Scholas Occurrentes, ponti di speranza tra giovani di Israele, Palestina e Stati Uniti
Sebastián Sansón Ferrari – Città del Vaticano
“Qui a Roma ho sentito di poter essere me stessa. Non ho dovuto fingere opinioni né nascondere ciò che penso”. Con voce serena ma carica di emozione, Shadan Khatib, giovane araba palestinese che vive in Israele, riassume così la sua esperienza nella seconda edizione dell’incontro Meaning Meets Us, organizzato da Scholas Occurrentes dal 2 al 5 novembre 2025 a Roma e in Vaticano. Per quattro giorni, cinquanta studenti israeliani, palestinesi e statunitensi hanno condiviso laboratori, giochi, momenti di riflessione e di preghiera. L’incontro, nato dal programma Middle Meets, intende offrire uno spazio di dialogo e ascolto tra giovani cresciuti in mezzo al conflitto, che oggi desiderano trasformare la diffidenza in amicizia e la paura in speranza.
Per Shadan, uno dei momenti più significativi è stato il dialogo con il cardinale George Jacob Koovakad, prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso. “Gli ho raccontato qualcosa di molto intimo – spiega – cioè che gli arabi palestinesi che vivono in Israele portano con sé una doppia identità. Ogni giorno affrontiamo una grande confusione. All’università o al lavoro non possiamo sempre esprimere ciò che pensiamo. È difficile per entrambe le parti, quella araba palestinese e quella israeliana ebrea, perché non esiste un dialogo reale, non parliamo con libertà né con verità”. Tuttavia, a Roma, sottolinea, le maschere sono cadute: “Qui siamo tutti uguali, tutti possiamo parlare liberamente. Mi sono sentita libera, senza paura, ed ero davvero me stessa”. Per questo, alla fine dell’esperienza, Shadan ha voluto lanciare un messaggio ad altri giovani: “Invito tutti a dire ciò che pensano senza paura. Viviamo tempi difficili, ma abbiamo molti strumenti, come l’intelligenza artificiale, per costruire qualcosa di diverso. Dobbiamo essere noi stessi”.
“Dietro il conflitto ci sono delle persone”
Da Tel Aviv, Yehonatan Grill, studente dell’università della città, condivide un sentimento simile. “Dopo due anni di guerra e tanto dolore, questo incontro è stata un’opportunità per respirare, per parlare di ciò che proviamo e cominciare a immaginare un futuro diverso”, spiega. “È stato molto speciale scoprire che, dietro tutto l’odio, le opinioni diverse e le ferite, ci sono persone – aggiunge - Persone che amano uscire, ridere, giocare a calcio, avere amici. E quando ci conosciamo, ci accorgiamo che abbiamo molto in comune”. Per Yehonatan, è stato una sorta di “rottura” nella routine di silenzio che domina nei campus universitari del suo Paese: “In teoria, l’università dovrebbe essere uno spazio per lo scambio di idee. Ma in questi anni non c’era libertà di parlare del conflitto, nemmeno tra di noi. Questo programma ci ha offerto un luogo per ascoltarci, discutere, persino litigare, educatamente, ma con rispetto e affetto. Questo quasi non esiste a casa”.
Al termine dell’Udienza Generale con Papa Leone XIV, mercoledì 5 novembre, Yehonatan ha avuto l’opportunità di salutare il Pontefice insieme ad altri giovani di Israele, Palestina e Stati Uniti. “Gli ho raccontato del nostro programma, che stiamo costruendo ponti tra ebrei, musulmani e cristiani. Mi ha risposto che tutti dobbiamo lavorare per la pace e che sa quanto sia importante farlo in Israele. Ha sorriso e ci ha incoraggiati a continuare”. Quel sorriso, dice Yehonatan, è diventato un segno di speranza: “Ci ha ricordato che tutti meritiamo un futuro migliore e che sta nelle nostre mani cominciare a cambiare le cose, parlando tra noi, conoscendoci, creando comunità. Dietro tutte le differenze ci sono esseri umani che vogliono vivere in pace”.
“La vera pace nasce dal basso e si costruisce con i giovani”
Il direttore mondiale di Scholas Occurrentes, José María del Corral, spiega che questa seconda edizione del programma ha avuto un tono diverso rispetto al primo incontro, svoltosi a febbraio: “Pensavamo che, dopo il cessate-il-fuoco a Gaza, avremmo trovato più gioia. Ma ciò che abbiamo visto sono stati volti tristi, giovani disillusi, senza molta speranza. Tuttavia, quando sono iniziate le attività di Scholas, hanno recuperato qualcosa di prezioso: l’essere bambini”. Tra giochi di fiducia, esercizi artistici ed esperienze di silenzio, i partecipanti hanno scoperto una libertà nuova. “Molti dicevano - racconta Del Corral - che nei loro Paesi vivono con una doppia personalità, ma qui, in Vaticano, hanno potuto essere se stessi. In una delle attività, un israeliano e una palestinese hanno ringraziato il cardinale Koovakad per aver offerto loro uno spazio dove si sono sentiti uguali e ascoltati. Questa è la Chiesa madre, che accoglie tutti”. L’incontro non è stato teorico né distante: "C’erano giovani che avevano combattuto, che avevano perso familiari — sottolinea Del Corral —. Non parlavano dai libri, ma dalla vita. Eppure, qui si sono incontrati, si sono guardati negli occhi e hanno ricominciato a credere".
Papa Leone XIV li ha salutati personalmente durante l’Udienza Generale e li ha incoraggiati a moltiplicare l’esperienza nelle loro comunità. “Sono convinti che la vera pace non venga dall’alto, ma da dentro e dal basso - conclude Del Corral - Come diceva Francesco e ora ripete Leone XIV, i giovani non sono il futuro: sono il presente. E questo presente ha bisogno del loro coraggio per costruire ponti”. Così, tra lacrime, risate e silenzi, i giovani di Middle Meets sono tornati nei loro Paesi con un impegno comune: continuare a parlare, continuare ad ascoltare, continuare a sognare una pace che non si imponga, ma nasca dal cuore. “Perché l’intelligenza artificiale può predire il futuro - ha detto Del Corral - ma voi potete crearlo”.
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