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Pietro Alestra, vedovo da tre anni, scrive al cardinale Victor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, per ringraziarlo per la nota dottrinale "Una caro" Pietro Alestra, vedovo da tre anni, scrive al cardinale Victor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, per ringraziarlo per la nota dottrinale "Una caro"

"Grazie per il documento Una caro”, la lettera di un uomo vedovo al cardinale Fernández

Pietro ha perso tre anni fa la moglie Albertina. Ora scrive al prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede per esprimergli personalmente la sua riconoscenza per la Nota dottrinale sull'elogio della monogamia pubblicata lo scorso 25 novembre

di Pietro Alestra

Un grazie, eminenza, per questa bella “sorpresa” desiderata, attesa e sperata, da tempo. Una “nota” della Chiesa universale che in modo splendidamente diversificato e completo illumina il “patto” nuziale.

“Una caro” vuol dire “una carne sola”; ma poi tradotto in un linguaggio corrente ma espressivo si dice; “noi”, ma subito dopo si specifica meglio, “noi due”, ed infine “io e tu”. Poi prendendo in prestito il linguaggio del Cantico dei Cantici (cantico “altissimo, il più alto esistente per dire un rapporto tra un uomo ed una donna) si dice che i due si guardano negli occhi in silenzio, e poi sentenziano: “io sono tuo e tu sei mia” ad indicare una appartenenza globale che include “un patto intimo”, forte, esclusivo, stabile, ma sempre in crescita, duraturo, anche se fragile, e direi di stampo escatologico, cioè proiettato all’infinito là dove avrà compimento in Dio. Questa “carne sola” non vuol dire soltanto che abbraccia la dimensione corporale ed antropologica che implica la compenetrazione dei corpi, ma che include anche l’aspetto psichico, psicologico, relazionale, spirituale, (eros e psiche) e di crescita continua sia personale che d’insieme, una custodia e una protezione reciproca, un andare a Dio ciascuno nel suo raggio ma tesi anche a darsi la mano nell’andare a Lui. È un patto anche “generativo” che porta ad avere una prole (anche per la specie). Ognuno poi porta anche in dono i suoi “carismi” in uno scambio reciproco continuo ed attento all’altro con carità sopraffina nel loro rapporto personale. Comunque, nella nota, quando si accendono la “Sapienza “ e la “Mistica”, il testo si illumina di una luce stupenda.

Ma come la santità della persona si sviluppa in terra nella sua umanità ma poi si compie in pieno nel Regno, così l’unione sponsale supererà i limiti umani dei due sposi nell’altra vita, sviluppando il disegno di Dio particolare per ciascuno, ma anche quello “insieme” in quel “Patto” che è stato siglato sin dall’ inizio, ma che porta in sé il desiderio del compimento al di là degli umani limiti. Si dice che il matrimonio con la morte termina … sì, certo, sul piano generativo fisico, penso, ma può mai scomparire l’"Allenza”? Il “patto d’amore reciproco”? Più forte della morte è l’amore, come dice il Cantico, e “nemmeno le grandi acque ed i fiumi” possono inghiottirlo. Il “tu a tu” perciò credo che rimanga e viva nell’attesa di riunirsi e ripartire nell’infinito di Dio, di cielo in cielo. Si potrebbe dire … “ma tanti matrimoni falliscono” ed è vero, ma tanti “riescono” e Dio li mette sul moggio, come quello dei Maritain, per dare coraggio ed esempio ad ogni coppia, dicendo con ciò che è possibile farcela.

“Noi due”, io ed Albertina, ci siamo sposati nel 1967 con una grande ansia di vivere bene il nostro matrimonio cristiano. Nel 1966 è uscito nella versione italiana il Diario di Raissa che Jacques Maritain ha scritto dopo la morte della moglie avvenuta nel 1960, prima nell’edizione francese Journal di Raissa (solo da regalare agli amici intimi) e dopo tradotta nella versione italiana dalla Morcelliana di Brescia. Noi abbiamo adottato questa coppia come modello, abbeverandoci alle poche ma magnifiche lettere che Jacques ha raccolto soprattutto nella sezione del Diario denominata Fogli staccati, lettere scritte personalmente a lui dalla moglie nel tempo. Anche il documento Una caro riporta nei numeri 102-104 il tipo di “visione” matrimoniale di questa straordinaria coppia, una visione alta e si potrebbe dire irraggiungibile, ma forse anche, per come si può, imitabile. Trovarla in questi tre paragrafi della “Uno caro” è stata una gioia ed emozione incredibile tanto l’abbiamo amata, meditata e rimeditata insieme per anni. Ho anche scritto “Il libriccino” che commenta brevemente queste poche lettere e spero di pubblicarlo a breve. La loro vita a due era pienamente umana e divina allo stesso tempo, senza compromessi. Verso la fine del Diario c’è una nota interessante di Jacques che dice la speranza in una “vita” futura ancora insieme:

“Vado verso la mia benedetta Raissa come l’uccello verso il suo nido, come la rosa verso il sole, come l’anima assetata verso le fonti della vita”.

Era il suo motto, era la sua Speranza, ed è anche la mia ora che Albertina dal 31 marzo 2022 riposa nel piccolo cimitero di Sabbio (Dalmine-Bergamo) a circa 10 km da casa. In lei ho sempre visto la “santità del quotidiano”, ho imparato ad amare i poveri, a vedere Dio nell’infinitamente piccolo. Lei gioiva ed esultava per una fila di formiche per terra, una lucertola immobile sotto il sole, un posto speciale del giardino dove l’erba era più verde.

I suoi diari, le sue poesie, le sue lettere, le sue annotazioni, hanno formato le pagine di un libro che uscirà in questi giorni. Ci sono voluti quasi quattro anni per questo: difficoltà, impedimenti, mortificazioni, attese vane, ma poi … una “fata buona” ha rotto l’incantesimo del “nemico del genere umano” che ha remato contro, a lungo, senza tregua, impedendone la pubblicazione. Il mio matrimonio non è finito con la sua partenza per il cielo ma vive in un rapporto che non solo non si è interrotto ma che è cresciuto nel tempo ed è un rapporto sempre da “vivo” a “vivo”. Ogni giorno faccio il mio pellegrinaggio, vado a trovare la mia ragazza per dirle: “che la amo, che credo nei suoi meriti, che credo nella sua intercessione”. La sua tomba è un luogo di incontro e di emozioni, non un ricordo del passato, e questo in attesa di raggiungerla per ricominciare l’avventura.

Grazie, con riconoscenza

 

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19 dicembre 2025, 11:30