Il convegno dedicato a “La mistica, i fenomeni mistici e la santità” presso la Pontifica Università Urbaniana Il convegno dedicato a “La mistica, i fenomeni mistici e la santità” presso la Pontifica Università Urbaniana

Convegno sulla mistica, le pratiche cristiane in dialogo con le altre religioni

Terza giornata di lavori nell'Aula magna della Pontificia Università Urbaniana. La professoressa Abate: il mistico ebraico si fa "canale di emanazione divina". Don Salman: le esperienze soprannaturali superano "i limiti della religione esteriore". padre Kanakappally: analogie tra poesie induiste e cantici della Bibbia. Padre Borriello: i segni divini non arrivano "su commissione". Il cardinale Semeraro: ogni vita cristiana e mistica

Edoardo Giribaldi e Daniele Piccini – Città del Vaticano

Nelle pieghe delle pratiche mistiche si celano luoghi d’incontro in cui le diverse fedi sembrano riconoscersi "in uno spirito di rispetto reciproco, lontano dai conflitti e dello scontro". Accade nel sufismo islamico, professando amore e benevolenza tra i credenti; accade nell’ebraismo, quando l’uomo puro diventa "canale dell’emanazione celeste". E ancora, risuona nei versi dei poeti induisti Āḷvār, in cui l’amore per Dio vibra, come riconosciuto da diversi storici, con la stessa intensità e le stesse tematiche di fondo del Cantico dei cantici e del Cantico spirituale di san Giovanni della Croce. Sono stati questi alcuni dei concetti approfonditi oggi, 12 novembre, nella terza giornata dei lavori del convegno La mistica. I fenomeni mistici e la santità organizzato dal Dicastero delle Cause dei Santi nell’aula magna della Pontificia Università Urbaniana. Domani, avrà luogo l’udienza con Papa Leone XIV.

Emma Abate: teurgia ed estati nell'ebraismo

Dopo un momento iniziale di preghiera, ha preso la parola la professoressa Emma Abate, dell’Università di Bologna, collaboratrice del Centro “Agostino Bea” presso l’Università Gregoriana, che ha trattato il tema della teurgia e dell’estasi nel misticismo ebraico. La professoressa ha innanzitutto chiarito la natura dei due termini, specificando come nel primo caso si intenda l’azione dell’uomo che influenza il mondo celeste, mentre nel secondo l’esperienza di incontro e unione con il divino. “Chi è dunque il mistico ebraico?”, si è chiesta Abate. “Il sapiente, l’uomo pio e puro, capace di contemplare le forme spirituali della Creazione, diventando canale dell’emanazione divina”. Di fatto, ha concluso la professoressa, nella Qabbalah la figura del mistico coincide con quella dello ṣaddiq, ovvero colui che “mantiene il legame tra Dio e il mondo e, attraverso la propria vita, realizza l’immagine divina nell’uomo”.

Salman: amore e fusione con l'Assoluto nel sufismo islamico

In seguito è intervenuto don Wasim Salman, preside del Pontificio Istituto di Studi Arabi e d’Islamistica, che ha approfondito il tema delle “vie dell’amore e della fusione con l’Assoluto in alcune pagine del sufismo islamico”. Quest’ultimo è definito come una vera e propria “mistica dell’Islam”, una via spirituale di purificazione, amore e conoscenza diretta di Dio. L’esperienza mistica, ha spiegato Salman, “supera i limiti della religione esteriore”, della sharīʿa intesa come osservanza della legge, distinguendone l’applicazione quotidiana da quella “spirituale e universale, che unisce tutti gli uomini, anche di altre fedi”. Più in generale, ha aggiunto il sacerdote, il sufismo predica l’amore e la benevolenza tra i credenti, e può fare di tale affetto “illimitato” il linguaggio attraverso il quale si incontrano le civiltà dell’Oriente e dell’Occidente, "in uno spirito di rispetto reciproco, lontano dai conflitti e dallo scontro".

Kanakappally: le poesie mistiche dei poeti induisti

Nel solco degli interventi dedicati al dialogo tra la mistica cristiana e le altre tradizioni religiose, è intervenuto anche padre Benedict Kanakappally, professore ordinario presso la Facoltà di Missiologia della Pontificia Università Urbaniana. L’induismo, ha affermato, ha dato origine a diverse forme di misticismo attraverso i poeti Āḷvār, titolo spirituale che significa “colui che si è inabissato”, in riferimento alla contemplazione di Dio. Padre Kanakappally ha evidenziato come questi autori, provenienti dalle caste più umili, testimonino il superamento di tale sistema sociale e la convinzione che “di fronte alle esperienze spirituali e mistiche, le caste e le condizioni sociali non contano”. I loro componimenti sono stati messi a confronto con testi biblici, in particolare con il Cantico dei Cantici e il Cantico spirituale di san Giovanni della Croce, riscontrando analogie, specialmente con quest’ultimo, nella rappresentazione del cammino di unione con Dio attraverso la descrizione della "ricerca appassionata di una donna del suo amato".

Borriello: i criteri per discernere i fenomeni mistici

Dopo la pausa dei lavori, il convegno ha ospitato padre Luigi Borriello, professore emerito di Teologia spirituale e mistica, che ha analizzato i criteri di discernimento dei fenomeni mistici. Essi costituiscono una “realtà sperimentata e sperimentabile” nella vita della Chiesa, ma devono essere interpretati secondo diverse prospettive: verificarne l’autenticità, esaminare le persone che li vivono e interrogarsi sul significato da attribuire loro. I segni divini, ha spiegato il religioso, “non arrivano su commissione”, e vanno quindi compresi con prudenza e discernimento. Padre Borriello è poi passato ad analizzare i vari fenomeni mistici, a partire dalle apparizioni, definite “l’umile canale della manifestazione di Dio invisibile”. Il loro elemento cardine è il “carattere sensibile” che le accompagna: “colui che ha un’apparizione continua ad avere coscienza in stato di veglia e a percepire normalmente il mondo circostante”. La loro funzione può spaziare dalla “semplice trasmissione di un ordine o di un avvertimento” fino all’“istruzione nella fede e alla concessione di una grazia personale”. Passando alle visioni, esse rappresentano “la percezione visiva di una realtà che, in circostanze ordinarie, non può essere conosciuta”. I loro temi principali sono “l’incontro d’amore con il Cristo, che si compie spesso nell’unione mistica”, la visione allegorica di carattere profetico, ma anche “l’essere trasportati nei tempi e nei luoghi della vita di Gesù”. Infine, padre Borriello ha preso in esame le locuzioni, descritte come “formule che enunciano affermazioni o desideri e si riferiscono unicamente al linguaggio articolato percepito mediante l’udito”.

Le conclusioni del cardinale Semeraro

Al termine del terzo giorno di lavori il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, ha offerto “qualche riflessione quasi a commento conclusivo di quanto abbiamo vissuto insieme”, suggerendo che la vita di ogni cristiano, continuamente esposta alla vocazione di Dio, è nella sostanza “mistica”. Il porporato ha scelto la figura di San John Henry Newman per osservare le qualità del mistico e del semplice cristiano: a proposito del neo proclamato Dottore della Chiesa, infatti, “c’è sempre stata la discussione se sia stato o no un ‘mistico’”. Secondo Semeraro dipende da cosa si intende con questa parola: se il termine designa “un intimo sentire la presenza di Dio, egli fu certamente un mistico; se, invece si fa riferimento alla presenza di grazie straordinarie, non c’è alcuna testimonianza al riguardo”.

Eppure, ha ricordato il prefetto Semeraro, durante la Petitio che rivolse a Papa Leone XIV sul sagrato della Basilica di San Pietro lo scorso 1 novembre per chiedere la sua proclamazione a Dottore della Chiesa, “ho richiamato che è stato definito un mistico di grande modernità per il nostro tempo”. Lo stesso Newman distingueva, in un sermone pronunciato a Dublino domenica 25 gennaio 1857, “due tipi di santi”. Ci sono quelli ”estranei dalla natura umana”, “soprannaturali”, “amano gli altri, perché amano Dio”. Poi ci sono quelli “in cui il soprannaturale si combina con la natura umana”. Secondo Newman, ha spiegato ancora il cardinale citando il Dottore della Chiesa, “non siamo chiamati una sola vola, ma molte volte, veniamo introdotti in una regione più alta da una più bassa” e questo movimento ascensionale può essere interpretato “in prospettiva mistica”. In conclusione, ha detto il porporato, “le grazie mistiche non costituiscono una condizione indispensabile per la santità; tuttavia, il tema delle successive vocazioni divine alla santità permette di collocare la vita cristiana nel movimento di una continua crescita sotto l’influsso della divina grazia”. E “questa idea – ha concluso Semeraro – è possibile inserirla in una tradizione di teologia mistica”.

Come preghiera conclusiva, al termine del convegno, il porporato ha proposto un passaggio di un sermone di Newman sulle Divine chiamate, in cui si supplica Dio “affinché si riveli sempre più pienamente alle nostre anime”.

 

Ultimo aggiornamento alle ore 18.10 del 12 novembre 2025 

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12 novembre 2025, 13:00