Türkiye e Libano, pagine di storia dai giornali della BAV
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Rileggere il passato aiuta a comprendere il presente e può fornire uno stimolo ad immaginare nuove strade per il futuro. Si congeda con queste parole il frate domenicano Adrien de Fouchier (OP) del Dipartimento Manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana.
Nell’imminenza del viaggio apostolico di Leone XIV in Turchia (Türkiye) e Libano, ci ha accolti per oltre un’ora tra la bellezza degli affreschi cinquecenteschi del Salone Sistino. Insieme abbiamo sfogliato significative pagine ingiallite di alcuni giornali che testimoniano un passato non troppo lontano nella storia dei due paesi, un tempo entrambi sotto l’impero ottomano.
Il Fondo Poma
I periodici provengono dalla collezione appartenuta al diplomatico ed erudito Cesare Poma, vissuto tra il 1862 e il 1932. Nel corso della sua lunga carriera acquistò esemplari rari di riviste provenienti da diversi contesti geografici e linguistici: dai giornali di lingua francese in Indocina ai bollettini in caratteri ebraici pubblicati a New York.
L’editoria sotto l’impero ottomano
Proviene dal territorio dell’odierna Turchia la pubblicazione per bambini Avedaper. Gli esemplari che fr. Adrien ci mostra risalgono rispettivamente al 1895 e al 1896. Il primo è in lingua armena, il secondo in greco.
“A quell’epoca Istanbul era la capitale dell’impero ottomano, una potenza geograficamente importante all’interno del quale erano presenti tante comunità e idiomi”. In questo contesto le due comunità pubblicano i giornali nelle rispettive lingue e alfabeti, per tramandarli e preservare la loro cultura e tradizione. Una grande varietà di riviste caratterizza l’editoria sotto l’impero nell’ultimo ventennio dell’Ottocento, per poi diminuire e scomparire agli inizi del secolo successivo.
Un nuovo alfabeto
Al 1929 risale una copia del giornale Köroğlu: con la prima guerra mondiale il dominio osmanico è caduto e i suoi territori sono passati sotto il controllo delle potenze alleate, portando alla nascita della moderna Türkiye e dei nuovi stati del Medio Oriente. “Istanbul è divenuta capitale della Turchia”, osserva lo studioso di manoscritti vaticani. “In quell’anno le autorità politiche adottano un nuovo alfabeto per scrivere la lingua turca, abbandonando i caratteri arabi. I giornali aiutano i lettori ad apprendere i nuovi segni grafici”. Sulla copertina di Köroğlu illustrata a colori, è rappresentato un interno domestico in cui più generazioni, dai bambini agli anziani, sono intente a studiare un abbecedario.
Le pagine interne aiutano il lettore a familiarizzare con le nuove lettere. “La presentazione del nuovo alfabeto fornisce anche l’occasione per introdurre termini che nel turco antico non erano usati. È il caso ad esempio della parola jandarma”, fa notare il domenicano.
La storia del costume in Turchia
Il cambiamento di un’epoca è testimoniato anche dalle foto che testimoniano nell’universo femminile la compresenza di abiti occidentali accanto a quelli legati alla tradizione, come il velo. “Da queste immagini emerge chiaramente il desiderio di aprirsi alla modernità, di adottare lo stile occidentale nella moda femminile, come già era accaduto in quella maschile. In pochi decenni la Turchia è passata da un grande impero costituito da popoli e lingue differenti, ad un Paese: grande, ma più unitario rispetto alla lingua e alla religione”.
Il Libano dopo la fine della dominazione ottomana
Sempre dal Fondo Poma provengono tre periodici che testimoniano importanti passaggi della storia del Libano. I primi due riguardano la medesima testata: Lissan-Ul-Hal. “Il numero più antico, datato 1885”, osserva fr. Adrien de Fouchier, “mostra ancora in prima pagina il marchio della tassa dovuta all’impero ottomano. Il secondo esemplare risale invece al 1924: il riferimento all’impero non c’è più e il prezzo è indicato in franchi. All'epoca infatti il Libano era gestito in una fase di transizione dal potere politico francese”. Sul primo documento inoltre non sono presenti i caratteri occidentali che, invece, compaiono in quello più recente nella traduzione del nome del giornale e dei rispettivi proprietari.
La pubblicità
L’alfabeto romano accompagna anche le inserzioni pubblicitarie che in ultima pagina promuovono automobili, noti marchi di pneumatici e abiti balneari femminili. “Tra i due numeri del Lissan-Ul-Hal – sottolinea de Fouchier – intercorrono cinquant’anni segnati da un cambio generazionale e da significativi mutamenti culturali nella storia della regione”.
Il Paese fuori dai confini
Una copia del periodico Al Manarat rimanda invece al Paese dei Cedri. Fu pubblicata nel 1895 a San Paolo in Brasile dalla locale comunità maronita: “Tendiamo a dimenticare che la storia di una nazione è anche la storia delle persone che hanno lasciato la loro terra per motivi economici, di sopravvivenza o di guerra”, fa notare lo studioso della Biblioteca Vaticana. Numerose persone dall’Ottocento lasciano l’impero ottomano per nuove destinazioni in cerca di migliori possibilità. In America del Sud o del Nord queste comunità pubblicavano giornali a cadenza settimanale o mensile, per consentire agli immigrati di mantenere vivo il rapporto con la loro lingua d’origine”.
Conoscere chi siamo e dove andiamo
Sfogliare oggi queste pagine di stampa significa ricordare che un Paese non è solo delimitato dalle sue frontiere: “Non sono sicuro che le comunità maronite presenti a San Paolo oggi conoscano perfettamente l’arabo”, afferma de Fouchier. “Tanti libanesi, pur vivendo fuori dalla loro terra, amano ancora la loro patria. Sono rapporti complessi e di grande importanza per conoscere chi siamo e dove vogliamo andare”.
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