dai fondamentalismi, questo viaggio può essere un’occasione per fortificare fraternità, dialogo e ribadire che mai il nome di Dio, può essere invocato per uccidere e dividere?

Sì, certamente. Adesso ricordavo la dimensione ecumenica del viaggio, c’è anche una parte che riguarda il dialogo interreligioso. Tra l’altro abbiamo appena celebrato il 60.mo anniversario della Nostra Aetate, lì oltre a sottolineare lo speciale legame che c’è tra cristiani ed e ebrei si sottolinea anche quello che cristiani e musulmani hanno in comune. Credo è un gesto di dialogo, un gesto di rispetto interreligioso, che vuole sottolineare come cristiani e musulmani possono collaborare insieme per un mondo più giusto, un mondo più solidale un mondo più fraterno. Il Papa diceva nel Colosseo, recentemente, che chi prega non cede al fondamentalismo. Quindi è un rifiuto del fondamentalismo e nello stesso tempo un invito ad accrescere questa collaborazione per le giuste cause comuni.

Il logo del viaggio apostolico di Papa Leone XIV in Libano
Il logo del viaggio apostolico di Papa Leone XIV in Libano

Il Libano è un Paese di integrazione che è risorto tante volte in questi 50 anni, qual è il messaggio che il Papa porterà al popolo di questo Paese?
Penso che sia un messaggio soprattutto di speranza perché il Libano ha bisogno di speranza, il Libano ultimamente ha fatto dei passi avanti nella soluzione della crisi che l’ha colpito in questi ultimi anni. Adesso c’è un presidente, è stato eletto un presidente, c’è un governo, sono in atto delle riforme ma continuano a sussistere molte, molte difficoltà, molte lentezze, molti ostacoli che possono, non dico mettere a rischio, però rallentare un po’ anche il corso delle riforme e quindi anche deludere le attese e le aspettative della popolazione. Quindi un messaggio di speranza, per dire: “Andate avanti, coraggio, cercate di continuare a camminare per la strada che avete imboccato e nello stesso tempo anche un messaggio di vicinanza della Chiesa. Lei sa quanto la Santa Sede è attenta al Libano proprio perché - citiamo ormai una frase abusata – “è un messaggio più che un Paese”, nel senso che si è realizzata una convivenza pacifica tra le varie e religioni, tra i vari gruppi etnici, e questo deve continuare. La Santa Sede sempre è stata vicino proprio per questo, e continuerà ad essere vicino e penso che la presenza del Papa voglia dire soprattutto questo.

Lo ha ricordato anche lei, i tanti viaggi dei Papi, dopo i primi viaggi di Paolo VI e a 61 anni dal primo viaggio di Montini in Terra Santa, durante il Concilio. Si conferma l’importanza dei viaggi apostolici dei Papi, qual è il significato?

Credo che il Papa, i Papi, a partire da Paolo VI, hanno visto nei viaggi apostolici un nuovo strumento, un nuovo modo adatto ai nostri tempi, di esercitare il loro ministero. Quindi rientra sempre nel quadro dell’ufficio affidato da Gesù a San Pietro, quello di confermare i fratelli e di servire l’unità della Chiesa. Ci sono stati tanti modi nel corso della storia, nella nostra contemporaneità. I Papi hanno giudicato che questo poteva essere un modo, uno strumento quanto mai adatto. E in un certo senso, per citare Papa Francesco, è il segno della Chiesa in uscita: la Chiesa non soltanto che attende che vengano qui, che vangano da lei, che vengano a Roma, al centro della Chiesa ma la Chiesa che si fa pellegrina e si fa presente a tutti i popoli, a tutte le culture e a tutte le realtà di questo mondo. Mi pare che i viaggi - al di là dei singoli contenuti che poi ognuno adatta alla realtà del Paese che viene visitato - possano avere questo senso globale, cioè proprio del fatto che la Chiesa, nella persona del pastore universale, si rende presente a tutti.

Questo è un viaggio che guarda all’Europa e al Medio Oriente, realtà segnate da guerra, divisioni, crisi, migrazioni. Quale contributo possono dare i cristiani in questo scenario?

I cristiani sono sempre stati una realtà fondamentale nei Paesi del Medio Oriente, fin dall’inizio, e hanno dato sempre un contributo di grande valore, di grande rilievo, nella vita sociale, nella vita economica, nella vita culturale e anche nella vita politica. I cristiani vorrebbero continuare a porter dare questo contributo, esercitare questo ruolo che hanno sempre avuto. Credo che alla fine sia un ruolo di moderazione, un ruolo che aiuta, promuove anche l’incontro tra le parti. Il problema è che oggi i cristiani in Medio Oriente diminuiscono sempre di più e questa è una grande preoccupazione per la Santa Sede. Noi vorremmo che i cristiani potessero rimanere nel Medio Oriente, continuare a dare come loro vogliono questo contributo alle società in cui vivono e di cui sono parte integrante; sono cittadini di questi Paesi, di queste società e quindi devono continuare a poter offrire il loro ruolo, il loro contributo.

Eminenza, lei ha più volte richiamato il ruolo particolare della Santa Sede nel contesto internazionale. Quale prospettiva vede, di fede, diplomatica, nel viaggio del Papa in Türkiye e in Libano?
Ho detto altre volte che anche questi viaggi, come tante iniziative della Santa Sede, si possono paragonare alla semina; noi seminiamo, poi i frutti saprà il Signore quali sono e quando sarà il tempo di raccoglierli. Però io credo che proprio in un contesto mondiale, segnato un po’ da tutte queste difficoltà che Lei ricordava, la Santa Sede debba continuare a proclamare alto il tema, per esempio, dell’incontro, non dello scontro. Quindi superare le contrapposizioni per trovare degli ambiti comuni in cui lavorare per il bene delle società e della famiglia umana, il tema del bene comune… Questi grandi valori che sono parte del Vangelo, e che la Chiesa continua a predicare. Credo che questo è il ruolo, e la speranza è che proprio da questo messaggio, che continuamente il Papa ripete “Opportune et importune” come direbbe l’apostolo (San Paolo), possano nascere delle realtà nuove, in cui i popoli possano comprendersi e possano vivere in pace, concordi, e costruire insieme la famiglia umana.

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26 novembre 2025, 08:00