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Una divisa della nazionale italiana di Bebe Vio Una divisa della nazionale italiana di Bebe Vio 

Bebe Vio, il coraggio di reinventarsi ogni giorno con passione

Sul numero di dicembre del mensile de L’Osservatore Romano “Donne Chiesa Mondo”, la campionessa paralimpica di fioretto si racconta: accettare che non sarei tornata “come prima” mi ha permesso di capire che sarei potuta diventare qualcosa che non avevo mai immaginato, scoprendo nuove possibilità dentro di me

di Elisa Calessi

Bebe Vio ha 28 anni, una laurea in Comunicazione e Relazioni Internazionali, la patente di guida e un elenco di medaglie per scherma in carrozzina che non finisce più. Campionessa mondiale, testimonial dello sport ai massimi livelli, fondatrice, con i genitori, di una Onlus, la Art4Sport, che aiuta i bambini con necessità di protesi a un arto ad averle e a poter praticare ogni sport, Bebe è un’esplosione di vita, di entusiasmo, di energia, di montagne superate o che ha in programma di superare. La guardi, la senti parlare e ti sembra l’incarnazione di chi non si fa fermare da nulla. Come dice il titolo di un suo libro: Se sembra impossibile, allora si può fare (Rizzoli). Eppure - o forse proprio grazie a questo - la sua vita è stata segnata da una malattia che, a 11 anni, le ha reso impossibile quasi tutto quello che, normalmente, pensiamo sia necessario per vivere bene: l’amputazione di tutti e quattro gli arti. Bebe non solo non si è fermata. Ma da quel momento, la sua vita ha iniziato a correre. In tutti i sensi.

Qual è il suo segreto? Perché uno la guarda e dice: vorrei essere così.

 Non credo ci sia alcun segreto, è solo che scelgo di guardare le cose in un certo modo. Non è sempre facile, ma se ti concentri su quello che puoi fare, invece che su quello che hai perso, lavita diventa subito più leggera. E poi non sono sola, ho la fortuna di avere intorno a me persone straordinarie!

Cosa possono insegnare le donne al mondo su come affrontare le sfide apparentemente impossibili?

Le donne sanno rialzarsi, ricominciare, riorganizzarsi e trovare nuove soluzioni. Sono in grado di adattarsi e affrontare le difficoltà senza lasciarsi fermare. Credo che al mondo manchi proprio questo, ovvero la capacità di non farsi limitare da quello che sembra impossibile e andare avanti comunque.

C’è una "sapienza femminile" diversa nel modo di reagire alle avversità? Cosa ha imparato dalle donne che le sono state vicine?

Penso che ci sia un modo femminile di affrontare le difficoltà, più legato all’attenzione, all’intuizione e alla capacità di leggere le situazioni. Nella mia vita ho avuto tanti esempi importanti. Mia madre, mia sorella, le donne della mia famiglia mi hanno insegnato che non serve solo lottare, ma a volte occorre osservare, ascoltare, capire dove mettere le energie e trovare soluzioni pratiche.

In un mondo che spesso sembra impazzito nella corsa alla competizione, quale saggezza pensa sia necessaria per mantenere l'equilibrio?

La vera saggezza oggi è non farsi schiacciare dalla pressione di dover dimostrare qualcosa a tutti in ogni momento. L’equilibrio viene dal ricordarsi perché si fa quello che si fa. Serve grande consapevolezza, in questo senso, per non farsi travolgere .

Tutti parlano di lei come di chi ha "superato i limiti". Come vive questa immagine che il mondo ha di lei?

I limiti non sono muri, sono uno stimolo a fare meglio, a provare cose nuove, a crescere e capire fino a dove si può arrivare. Il punto fondamentale è affrontarli con curiosità e determinazione.

C'è un punto in cui il superamento dei limiti diventa un'ossessione pericolosa?

Il confine è sottile. Quando il superamento dei limiti diventa l’unica cosa che conta, si smette di essere liberi e si rischia di finire intrappolati in una sorta di “gabbia”. Per me è importante ricordarsi che la libertà autentica viene dal misurarsi con se stessi, non dal cercare l’approvazione degli altri.

Cosa differenzia l'ambizione sana dalla ricerca ossessiva di andare sempre oltre?

L’ambizione sana ti nutre, mentre l’ossessione ti brucia e ti svuota. Il campanello d’allarme scatta nel momento in cui sparisce la gioia nel fare ciò che si ama, lì si capisce che si sta superando il confine e che non ci si sta più ascoltando.

Ha mai sentito il peso di dover sempre superare se stessa agli occhi degli altri?

Io non penso a stupire gli altri, penso a essere vera e a fare le cose con autenticità, dentro e fuori dagli impegni agonistici. Attraverso i progetti che porto avanti e che mi stanno particolarmente a cuore, come l’Associazione art4sport e la Bebe Vio Academy, cerco semplicemente di trasmettere energia, motivazione e strumenti agli altri, mostrando che si può affrontare la vita con coraggio e passione.

Il suo corpo ha subito una trasformazione radicale e traumatica. Come ha fatto i conti con l'idea di perfezione fisica che la società impone, soprattutto alle donne?

Il mio corpo di oggi è mio, per questo lo considero perfetto. Ho capito che la perfezione non è avere un corpo simmetrico o seguire gli standard della società, ma accettarsi e amarsi per ciò che si è e sentirsi in pace con la propria identità.

Nello sport l'ossessione per il corpo perfetto può diventare distruttiva. Lei che ha un rapporto diverso con il suo corpo, cosa pensa di questa ricerca della perfezione?

Nello sport non esiste il corpo perfetto, esiste il corpo che permette di realizzare i propri obiettivi. Il problema arriva se si inizia a considerarlo un nemico, invece che un compagno di squadra.

Il suo corpo racconta una storia di sopravvivenza e rinascita. Pensa che la sua storia possa aiutare altre persone, specialmente giovani donne, a liberarsi dalla tirannia della perfezione estetica?

Spero che la mia esperienza possa far capire soprattutto alle giovani donne che la bellezza non sta nei canoni imposti dall’esterno, ma in come una donna si sente con se stessa. Sentirsi in pace con il proprio essere e con il proprio corpo è quello che ci rende davvero belle e sicure nella vita.

Lei è l'esempio di chi non si è arresa, ma c'è anche stata un’accettazione. Cosa ha dovuto accettare per poi poter ripartire?

Accettare che non sarei tornata “come prima” mi ha permesso di capire che sarei potuta diventare qualcosa che non avevo mai immaginato, scoprendo nuove possibilità dentro di me.

La sapienza sta anche nel riconoscere quando fermarsi?

Dire basta, quando necessario, è un atto di intelligenza e di forza, è saper scegliere con consapevolezza cosa vale la pena fare e cosa no.

Accettare non significa arrendersi: che differenza vede tra questi due atteggiamenti?

Arrendersi significa lasciare che qualcosa ci definisca. Accettare invece vuol dire capire dove ci si trova, riconoscere la realtà, e da lì ripartire. L’accettazione è l’inizio del movimento, non la fine.

Dopo tutto quello che ha passato, dopo aver oltrepassato limiti che sembravano invalicabili, cosa significa per lei "restare umana"?

Non perdere mai la capacità di meravigliarsi, di emozionarsi, di piangere o di ridere, anche quando tutto sembra impossibile. La tecnologia mi permette di fare quello che amo, ma la vera umanità sta nelle emozioni provate e condivise.

In un mondo dove il confine tra umano e artificiale si sfuma, cosa non dovremmo perdere?

Non dobbiamo mai perdere la capacità di prenderci cura degli altri, di ascoltare davvero, di essere generosi ed empatici. Questi valori rappresentano la nostra essenza di esseri umani.

Lei ha letteralmente integrato la tecnologia nel suo corpo: l'umanità può andare oltre il corpo fisico?

Il corpo fisico è imprescindibile, ma è solo una parte di noi. La tecnologia che porto non mi ha tolto nulla, anzi, mi ha dato una grande possibilità. L’umanità però sta soprattutto in quello che si fa e si è nel profondo.

Come vive la sua fragilità? È ancora concesso essere fragili quando tutti ti vedono come un'eroina?

La fragilità va vissuta e accettata, non c’è motivo di nasconderla. Non sono una supereroina, sono una persona. E credo sia importante mostrare che essere forti non significa non cadere mai.

Se dovesse dare un consiglio a una giovane donna che si sente schiacciata dalle aspettative cosa le direbbe?

Non cercare di essere perfetta, cerca di essere te stessa. Il mondo ha bisogno di persone vere, vive, che non hanno paura di sbagliare, guardarsi dentro e ricominciare.

Che peso ha la fede nella sua vita?

Quando penso alla fede, mi torna in mente un ricordo di don Pippo, il mio insegnante di religione. Un giorno, dopo la malattia, mi rivolsi a lui per parlare dei miei dubbi. Mi chiese quali fossero per me le cose belle della vita e io risposi “gli amici, lo sport, la scuola”. Mi disse allora: “Ecco, Dio è in ognuna delle cose belle che fai e che vivi”. Quelle parole mi hanno insegnato che la fede non è solo regole o riti, ma saper vedere il bello intorno a noi, prenderci cura degli altri e trovare senso anche nei momenti difficili.

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05 dicembre 2025, 16:31