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Il cardinale Parolin, sabato scorso 13 dicembre, ha presieduto la Messa nella Basilica di San Pietro in occasione del Giubileo Forze di Sicurezza del Vaticano. Il cardinale Parolin, sabato scorso 13 dicembre, ha presieduto la Messa nella Basilica di San Pietro in occasione del Giubileo Forze di Sicurezza del Vaticano.  (@Vatican Media)

Giubileo delle Forze di Sicurezza, Parolin: il Signore visita i nostri deserti esistenziali

Il segretario di Stato ha celebrato sabato scorso 13 dicembre, la Messa nella Basilica di San Pietro, in occasione del Giubileo delle Guardie Svizzere, della Gendarmeria e dei Vigili del Fuoco della Città del Vaticano. Il porporato ha invitato ad accogliere, come Giovani Battista, la gioia e il paradosso della Salvezza anche “nella morsa di un grande dolore”

Daniele Piccini – Città del Vaticano

"Il Signore viene, e ci visita nei nostri deserti esistenziali: non fa scomparire i problemi, ma ci aiuta ad affrontarli insieme con Lui. Ed avviene come quando la steppa d’improvviso fiorisce!". In questo modo il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, ha sintetizzato il senso del Natale e dell’ingresso del Salvatore nella storia dell’uomo e di ogni uomo, nella messa in occasione del Giubileo delle Guardie Svizzere, del Corpo della Gendarmeria e dei Vigili del Fuoco dello Stato della Città del Vaticano, celebrata sabato scorso nella Basilica di San Pietro.

La processione verso la Porta Santa delle Forze di Sicurezza del Vaticano.
La processione verso la Porta Santa delle Forze di Sicurezza del Vaticano.   (@Vatican Media)

Il paradosso della speranza nel mezzo del dolore

Questa gioia, precisa il celebrante a pochi giorni dalla fine dell’Anno Santo e dalla chiusura della Porta Santa, sgorga anche dalla speranza del Giubileo e si rivolge privilegiatamente a chi crede di averla perduta per sempre. Il Signore, spiega ancora il segretario di Stato, “vuole soprattutto che questa gioia raggiunga chi è escluso da ogni felicità, chi si consuma nel pianto, stretto nella morsa di qualche grave tristezza o di un dolore troppo grande”. È un annuncio “che suona paradossale”, ma il porporato ricorda che il paradosso nella Scrittura è una “porta spalancata, che, aprendoci a una realtà più grande, ci fa superare la limitatezza dei nostri pensieri”.

Varcare la soglia di questa porta, accettare il parodosso, interiorizzarlo, significa convertirsi. È il salto a cui è chiamato persino San Giovanni Battista, nel brano di Vangelo proclamato durante la Liturgia della Parola. Proprio lui, che dalle rive del fiume Giordano sollecitava i peccatori al pentimento, si ritrova “in ceppi”, “nel carcere di Macheronte”, imprigionato da Erode Antipa e dalla “sua corte corrotta”: proprio quell’albero “che non dà buon frutto” alle cui radici secondo il Battista si sarebbe dovuta presto abbattere una scure. Accade invece proprio il contrario, evidenzia il cardinale Parolin: “Stando alla cronaca, la scure per opera di empi si sarebbe presto abbattuta su di lui… Sul Precursore che aveva sempre obbedito a Dio!”. Quel grido alla conversione che tante volte aveva “levato per gli altri, ora risuonava in primo luogo per lui”.

Un’esperienza, ha sottolineato il porporato, comune ad ogni uomo: “La vita, in effetti, in alcuni casi mette a dura prova la nostra fede, al punto che può farsi avanti il sospetto che a Dio siano sfuggite di mano le redini della storia”.

Un momento del Giubileo delle Forze di Sicurezza dello Stato Città del Vaticano.
Un momento del Giubileo delle Forze di Sicurezza dello Stato Città del Vaticano.   (@Vatican Media)

La Salvezza per i poveri

Ai suoi discepoli che andarono a chiedere se fosse lui il Messia che attendevano, Gesù risponde che «ai poveri è annunciato il Vangelo». Questo snodo, che il segretario di Stato definisce “chiave di volta”, è il paradosso che Giovanni Battista deve accogliere per convertirsi: condividere “la sorte amara dei più poveri”, sperimentare che la Salvezza accade non a prescindere dal dolore, dalla sofferenza o dalla morte, ma proprio all’interno di queste dimensioni tragiche della vita dell’uomo.

“Nell’abbandono di una prigione sperimentò che il Signore non lo abbandonava: anzi, che la buona notizia è diretta principalmente ai derelitti d’ogni tempo, a coloro che stanno toccando il fondo”, ha commentato il celebrante.

La Guardia Svizzera ha celebrato sabato scorso il Giubileo insieme alla Gendarmeria e ai Vigili del Fuoco del Vaticano.
La Guardia Svizzera ha celebrato sabato scorso il Giubileo insieme alla Gendarmeria e ai Vigili del Fuoco del Vaticano.   (@Vatican Media)

Non magia, ma vicinanza

La via del Signore, ha spiegato ancora il porporato, non è dissolvere “magicamente i nostri problemi”, ma “venire a visitarci”, entrare “misteriosamente” nelle “nostre desolazioni, nel nostro dolore” e proprio lì, rimanere con noi.

Il profeta Isaia, ha spiegato infine il cardinale, descrive questa fase esistenziale come un fiorire del deserto. La steppa si ricopre di verde e “mette nuovi germogli”: “Dove sembrava regnare lo squallore della morte, ecco spuntare i colori della vita che rinasce”.

Questa consolazione e questa “gioia che proviene da Cristo” ci rende magnanimi, capaci di entrare a nostra volta nel dolore degli altri, donandoci la “volontà di scoprire l’altro e aiutarlo in tutti i modi a liberarsi di ciò che lo aliena”, ha argomentato ancora Parolin.

Al termine dell’omelia il porporato ha affidato l’assemblea a Maria, “fonte della gioia” e “causa della nostra letizia”. Dalla Vergine, ha concluso il segretario di Stato, “impariamo ad avere nel cuore quella fede serena e quella fiduciosa speranza che anche nelle prove ci ottengono una vita felice”.

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15 dicembre 2025, 14:58