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Ad Assisi i lavori del workshop della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori, in occasione dell'Assemblea generale della Cei Ad Assisi i lavori del workshop della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori, in occasione dell'Assemblea generale della Cei 

Abusi, l'arcivescovo Verny: si prosegua sulla strada della verità

Offrire insieme risposte professionali e indicare con trasparenza le lacune nei sistemi di salvaguardia dei minori affinché la Chiesa sia un luogo sicuro per tutti: così il presidente della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori ai vescovi italiani riuniti ad Assisi per l’Assemblea generale. Nell’odierna Giornata di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi è stata ribadita anche la portata dell’accordo congiunto “Memorare” e la collaborazione con la Cei

Cecilia Seppia – Città del Vaticano

È monsignor Thibault Verny, presidente della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori, a prendere per primo la parola nel secondo giorno di lavori dell'81.esima Assemblea generale della Cei, in corso ad Assisi, mentre la Chiesa italiana celebra la Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi. L'arcivescovo francese ricorda subito la recente pubblicazione del Rapporto annuale che - come lui stesso osserva - “ha suscitato malintesi in alcune realtà ecclesiali”, a partire proprio dalla Conferenza Episcopale italiana.

Sulla stessa strada contro gli abusi

Verny si sofferma sul significato del cammino compiuto con la Chiesa d'Italia e richiama il “Memorare Initiative”, l’accordo sottoscritto tra le due realtà ormai tre anni fa che ha segnato l’inizio di una collaborazione proficua, una specie di laboratorio di dialogo e azione che ha avuto ricadute positive nelle Chiese di quattro continenti. “Attraverso questa intesa, insieme a voi - afferma - stiamo aiutando le comunità ecclesiali a prevenire gli abusi, a proteggere chi è a rischio e a intervenire con competenza e compassione quando si verificano situazioni di abuso, ovunque esse si manifestino. Come in ogni collaborazione viva, non mancano incomprensioni e divergenze. Tuttavia, è proprio in tali frangenti che siamo chiamati ad accompagnarci con prudenza e trasparenza, in una dialettica di ascolto sincero e apprendimento reciproco. Intendiamo proseguire su questa strada, condividendo il vostro impegno e le vostre procedure di tutela con un numero sempre maggiore di Chiese nel mondo”.

La trasparenza rafforza la credibilità della Chiesa

Il punto cruciale indicato da monsignor Verny è proprio la necessità di “indicare con trasparenza le lacune nei sistemi di salvaguardia e offrire risposte professionali”, perché questa modalità rafforza la credibilità della Chiesa e la rende un luogo sicuro per tutti, per le famiglie, i giovani e i bambini. “Di fronte allo scandalo degli abusi sessuali, nessuno può affermare di operare alla perfezione. Credo che tutti stiamo cercando di fare il meglio possibile, riducendo al minimo il danno”, rimarca il presule, convinto che non possa esistere un modello unico di approccio, ma un buon punto di partenza è guardare al passato con coraggio, riconoscere la verità della situazione e costruire un futuro che passi attraverso la prevenzione negli istituti ecclesiali, come nelle scuole e nelle famiglie.

Guardare al presente

Davanti ai vescovi riuniti nella casa di San Francesco, monsignor Verny condivide poi una testimonianza personale legata all’incontro “molto doloroso” con un gruppo di vittime e sopravvissuti. Erano tutti adulti, ma avevano subito abusi quando erano bambini da membri della Chiesa in Belgio: “Vi era una sedia vuota tra due membri del gruppo; la signora accanto spiegò che era per suo fratello, anch’egli vittima di abusi, che si era tolto la vita. Quella sedia rappresentava lui e gli innumerevoli altri che hanno compiuto lo stesso gesto a causa degli abusi subiti. La sedia vuota era presente anche nel loro incontro con Papa Leone XIV. In tutto ciò che facciamo, dobbiamo guardare a quella sedia vuota: guardare al presente, attraverso cellule di ascolto, riconoscere e accompagnare le vittime e i sopravvissuti, accogliere le loro parole, per quanto difficili”.

Non solo dati

L’intervento di monsignor Alí Herrera, segretario della Commissione, si è invece soffermato in modo più dettagliato su quelle che sono state le modalità di realizzazione del Rapporto annuale (pubblicato il 16 ottobre di quest’anno, ma che fa riferimento al 2024) e sul contributo dato da 18 conferenze episcopali e da due congregazioni religiose. Alla raccolta di dati segue la fase del dialogo e poi l’elaborazione di un documento definitivo che viene presentato al Santo Padre. “Il processo di redazione del Rapporto annuale - spiega Herrera - non si limita alla raccolta di dati numerici ma prevede un accompagnamento costante che rappresenta una peculiarità della nostra metodologia”. Si tratta di un momento fondamentale di confronto, perciò il segretario della Commissione ringrazia sinceramente i presuli italiani che hanno scelto di parteciparvi, la loro disponibilità, indica, "ha permesso di ricevere contributi ricchi di riflessioni ed esperienze che hanno arricchito anche la Commissione stessa. Se in qualche circostanza ciò che avete condiviso è stato percepito come travisato o trasmesso in modo inesatto, desidero esprimere il nostro sincero rammarico. La nostra intenzione è, e rimane, quella di servire la verità con delicatezza, nel rispetto di coloro che, con coraggio e onestà, hanno accettato di avviare un dialogo”.

Nessuna competizione basata sui numeri

Come in ogni processo scientifico, l’indagine è infatti un punto di partenza e non un giudizio e quando si opta per la trasparenza e la responsabilità, “la Chiesa si espone anche a interpretazioni che non sempre colgono la complessità e lo sforzo del percorso”. Tuttavia, sostiene monsignor Herrera, “è un rischio che vale la pena correre, perché solo una Chiesa che parla con sincerità può essere credibile. L'importante è che questo percorso non diventi una competizione basata sui numeri, ma un processo di crescita comune in cui la ricerca, la verifica e l'accompagnamento siano finalizzati a un unico scopo: costruire fiducia. Solo la verità, anche quando è dolorosa, può diventare il fondamento di un rinnovamento e questo richiede rigore e indipendenza, per questo il lavoro scientifico e documentato, come quello avviato congiuntamente in Italia, rimane essenziale”.

Ricostruire la fiducia nella Chiesa

In Italia, d’altra parte, l’attenzione alla memoria e alla prevenzione si è tradotta in iniziative significative, come la Giornata odierna che la Conferenza episcopale italiana celebra ogni anno per la protezione dei bambini e degli adolescenti dallo sfruttamento e dagli abusi, raccomandata fortemente da Papa Francesco nel 2016, in un periodo storico, osserva Herrera, segnato dalla paura e in cui molte comunità erano riluttanti a riconoscere al loro interno la presenza di vittime o sopravvissuti. Mette in evidenza anche la bontà del percorso che la Cei ha delineato per i prossimi anni: “Il Piano quinquennale e il Programma annuale delineano un orizzonte ricco e generoso, caratterizzato da competenza, discernimento e visione”. Infine, salutando con favore anche le critiche, monsignor Herrera, rimarca il desiderio di continuare la missione della Commissione Pontificia per la Tutela dei Minori al fianco della Conferenza episcopale italiana e di ricostruire la fiducia attraverso la formazione, la trasparenza e la preghiera.

La preghiera per le vittime

Stasera, alle 19.15, nella basilica di Santa Maria degli Angeli, si tiene la celebrazione dei vespri e la preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi presieduta da monsignor Ivan Maffeis, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve e vescovo delegato per il Servizio regionale per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili della Conferenza episcopale umbra.

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18 novembre 2025, 14:19